venerdì 28 settembre 2012

Il disastro Müller

Ricevo da unavox e pubblico questo interessante e breve articolo che fa il paio con "le cantonate di cantonale".

di Christopher A. Ferrara
Articolo pubblicato su Catholic Family News


Non ci sono alternative: umanamente parlando, la nomina di Papa Benedetto del vescovo di Ratisbona Gerhard Ludwig Müller a capo della Congregazione per la Dottrina della Fede (CDF) è un disastro per la causa della restaurazione cattolica nel contesto della devastata vigna del post Vaticano II che ha “rinnovato” la Chiesa.

A mio avviso, il problema non è tanto che gli scritti di Müller contengano delle dichiarazioni che minano i dogmi della transustanziazione e della perpetua verginità di Maria. Lascerò ad altri il compito di accertare, sulla base dell’opportuno esame dei testi originali tedeschi visti nel loro contesto, se Müller abbia espresso eresie definitive, proposizioni temerarie o qualche tipo di errore teologico.
Per quanto mi riguarda, gli ultimi scritti di Müller non sono più o meno problematici delle numerose sorprendenti dichiarazioni che si possono trovare nei lavori dell’ex cardinale Ratzinger, che sono state esaminate nel mio libro The Great Façade e in molti altri lavori. Per esempio, vi è l’affermazione del cardinale Ratzinger in Introduzione al Crisianesimo, ove si dice (Queriniana, Brescia, 1986, p. 296): «Paolo [San Paolo] afferma dottrinalmente non la risurrezione dei corpi, bensì quella delle persone». No, non lo fa! Egli afferma che saranno esattamente i nostri corpi fisici – trasfigurati, certo – che sorgeranno dalla tomba nel giorno del Giudizio. Ed è quello che afferma la nostra fede sulla resurrezione del corpo, e non della “persona”.
[su questo argomento si vedano gli studi di Mons. Tissier de Mallerais: La fede in pericolo per la ragione e Il mistero della Redenzione secondo Benedetto XVI]

La preoccupazione più immediata riguardo a Müller è che, come capo della CDF, sarà responsabile del processo di “regolarizzazione” della Fraternità San Pio X, sulla base di un “Preambolo dottrinale” che è stato oggetto di interminabili negoziati ed emendamenti, più adatti ad un accordo ad alto livello di fusione ed acquisizione societaria che al semplice riconoscimento del dato reale che gli aderenti alla FSSPX sono cattolici e che quindi non ci dovrebbe essere alcun indugio.

Nel 2009, al giornale tedesco Zenit-online, Müller ha dichiarato: «La Fraternità San Pio X deve ritornare interamente sul terreno della Chiesa cattolica e riconoscere l’autorità del Papa, le decisioni del Concilio Vaticano II e l’attuale legge della Chiesa. Se lo fa, accetta anche che il seminario di Zaitzkofen ricada sotto la supervisione della diocesi di Ratisbona. Il seminario dovrebbe essere chiuso e gli studenti – se sono idonei - dovrebbero andare in un seminario del loro paese d’origine».

Questo è l’uomo che è stato scelto per sovrintendere al processo di “regolarizzazione” della Fraternità. In realtà sembra che cercherà di distruggerla!
E mentre Müller dichiara che i cattolici aderenti alla FSSPX devono “riconoscere l’autorità del Papa” – cosa che questi fanno già – contemporaneamente rende omaggio ai membri delle assortite denominazioni protestanti come facenti parte della Chiesa! Afferma infatti: «Il battesimo è il segno fondamentale che ci unisce sacramentalmente in Cristo e che ci presenta come una sola Chiesa di fronte al mond. Perciò noi cristiani cattolici ed evangelisti siamo già uniti anche in quella che chiamiamo Chiesa visibile».

Questo è puramente e semplicemente un falso insegnamento.
Secondo quanto dichiarava il Papa Pio XI solo 34 anni prima del Vaticano II, nella Mortalium animos che condannava il nascente “movimento ecumenico”, il Concilio avrebbe inspiegabilmente accolto un disastroso errore di giudizio prudenziale:
Essendo il corpo mistico di Cristo, cioè la Chiesa, uno, ben connesso e solidamente collegato, come il suo corpo fisico, sarebbe grande stoltezza dire che il corpo mistico possa essere il risultato di componenti disgiunti e separati. Chiunque perciò non è con esso unito, non è suo membro né comunica con il capo che è Cristo. Orbene, in quest’unica Chiesa di Cristo nessuno si trova, nessuno vi resta senza riconoscere e accettare, con l’ubbidienza, la suprema autorità di Pietro e dei suoi legittimi successori.

Come per confermare il suo falso insegnamento con i fatti, Müller ha recentemente somministrato una “benedizione” congiunta con un “vescovo” luterano, che in realtà non è altro che un laico in costume da vescovo ed è del tutto privo dell’Ordine sacro, esattamente come la “chiesa” luterana non rienta nella successione apostolica, interrotta con la rivolta di Lutero.
Ecco Müller al lavoro:


Questo “vescovo” luterano, tra l’altro, appartiene alla Chiesa Evangelica di Germania (EKD): una federazione di luterani, calvinisti ed altri consimili “corpi ecclesiali”, all’interno della quale vengono ordinate delle donne “vescove”. Una di queste ridicole “vescovesse”, Margot Kaessman, si è dimessa di recente, dopo essere stata arrestata per guida in stato di ubriachezza, ma ovviamente, secondo l’Ecumenical News international [ENI] continuerà ad essere una “pastora”.

