venerdì 3 giugno 2011

CHE COSA E' LA MESSA (PARTE II)

Questa è la seconda ed ultima parte dell'insegnamento sulla Santa Messa.
Ogni giorno che passa questo Sacrificio viene sempre più minimizzato, dimenticato, scavalcato.
Io continuerò, per quanto sia nelle mie possibilità e per quanto nella Sua Volontà, a ricordarlo affinchè il santo Sacrificio sia ancora vivo nella mente e nel cuore per la salvezza di tutti noi.

Consacrazione

Noi ci siamo offerti a Dio come Nostro Signore ha offerto Se stesso al Padre suo celeste. L'essenza del Cristianesimo è quella di riprodurre nella vi­ta di ogni singola persona ciò che è avvenuto a Nostro Signore. La natura umana ch'Egli ha as­sunto è il prototipo o il modello naturale per cia­scuno di noi. Dal momento ch'Egli fu crocifisso, risorse e ascese nella gloria per redimere il mon­do, ogni individuo deve liberamente offrirgli la propria natura umana e morire al peccato per vi­vere nella grazia e nella gloria con LUI. La Messa rappresenta l'apice dell'incorporazione alla mor­te e alla gloria di Cristo.
Nell'Offertorio presentiamo noi stessi a Dio sotto le specie del pane e del vino. La Consa­crazione è il momento in cui si realizza la così d­etta "transustanziazione". Abbiamo incominc­iato a morire nella parte inferiore di noi stessi per vivere di Cristo. Il termine "transustanziazione” significa che - alle parole della Consacrazio­ne - la sostanza del pane diviene la sostanza del Corpo di Cristo, e quella del vino il Sangue di Lui. La Consacrazione ha come suo effetto una nuova presenza, senza spargimento di sangue, dell' offerta del Calvario. Nella Messa non c'è un' altra offerta, ma un' altra presenza della me­desima attraverso il ministero del sacerdote.
Il pane e il vino non sono consacrati insieme ma separatamente. Prima il pane, che diventa il suo Corpo, poi il vino, che diviene il suo Sangue. Questa Consacrazione separata del pane e del vino costituisce una sorta di separazione mistica del suo Corpo e del suo Sangue, che rappresen­ta il modo in cui Egli morì sul Calvario.
La Consacrazione che avviene nella Messa non significa che Nostro Signore muore di nuovo. Egli, infatti, non può più morire nella sua natura umana individuale, essendo ora nella gloria alla destra del Padre, ma può prolungare la sua morte in noi. [ ... ]. È come se, al momento della Consa­crazione Nostro Signore dicesse: «Non posso mo­rire di nuovo nella mia natura umana che è nella gloria alla destra del Padre, ma tu, fedele, dammi la tua umanità ed io morirò ancora in te».
Nell’Offertorio abbiamo presentato noi stessi in sacrificio con Cristo; nella Consacrazione mo­riamo con Lui. Applichiamo la sua Morte a noi stessi per partecipare della sua gloria. In questo momento ciò che è eterno irrompe nel tempo e non v’è nulla di più solenne sulla terra del mo­mento suggestivo e riverenziale della Consacra­zione. Non è una preghiera, non è un inno: è un atto divino che ci rende capaci di applicare a noi stessi la Croce salvifica di Cristo.
Sebbene le parole della Consacrazione signifi­chino anzitutto che il Corpo e il Sangue di Cristo sono presenti sull' altare, v' è un altro significato che ben ci riguarda. I sacerdoti e il popolo son chiamati a far una simile e totale donazione di sé morendo al peccato e alle miserie della vita, per poter dire: «Questo è il mio corpo, questo è il mio sangue. Non m'importa se queste specie, ac­cidenti o apparenze della mia vita - quali sono i doveri, il mio lavoro, le mie attività - ri­mangono: rimangano pure così come sono. Ma ciò che sono dinanzi a Te, mio Dio, ossia il mio intelletto, il mio volere, il mio corpo, la mia ani­ma, tutto deve trasformarsi in modo ch'io non sia più mio ma tuo». In tal modo realizziamo, nel senso più profondo, le parole di san Paolo ai Galati: «Sono stato crocifisso con Cristo». Potrem­mo pregare dicendo: «Dono me stesso a Te, mio Dio. Ecco il mio corpo, prendilo. Ecco il mio sangue, prendilo. Ecco la mia anima, la mia energia, la mia forza, le mie facoltà, la mia salute, tutto ciò che ho. Sono tue. Prendile! Consacrale! Offrile con Te stesso al Padre celeste affinché Egli mirando questo Sacrificio, possa vedere solamente Te, il suo Figlio prediletto nel quale si è compiaciuto. Trasforma il misero pane della mia ,vita nella tua Vita divina; vivifica il vino della mia vita arida con il tuo Spirito divino; unisci il mio cuore infranto al tuo Cuore trafitto; fa' ch'io non porti la Croce ma sia crocifisso. Non per­mettere che il mio abbandono, le mie pene e privazioni vadano perdute. Raccogli i frammenti e, come la goccia d'acqua è assorbita dal vino nell'Offertorio della Messa, fa' che la mia vita sia assorbita dalla tua; fa' che la mia piccola croce sia stretta alla tua grande Croce affinché possa meritare le delizie della felicità eterna in unione con Te, mio supremo Bene».