Quindi, adesso ci ritroviamo a capo della Congregazione che rappresenta la più alta autorità dottrinale della Chiesa, un prelato che sostiene che i cattolici del tutto ortodossi della Fraternità San Pio X non sono veramente cattolici, mentre si compiace di farsi vedere a fianco di un falso vescovo luterano mentre impartisce insieme a lui la benedizione – un cosa che non sarebbe neanche passata per la mente ad uno dei veri vescovi della Fraternità, che lui tratta da paria.

Le buffonate di Müller sono esattamente ciò che Suor Lucia intende con “diabolico disorientamento” nella Chiesa. Questo genere di cose sono tipiche di quella ecumenico-mania che ha travolto la Chiesa a partire dal Concilio.
Non è la Fraternità che abbisogna di “relogarizzazione”, quanto piuttosto l’apparato vaticano e gran parte dell’alta gerarchia che hanno chiaramente smarrito la loro strada. Intendo dire che per prima cosa Müller dovrebbe regolarizzare se stesso!
Fu il cardinale Luigi Ciappi, teologo personale di quattro papi, tra i quali Giovanni Paolo II, che un giorno mise sull’avviso: «Nel Terzo Segreto [di Fatima] viene predetto, tra molte altre cose, che la grande apostasia nella Chiesa inizierà dall’alto». E questo è quello a cui abbiamo assistito esattamente a partire da quel fatidico 1960, quando il terzo segreto avrebbe dovuto essere rivelato per la nostra sicurezza e come guida durante la crisi ecclesiale senza precedenti che sarebbe sopraggiunta.

Nostra Signora di Fatima, intercedi per noi!

venerdì 21 settembre 2012

CATECHISMO ALLA BOLZANESE (PARTE II)


Propongo in questo breve articolo l’ultima parte delle aberranti affermazioni del libro: Ma dove si nasconde Dio? Libro Curato da Eugen Runggaldier edito nel 2011 da Athesia e approvato, a quanto pare, dalla diocesi di Bolzano.
In queste righe verranno trattati i temi riguardanti la presenza di Gesù, il male e, non poteva mancare l’ecumenismo.
Alcune risposte non verranno commentate, a che servirebbe?
24) Il diavolo abita all’inferno?
Risposta anche questa facile facile:SI!
Certo si potrebbe aggiungere qualche cosa su di esso, magari spiegare perché “abita”, anche per il termine usato che di per sé errato e comunque da correggere.
Invece:Esistono nel nostro mondo cose oscure e cattive. Di alcune e lo sappiamo, siamo noi i diretti responsabili. Ma facciamo anche esperienza che ciò che minaccia e distrugge la nostra vita è un potere fuori di noi al quale siamo esposti. (strabiliante, semplice e chiara risposta da somministrare ad un bambino, certo è più difficile dirgli che è all’inferno perché si è ribellato a Dio)
Nella Bibbia tale potere viene denominato “diavolo”. Cosa?????
Un potere??? Il diavolo è una persona (in base alla definizione boeziana) esiste ed è reale come me e quelli che hanno scritto questa eresia!
Il diavolo è il nemico giurato dell’uomo!
Ma non è finita qui: Quando diciamo (chi? Voi eretici) che il diavolo abita all’inferno, intendiamo dire: là dove l’uomo è separato da Dio, dove la sua vita è minacciata nel più profondo e diviene un “inferno”, là sta male. Che spettacolo il linguaggio aperto alla modernità, ma che possono imparare i bambini con questi discorsi, poi, la sua vita è minacciata? All’inferno ci si sta per l’eternità, la minaccia è finita rimane solo la pena dopo la condanna.
Oltre tutto l'inferno è un luogo fisico!
Possiamo però avere fiducia che nelle mani di Dio stiamo al sicuro. La fede nutre e incoraggia la nostra certezza che Dio vincerà il male e che ci aiuterà ad essere aperti al bene. Anche questa una risposta glissata non inerente la domanda.
33) In chiesa tutti parlano con Gesù. Ma lui dov’è?
Oggi non possiamo più vedere Gesù così come lo vedevano i suoi discepoli. Tuttavia noi crediamo: Dio non abbandonato Gesù dopo la sua morte (ma che c’entra questo), gli donò invece una nuova vita (? Ricordo che Gesù è Dio ed ha il potere di riprendersi la sua vita come scritto in Gv 10:18, sembra davvero si parli solo di un semplice uomo). Gesù è presente e ci accompagna, anche se non lo possiamo vedere.
Egli è tra noi quando ci riuniamo per celebrare la Santa Messa. Egli è con noi quando ci perdoniamo reciprocamente e ci scambiamo la pace. Egli è presente quando ascoltiamo la parola di Dio e ci domandiamo: cosa vuole dirci Dio con queste parole? Egli è presente, quando siamo riuniti nel suo nome.
INCREDIBILE L’UNICO MODO IN CUI REALMENTE, FISICAMENTE E’ PRESENTE NON VIENE NOMINATO.
Appendice al punto 33.
17) Come fa Gesù ad entrare nel pane?
…….Gesù sapeva che egli non sarebbe rimasto visibile per sempre in mezzo agli uomini.
Per questo preparò una cena d’addio e diede poi l’incarico di continuare, anche in futuro, a celebrare questa cena…….Per questo noi cristiani continuiamo a celebrare “l’eucarestia”, soprattutto la domenica, e crediamo che il Risorto, nei doni del pane e del vino, è presente tra di noi.
Che dire?
Ultimi tre dolorosi punti.
Nel mezzo la citazione eretica di Nostra Aetate.

 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
36) Dio è triste, se la domenica non vado a messa?
La messa domenicale rappresenta per la comunità cristiana la celebrazione più imposrtante. Insieme celebriamo la resurrezione di Gesù (ERESIA approvata dal Vescovo) e durante la celebrazione della messa ci infondiamo vicendevolmente coraggio (Niente più sacramento né grazia santificante, ma noi ci infondiamo coraggio, l’uomo che fortifica l’uomo. ERESIA approvata dal vescovo), poiché siamo convinti che Dio è parte della nostra vita. ( a me non sembra!)
Egli ci libera da ogni pericolo.
Ci riuniamo intorno all’altare, ascoltiamo la sua parola, e nella comunione sperimentiamo che Gesù Cristo è presente tra di noi (affermazione sospetta di ERESIA).
Se io non ci sono, non è che manchi qualcosa a Dio. (Concezione neocatecumenale del peccato)
E’ a me, che piuttosto viene meno qualcosa, per cui dovrei essere io a sentirmi triste ( più che triste addolorato visto che con il peccato mortale, perché si tratta della violazione del 3° comandamento, si perde la grazia santificante e l’amicizia con Dio e si ha la morte dell’anima colpa per la quale si va all’inferno, anzi scusate si“abita”.
Dulcis in fundo.
49) Anche gli animali vanno in cielo?
Quando un animale a cui vogliamo bene muore, siamo tristi. Ci chiediamo perché abbia dovuto morire, nessuno sa dare una risposta che ci consoli.
Come gli animali tutto ciò che vive deve morire. E’ per noi consolante (allora c’è una risposta consolante) credere che Dio desidera sempre la vita. Così egli porterà a compimento tutto ciò che vive – uomini, animali, piante e il mondo intero – cioè lo renderà meraviglioso sempre.
Che vuol dire che pure gli animali e le piante vanno in paradiso?
Che strano modo di parlare, comunque il bambino che legge crede che gli animali andranno in paradiso altrimenti non ci sarebbe bisogno di fare queste affermazione, alla domanda basterebbe anche qui rispondere con un semplice: NO!
Ora questo linguaggio ambiguo non ci consente di affermare con chiarezza che questi tizi abbiano scritto eresie (salvo il caso precedente), se interrogati direbbero:”le nostre parole sono state fraintese” o roba del genere, visto che tutto il loro parlare fluttua tra la Verità e l’eresia a loro piacimento ma non a quello di Nostro Signore Gesù che legge anche nei loro cuori.
SANTA DEI GENITRIX ORA PRO NOBIS!
Stefano Gavazzi

giovedì 20 settembre 2012

ESPLODE LA VIOLENZA DEL MONDO ISLAMICO: I POLITICI OCCIDENTALI FANNO A GARA A CHIEDERE SCUSA PER IL FILM BLASFEMO SULL'ISLAM