La Comunione

Nell' Offertorio, noi siamo come agnelli condot­ti al macello. Nella Consacrazione, siamo agnelli macellati nella parte inferiore del nostro" io" pec­caminoso. Nella Comunione, scopriamo che non siamo morti del tutto, ma che siamo tornati alla vita.
Per poter comprendere, attraverso la legge dei contrari, che cosa si realizzi nella santa Comu­nione, può esser utile considerare la natura del Totalitarismo e del Comunismo. In tali filosofie di vita, ciascuna persona deve darsi totalmente e completamente, corpo e anima, mente e volontà, opere e vita, a un dittatore umano. Anche nella cristianità c'è un dittatore; noi ci diamo comple­tamente e interamente a Dio attraverso il suo di­vin Figlio, Gesù Cristo.
Ma v'è una grande differenza. Nel Comuni­smo coloro che consegnano se stessi allo Stato si consacrano al materialismo, dal momento che negano Dio e l'anima. Quando qualcuno si ab­bandona a ciò che è materiale, è da esso possed­uta, così come un uomo che sta annegando è posseduto dall' acqua, o un uomo che sta per es­sere bruciato è investito dal fuoco. Il Comunismo non potrà mai arricchire o elevare le anime dei suoi seguaci.
Invece, quando ci doniamo a Dio e moriamo nella parte bassa di noi stessi, come avviene nel­la Consacrazione della Messa, allora ritroviamo le nostre anime elevate e arricchite. Cominciamo ad esser finalmente liberi, glorificati, innalzati, divinizzati. Capiamo che, dopotutto, nella Con­sacrazione, la nostra morte non doveva durare più a lungo di quella di Cristo sul Calvario, visto e nella santa Comunione noi doniamo la no­stra umanità e riceviamo la Divinità. Cediamo il nostro tempo e riceviamo 1'onnipotenza della Volontà divina. Doniamo il nostro piccolo amore e riceviamo il Fuoco dell' Amore divino, diamo il nostro niente e riceviamo il Tutto. Questo perché Cristo ha detto: "Colui che perde la propria vita a causa mia la salverà".
Esiste una vita superiore a quella del corpo, è la vita dell' anima. E come la vita del corpo e l'anima, così la vita dell'anima è Dio. Questa vita divina la riceviamo nella Comunione. Se la luce del sole, l'umidità e le sostanze chimiche ella terra potessero parlare, direbbero alle piante: «Se non mi mangiate, non avrete vita in voi». Se le piante e l'erba dei campi potessero parlare, direbbero agli animali: «Se non mi mangiate, non avrete vita in voi». Se gli animali, le piante e le sostanze chimiche dell'universo potessero parlare, direbbero all'uomo: «Se non mi mangi, non avrai vita in te». Allo stesso modo Dio ci di­ce che, se non lo riceviamo, non avremo la vita divina in noi. Secondo la legge della trasforma­zione, ciò che è minore è trasformato nel mag­giore: le sostanze chimiche in piante, le piante in animali, gli animali nell'uomo e l'uomo in Dio, senza, comunque, che l'uomo perda mai la sua personale identità.
Nella Comunione si dice comunemente che noi "riceviamo" Nostro Signore per aver in noi la sua Vita divina, ben più d'un neonato che riceve la vita umana dalla propria madre, poiché, in quest'ultimo caso, l'essere umano è nutrito da un altro essere umano (da un suo pari), mentre nella Comunione l'essere umano riceve la Vita divina da Dio. Ma, in realtà, a ben vedere, nella Comu­nione non siamo tanto noi a ricevere Cristo: è Cristo che riceve noi, incorporandoci a Lui.
Sappiamo di non esserne degni. Ogni amore, in verità, si ritiene indegno. L'amante è sempre in ginocchio, l’ amato sempre su un piedistallo. Perciò prima di ricevere la Comunione, ripetia­mo con il sacerdote: Domine, non sum dignus, "O Signore, non sono degno". È come se non aves­simo il coraggio di accostarci alla Sacra Mensa, consapevoli di non esser meritevoli del Dono di Dio.
È da notare che, anche in natura, non esiste comunione senza sacrificio. Come non possiamo fare nessuna" comunione naturale" col cibo sen­za che esso sia stato trattato e messo sul fuoco, e li animali siano stati sottoposti al coltello e sogg­etti a purificazione, così non possiamo fare Comunione con Cristo senza che prima ci sia stata una morte. Ecco perché la Messa non è so­lo una cerimonia, è un Sacrificio che termina nel­la Comunione. La Comunione è la conseguenza del Calvario; viviamo di ciò che uccidiamo. I no­stri corpi vivono dell'uccisione degli animali da campo e delle piante da giardino; riceviamo la vita dalla loro crocifissione; noi li uccidiamo non  per il gusto di distruggere ma per avere la vita in maggior abbondanza. Noi li immoliamo per l' unità che ricaviamo dalla comunione con loro.
Per un magnifico paradosso dell' Amore divino, Dio fa della Croce un reale mezzo di salvezza. Noi lo abbiamo ucciso; lo abbiamo inchiodato e crocifisso; ma l'amore illimitato del suo Cuore non poteva esaurirsi. Egli voleva darci la vera Vita, che noi abbiamo ucciso; il vero Cibo, che noi abbiamo distrutto; voleva nutrirci con il vero pane, che noi abbiamo seppellito, e con il vero Sangue, che noi abbiamo versato. Noi abbiamo trasformato il nostro effettivo crimine in una feli­ce colpa. Abbiamo convertito una Crocifissione in una Redenzione; un'immolazione in una comu­nione; una morte in una vita senza fine.
Ed è proprio questo che rende l'uomo un mi­stero! Che l'uomo - fatto a immagine e somi­glianza di Dio, che è amore - debba essere amato, non è un mistero. Ma perché egli non ami in con­traccambio, questo è un grande mistero. Perché il nostro dolcissimo Iddio deve essere il grande Non-Amato, perché l'Amore non è amato? Egli è amato in tutti quelli che si uniscono a Cristo, Sacerdote e Vittima.

Fulton J. Sheen Arcivescovo

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