Dobbiamo anche noi bruciare le ambasciate e uccidere perché qualcuno chieda scusa per il film blasfemo sul cristianesimo premiato al Festival del Cinema di Venezia?
di Roberto de Mattei
E' difficile immaginare un oltraggio contro la fede cristiana più blasfemo e provocatorio di quello che si è avuto al Festival del Cinema di Venezia il 31 agosto con la proiezione del film "Paradise Faith", Fede nel Paradiso, di Ulrich Seidl, film che ha il suo punto culminante in una sequenza in cui la protagonista, l'attrice Maria Hoffstatter, si dedica all'autoerotismo utilizzando come strumento un crocifisso. (ho censurato io perchè è insopportabile l'affront) E' inutile entrare nei particolari, che sono raccapriccianti, ma sarà bene ricordare che per un cristiano non c'è simbolo più sacro del Crocifisso, che rappresenta Gesù Cristo, l'uomo-Dio, morto sulla Croce per redimere i peccati degli uomini. Tutta la fede cristiana si riassume nella predicazione di Cristo crocifisso.
Lo scandalo di Venezia non è un episodio isolato, ma si inserisce in un quadro di cristianofobia dilagante. Lo spettacolo teatrale di Romeo Castellucci Sul concetto di Volto di Dio, messo in scena a Milano a gennaio, ha aperto quest'anno le danze. Il Festival di Venezia però è una ben più ampia cassa di risonanza, una vetrina internazionale, che ha visto accorrere giornalisti di tutto il mondo, per riferire senza alcuna indignazione della proiezione del film blasfemo, che ha avuto il premio speciale dalla Giuria.
La Santa Sede, il 12 settembre è intervenuta con un comunicato dal tono fermo: "Il rispetto profondo per le credenze, i testi, i grandi personaggi e i simboli delle diverse religioni è una premessa essenziale della convivenza pacifica dei popoli". A dichiararlo è stato padre Federico Lombardi, portavoce della Sala Stampa Vaticana, che non si è riferito però alla blasfemia di Venezia, ma ad un altro film, Innocence of muslims, prodotto in America e considerato alle origini delle violente manifestazioni in Libia ed in altri paesi arabi.
"Le conseguenze gravissime delle ingiustificate offese e provocazioni alla sensibilità dei credenti musulmani - ha scritto in una nota padre Lombardi – sono ancora una volta evidenti in questi giorni, per le reazioni che suscitano, anche con risultati tragici, che a loro volta approfondiscono tensione ed odio, scatenando una violenza del tutto inaccettabile". Quanto è accaduto in Libia non sarebbe stato pianificato da mesi da Al Qaida in odio all'Occidente, ma sarebbe stato l'inevitabile conseguenza di "ingiustificate offese e provocazioni alla sensibilità dei credenti musulmani". Ma perché non vengono definite "ingiustificate" le offese e le provocazioni alla sensibilità dei credenti cattolici come quelle del Festival di Venezia? Solo perché non provocano conseguenze, né gravissime, e neppure modestissime?
Ben pochi hanno ricordato che quanto è accaduto, nella città di Bengasi, è la conseguenza non dell'insulso film anti-Maometto, ma della politica franco-americana di cessione del Medio Oriente all'Islam, che, per nemesi storica, ha avuto il suo momento principale proprio nel sostegno dato dalla Nato ai fondamentalisti di Bengasi contro Gheddafi. E se tutto il mondo ha protestato contro il film anti-islamico, che per ora è semi-clandestino, e presumibilmente non sarà mai proiettato, nessuno ha protestato contro il film anticattolico, che ha avuto tutte le luci della ribalta ed è destinato a larga circolazione, senza alcuna opposizione.
Il vero problema oggi è questo. Non esiste solo la persecuzione dei cristiani nelle terre di Islam, esiste anche la cristianofobia in Occidente. Ma soprattutto esiste l'arrendismo e la complicità dell'Occidente di fronte a questa cristianofobia. L'autolesionismo degli ambienti ecclesiastici fa parte purtroppo di questo sistema di complicità.
Il Beato Marco d'Aviano sulle colline del Kahlenberg, che dominano Vienna, brandiva il Crocifisso come strumento di lotta e di vittoria, per incitare i combattenti cristiani a liberare la città occupata dai musulmani. Oggi il Crocifisso è ridotto a strumento di sordido piacere da una società edonista che si autodistrugge consegnandosi all'Islam.
Fonte: Corrispondenza Romana, 17 settembre 2012
Pubblicato su BASTABUGIE n.263

GRANDE PROF: DE MATTEI

martedì 18 settembre 2012

Ossessione sesso. Il cancro dell'occidente liberale.

Riporto con un pò di ritardo un bellissimo articolo del mio amico Sandro Pasquino, che saluto, che condivido pienamente.

Ciao Sandro!



Uno dei cavalli di battaglia della Massoneria e del pensiero antireligioso e' quello di dipingere il Cristianesimo come falso e bigotto con la sua morale sessuale rigida e chiusa causa di ossessioni e reazioni opposte ai dogmi imposti. Insomma, un ambiente formalmente sessuofobico che nasconderebbe invece ipocrisia , frustrazioni e depravazioni.
La morale reppubblicana liberale invece promette la liberta' sessuale sotto la protezione della ragione umana che salverebbe la societa' dai mostri del Cattolicesimo e dall'oscurantismo della Chiesa Cattolica. Un mantra che si e' rivelato un grande inganno e mai come ora e' possibile trovare le prove di tale insuccesso.

Non e'un caso se durante la Rivoluzione Francese fu' profanata la Cattedrale di Notre Dame facendo salire una ballerina sull'altare , un 'antesignana delle moderne veline , che ben spiega il basso livello del pensiero liberare e libertino. E se osserviamo il quadro simbolo della Rivoluzione Francese di Eugène Delacroix notiamo la donna , rappresentantante la "Liberta'", portare la bandiera francese a seno nudo nell'atto di spronare i rivoltosi.

Viene innanzitutto da precisare che il berretto frigio che la procace femmina indossa e'importato, non a caso, dal Dio Mitra, nota divinita' anticristiana contraddicendo la millantata laicita' della "Dea ragione". Un occhio attento noterebbe che la scena pittorica e' alquanto ridicola dato che la si puo'interpretare come un branco di utili idioti spronati da promesse sessuali di chissa' quali festini alla fine della lotta.

Ma se colleghiamo i simboli con le prodezze della ballerina di Notre Dame viene da pensare che i frustrati sono proprio i repubblicani liberali . Viene anche automatico il collegamento con le gesta risorgimentali garibaldine dato che la conquista di Napoli fu' sugellata con un bel festino nel bordello della San Giovannara notoriamente frequentato da rivoluzionari e camorristi. Un bell'ambientino insomma ! Sembra di aver scoperto le fondamenta del Parlamento Italiano, con le sue pornostar Ilona Staller, travestiti Luxuriosi e numerosi nani e ballerine circondate da mafiosi e massoni.

La rivoluzionaria Parigi era la capitale del sesso e del"Bourlesque" con i suoi intellettuali e politici frequentatori di bordelli, teatri e ballerine. Da notare che non si poteva essere arrestati nel mentre di un amplesso , sarebbe stata una profanazione!!! Ora invece li arrestano dopo i festini con i trans a base di cocaina. La giustizia ha fatto progressi.

Il sesso sembra quindi un'ossessione dei salvifici rivoluzionari , d'altra parte la morale Cattolica faceva scarseggiare la selvaggina ed infatti in quei tempi cosidetti medioevali era infatti buon uso proteggere mogli e figlie . Ora invece padri e mariti vanno in giro con mogli e figlie vestite come prostitute e sono anche orgogliosi.

La rivoluzione sessuale 68ina ed il femminismo hanno dato il colpo di grazia ad una societa' sull'orlo della depravazione , hanno decretato la condanna della donna ad oggetto sessuale. Il sesso e'ovunque e proposto in modo malizioso, film, televisione musica e giornali. Tutto viene visto in chiave sexy ed hot, bondage , sadomaso e fetish ed anche lo sport, le olimpiadi con le notizie relative al sesso prima della gara , alla quantita'di preservativi usati, alle gesta notturne di campioni e calciatori fino alle rivoluzionarie della vagina in arte "Pussy Riots "difese dalle spronanti portatrici della bandiera della liberta': le cantanti Madonna e Lady Gaga. Un'ossessione . Perfino i comunisti avevano capito l'andazzo ed anche se si sollazzavano con le "compagne" alla fine cercavano mogli cattoliche...sembra perche' erano piu' serie. Ipocriti e bigotti!



Le donne rivendicano la liberta', la modernita', il diritto di prenderti a cosce e seni in faccia e non sanno che il bikini non e'stata una conquista moderna, i mosaici romani mostrano gia' donne in archeologici costume due pezzi ! Sappiamo benissimo come e' finito l'Impero Romano con la sua decadenza e depravazione ,orge , pedofilia ed 'omosessualita' . Pertanto niente di nuovo e rivoluzionario, i soliti vizi che da sempre hanno rovinato l'umanita', gli imperi, le civilta'.....sino a quando il Cristianesimo non mostro' la via.


Questa rivoluzione sessuale devasta i giovani sin dalla scuola con l'educazione sessuale, corrompe le famiglie e sterilizza la societa' che non fa' figli. Semprerebbe un controsenso, tanto sesso e pochi figli,ed invece e' matematico.I figli sono un impedimento per il divertimento ed i piaceri ed una donna gravida e' un peso , un ostacolo e quindi, in aiuto , sono arrivati divorzio ed aborto , il lavoro assicurato e le quote rosa, tutto fornito e protetto dallo Stato aspese nostre per permettere la loro vita sessualmente appagante. Oramai la morale dell'Occidente va'di pari passo con la grandezza degli indumenti intimi femminili e la vendita di materiale pornografico . Dalle mutande della nonna al niente addosso! L'uomo bestia e' pronto per il nuovo governo mondiale. Mai vista tanta depravazione ed indecenza, eppure siamo in uno stato laico, chi segue piu' il Cattolicesimo? Ed allora come si spiega tale ossessione per il sesso ,tale malizia? Non era il superamento dei dogmi Cattolici la soluzione per una nuova civilta' contro l'oscurantismo medioevale?

Purtroppo anche nel mondo Cattolico certe idee rivoluzionarie si sono infiltrate e sentiamo anche un certo clero modernista difendere l'omosessualita', il matrimonio dei sacerdoti, la sessualita' fuori del matrimonio cosi' come certe devianze sessuali come la pedofilia hanno fatto vittime innocenti. Noi Cattolici dobbiamo combattere sensa indugio.

Il carbonaro massone Nubius dichiarava:"Fate dei cuori viziosi e voi non avrete più cattolici. Ma perché sia profonda, tenace e generale, la corruzione delle idee deve cominciare fin dalla fanciullezza, nell'educazione. Per corrompere bisogna che i nostri figli realizzino l'idea del nudo".

Aldous Huxley, fratello del primo direttore dell'Unesco, promotore dell'LSD e guru del 68 americano, amico del satanista delle rockstar Aleister Crowley e membro del Centro Studi sulla Persona Umana in Francia a fianco della pedagoga Montessori ebbe a dichiarare : "Man mano che la liberta' politica ed economica diminuisce, la liberta' sessuale ha tendenza ad accrescersi a titolo di compenso. E il dittatore sara' bene accorto ad incoraggiare questa liberta'. Aggiungendosi al diritto di sognare sotto l'influenza della droga,del cinema, della radio,essa contribuisce a riconciliare costoro con la schiavitu' che e' il loro destino".

Non meravigliamoci. Dicono che e' colpa della Chiesa Cattolica!...Sempre!



Sandro Pasquino

PER I DUE ANONIMI NEOCATECUMENALI

Qualche giorno fa  due anonimi neocatecumenali, nei commenti ad un vecchio articolo postato da NON POSSUMUS,  hanno invano tentato di dare una parvenza cattolica al movimento NC che cattolico (secondo Verità, visto che ormai tutto può essere chiamato cattolico dopo il CVII)  non è.
Dissi: avete il vostro profeta, la vostra dottrina e la vostra liturgia quindi una vostra chiesa che non è quella Cattolica.
In questo bel post (http://neocatecumenali.blogspot.it/2012/09/un-culto-una-fede-nel-cammino-la.html) c'è la risposta precisa delle eresie che non solo insegna kiko, ma che pseudo sacerdoti cattolici, suoi seguaci, "ampliano".
Questo articolo, che cade a fagiuolo, riguarda il culto, (che secondo loro non è dovuto a Dio) argomento affrontato nei commenti dai due poveri neocatecumenali.
Neocatecumenali:dogmi? No Grazie!

Un Culto, Una Fede. Nel Cammino la diversità col Cattolicesimo è netta!
Raccogliamo la richiesta di un utente che si firma Elio:
Se davvero questo blog è cristiano e opera "secondo verità" dopo il libro che mette alla berlina il Cammino Neocatecumenale, dovrebbe pubblicare qualche brano di un altro libro, che invece lo loda. Si tratta del volume di Don Piergiovanni Devoto dal titolo: "Il neocatecumenato, un'iniziazione cristiana per adulti", Chirico ed. pag. 267, euro 16, 50, con prefazione di Mons. Paul Josef Cordes. Don Devoto è un prete neocatecumenale, ha avuto una vocazione adulta, possiede tre lauree, e quando fa catechesi, non ripete a "pappagallo" gli Orientamenti di Kiko, ma li amplia,e ove necessario li cita. Cercate di non generalizzare facendo di singoli casi di catechisti, persone semplici, prassi comune. Gli orientamenti di Kiko, non appunto,solo orientamenti. Saluti, Elio
Ebbene citeremo alcuni brani del Libro nominato, nella parte che riguarda il Culto, ovvero il centro della Fede. Eccoli ( Op. Cit. Pagg 71-77):
“Nel IV secolo, con la conversione di Costantino e con l’ingresso nella Chiesa di masse pagane che non capiscono né vivono la Pasqua, il cristianesimo diventa religione ufficiale dell’impero e, pertanto, protetto. Va in chiesa per celebrare l’eucaristia anche l’imperatore col suo corteo: nascono così liturgie di ingresso, rese solenni da canti e da salmi, che perdurano nel tempo e, quando questi vengono poi eliminati, rimane solo l’antifona, senza più il salmo, costituendo un vero e proprio assurdo...
Analogamente prendono campo le processioni offertoriali, nelle quali emerge la concezione propria della religiosità naturale che tende a placare la divinità mediante doni e offerte...
Col passare dei secoli le orazioni private che si inseriscono in notevole quantità nella messa. L’assemblea non c’è più, la messa ha preso un tono penitenziale, in netto contrasto con l’esultanza pasquale da cui è sorta”..
E mentre il popolo vive la privatizzazione della messa, da parte dei dotti vengono elaborate teologie razionali, che, se contengono ‘in nuce’ l’essenziale della Rivelazione, sono ammantate di abiti filosofici estranei a Cristo e agli apostoli..
Allora si capisce perché sorse Lutero, che fece piazza pulita di tutto ciò che credeva fosse aggiunta o tradizione puramente umana...
Quando si perde di vista che cosa è il sacramento, che cosa è il memoriale, allora si passa a dare definizioni filosofiche che non solo non possono esaurire la realtà che contengono, ma sono necessariamente legate alla filosofia che le esprime. Così Lutero, che non ha mai dubitato della presenza reale di Cristo nell’eucaristia, ha rifiutato la ‘transustanziazione’, perché legata al concetto di sostanza aristotelico-tomistico, estraneo alla Chiesa degli apostoli e dei Padri...
La rigidità e il fissismo del Concilio di Trento generarono una mentalità statica in liturgia, arrivata fino ai nostri giorni, pronta a scandalizzarsi di qualsisasi mutamento o trasformazione. E questo è un errore, perché la liturgia è vita, una realtà che è lo Spirito vivente tra gli uomini. Perciò non lo si può mai imbottigliare..
Usciti fuori da una mentalità legalista e fissista, abbiamo assistito col Vaticano II a un profondo rinnovamento della liturgia. Sono stati tolti dall’eucaristia tutti quei paludamenti che la ricoprivano. È interessante vedere che in origine l’anafora [cioè la preghiera della consacrazione] non era scritta ma improvvisata dal presidente...
La Chiesa ha tollerato per secoli forme non genuine. Così si è visto che il ‘Gloria’, che faceva parte della liturgia delle ore recitate dai monaci, è entrato nella messa quando delle due azioni liturgiche si è fatta un unica celebrazione, e che il ‘Credo’ è comparso all’apparire di eresie e di apostasie. Anche l’’Orate Fratres’ è esempio culminante delle preghiere con cui si infarciva la messa..
La celebrazione dell’eucaristia il sabato sera non è per facilitare l’esodo domenicale, ma per andare alle radici: il giorno di riposo per gli ebrei parte dalle prime tre stelle del venerdì e i primi vespri della domenica per tutta la Chiesa sono da sempre il sabato sera..
Il sabato si tratta di entrare nella festa con tutto l’essere, per sedersi alla mensa del Gran Re e gustare già ora il banchetto della vita eterna. Dopo la cena, un po’ di festa cordiale e amichevole concluderà questa giornata”...

Non è possibile citare tutto il libro. A queste essenziali e comunque chiare esternazioni, si contrappone nettamente la Teologia e il Dogma Cattolico, che per brevità cito dalla Sacramentum Caritatis, ultima in ordine di tempo:

"Lo sviluppo del rito eucaristico
3. Guardando alla storia bimillenaria della Chiesa di Dio, guidata dalla sapiente azione dello Spirito Santo, ammiriamo, pieni di gratitudine, lo sviluppo, ordinato nel tempo, delle forme rituali in cui facciamo memoria dell'evento della nostra salvezza. Dalle molteplici forme dei primi secoli, che ancora splendono nei riti delle antiche Chiese di Oriente, fino alla diffusione del rito romano; dalle chiare indicazioni del Concilio di Trento e del Messale di san Pio V fino al rinnovamento liturgico voluto dal Concilio Vaticano II: in ogni tappa della storia della Chiesa la Celebrazione eucaristica, quale fonte e culmine della sua vita e missione, risplende nel rito liturgico in tutta la sua multiforme ricchezza. La XI Assemblea Generale Ordinaria del Sinodo dei Vescovi, svoltasi dal 2 al 23 ottobre 2005 in Vaticano, ha espresso nei confronti di questa storia un profondo ringraziamento a Dio, riconoscendo operante in essa la guida dello Spirito Santo. In particolare, i Padri sinodali hanno constatato e ribadito il benefico influsso che la riforma liturgica attuata a partire dal Concilio ecumenico Vaticano II ha avuto per la vita della Chiesa (5). Il Sinodo dei Vescovi ha avuto la possibilità di valutare la sua ricezione dopo l'Assise conciliare. Moltissimi sono stati gli apprezzamenti. Le difficoltà ed anche taluni abusi rilevati, è stato affermato, non possono oscurare la bontà e la validità del rinnovamento liturgico, che contiene ancora ricchezze non pienamente esplorate. Si tratta in concreto di leggere i cambiamenti voluti dal Concilio all'interno dell'unità che caratterizza lo sviluppo storico del rito stesso, senza introdurre artificiose rotture (6)....
L'istituzione dell'Eucaristia
10. In tal modo siamo portati a riflettere sull'istituzione dell'Eucaristia nell'Ultima Cena. Ciò accadde nel contesto di una cena rituale che costituiva il memoriale dell'avvenimento fondante del popolo di Israele: la liberazione dalla schiavitù dell'Egitto. Questa cena rituale, legata all'immolazione degli agnelli (cfr Es 12,1-28.43-51), era memoria del passato ma, nello stesso tempo, anche memoria profetica, ossia annuncio di una liberazione futura. Infatti, il popolo aveva sperimentato che quella liberazione non era stata definitiva, poiché la sua storia era ancora troppo segnata dalla schiavitù e dal peccato. Il memoriale dell'antica liberazione si apriva così alla domanda e all'attesa di una salvezza più profonda, radicale, universale e definitiva. È in questo contesto che Gesù introduce la novità del suo dono. Nella preghiera di lode, la Berakah, Egli ringrazia il Padre non solo per i grandi eventi della storia passata, ma anche per la propria « esaltazione ». Istituendo il sacramento dell'Eucaristia, Gesù anticipa ed implica il Sacrificio della croce e la vittoria della risurrezione. Al tempo stesso, Egli si rivela come il vero agnello immolato, previsto nel disegno del Padre fin dalla fondazione del mondo, come si legge nella Prima Lettera di Pietro (cfr 1,18-20). Collocando in questo contesto il suo dono, Gesù manifesta il senso salvifico della sua morte e risurrezione, mistero che diviene realtà rinnovatrice della storia e del cosmo intero. L'istituzione dell'Eucaristia mostra, infatti, come quella morte, di per sé violenta ed assurda, sia diventata in Gesù supremo atto di amore e definitiva liberazione dell'umanità dal male.
Figura transit in veritatem
11. In questo modo Gesù inserisce il suo novum radicale all'interno dell'antica cena sacrificale ebraica. Quella cena per noi cristiani non è più necessario ripeterla. Come giustamente dicono i Padri, figura transit in veritatem: ciò che annunciava le realtà future ha ora lasciato il posto alla verità stessa. L'antico rito si è compiuto ed è stato superato definitivamente attraverso il dono d'amore del Figlio di Dio incarnato. Il cibo della verità, Cristo immolato per noi, dat ... figuris terminum (20). Con il comando « Fate questo in memoria di me » (Lc 22,19; 1 Cor 11,25), Egli ci chiede di corrispondere al suo dono e di rappresentarlo sacramentalmente. Con queste parole, pertanto, il Signore esprime, per così dire, l'attesa che la sua Chiesa, nata dal suo sacrificio, accolga questo dono, sviluppando sotto la guida dello Spirito Santo la forma liturgica del Sacramento. Il memoriale del suo dono perfetto, infatti, non consiste nella semplice ripetizione dell'Ultima Cena, ma propriamente nell'Eucaristia, ossia nella novità radicale del culto cristiano. Gesù ci ha così lasciato il compito di entrare nella sua « ora »: « L'Eucaristia ci attira nell'atto oblativo di Gesù. Noi non riceviamo soltanto in modo statico il Logos incarnato, ma veniamo coinvolti nella dinamica della sua donazione » (21). Egli « ci attira dentro di sé » (22). La conversione sostanziale del pane e del vino nel suo corpo e nel suo sangue pone dentro la creazione il principio di un cambiamento radicale, come una sorta di « fissione nucleare », per usare un'immagine a noi oggi ben nota, portata nel più intimo dell'essere, un cambiamento destinato a suscitare un processo di trasformazione della realtà, il cui termine ultimo sarà la trasfigurazione del mondo intero, fino a quella condizione in cui Dio sarà tutto in tutti (cfr 1 Cor 15,28)....
...In particolare, la spiritualità eucaristica e la riflessione teologica vengono illuminate se si contempla la profonda unità nell'anafora tra l'invocazione dello Spirito Santo e il racconto dell'istituzione,(147) in cui « si compie il sacrificio che Cristo stesso istituì nell'Ultima Cena ».(148) Infatti, « la Chiesa implora con speciali invocazioni la potenza dello Spirito Santo, perché i doni offerti dagli uomini siano consacrati, cioè diventino il Corpo e il Sangue di Cristo, e perché la vittima immacolata, che si riceve nella Comunione, giovi per la salvezza di coloro che vi parteciperanno ».(149)...
Già quanto citato chiarirebbe a sufficienza la differenza abissale di Teologia e di Fede Eucaristica tra il CnC e il Cattolicesimo ROMANO. Ma se non dovesse bastare, c'è Kiko Arguello che sancisce la novità del SUO Culto, nell'intervista SEGUITA alla consegna degli Statuti:
"Nelle comunità portiamo avanti infatti una catechesi basata sulla Pasqua ebrea, con il pane azzimo a significare la schiavitù e l’uscita dall’Egitto e la coppa del vino a significare la Terra promessa”.E qui, aprendo una lunga parentesi, l’iniziatore ha riassunto la sua catechesi sull’ultima cena, sul pane e sul vino: “Quando nelle cena della Pasqua ebraica si scopre il pane si parla di schiavitù, quando si parla della Terra promessa scoprono il calice, la quarta coppa. In mezzo a questi due momenti c’è una cena, quella nel corso della quale Gesù disse “Questo è il mio Corpo”(a significare la rottura della schiavitù dell’uomo all’egoismo e al demonio) e “Questo è il mio Sangue” (a significare la realizzazione di un nuovo esodo per tutta l’umanità). Più tardi –ha continuato Kiko – i cristiani toglieranno la cena e metteranno insieme il pane e il vino. Ora, nel Cammino abbiamo molta gente lontana dalla Chiesa, non catechizzata, e nei segni del pane azzimo (la frazione del pane) e del vino noi diamo visibilità a quei significati”. “Abbiamo scelto di fare la comunione seduti – ha affermato Kiko avvicinandosi al cuore della questione - soprattutto per evitare che si versasse per terra il Sangue di Cristo. La nostra paura era che se si versasse il Vino per terra: se fosse successo per tre volte, saremmo stati denunciati e ce la avrebbero vietata”.Invece, con il fedele seduto, questi ha il tempo – ha spiegato Kiko- di “accogliere il Calice con tutta calma e senza movimenti bruschi, di portarlo alla bocca, di comunicarsi con tranquillità e in modo solenne”. “Seduti come seduto era anche Gesù”, ha specificato Carmen alla sua destra"
Che dire di più?


mercoledì 12 settembre 2012

CATECHISMO ALLA BOLZANESE (prima parte)


     No purtroppo non è una delle gustose ricette riguardanti i piatti tipici tirolesi ma si tratta di un libro, trovato però in un supermercato di Brunico, che ha per titolo:Ma dove si nasconde Dio? Curato da Eugen Runggaldier edito nel 2011 da Athesia.

Devo dire che ormai non mi scandalizzo più della fede di tanti “teutonici”, per carità sarà il buon Dio a giudicarli, ma in fatto di ortodossia, almeno nei pastori è rimasto ben poco.

In compenso le Chiese architettonicamente sono davvero belle sebbene alcune sono state deturpate dalle tavole protestanti ormai installate quasi ovunque dopo la riforma conciliare.

Dico quasi ovunque perché in alcune piccole cappelle lo spazio ristretto non ha permesso la deturpazione delle stesse e i sacerdoti, presumo, debbano ancora celebrare “coram Deo”.

Tornando al libro, incuriosito inizio a leggere.

Si tratta di una serie di risposte alle domande più frequenti dei bambini sulla fede fatte alle insegnanti, a cui seguono alcune risposte davvero sorprendenti dell’autore e dei suoi collaboratori.

Ora se fosse soltanto per il fatto che le risposte vengano rivolte  a dei bambini, cosa sulla quale comunque non concordo, potrebbe anche andare, ma nella premessa si specifica che l’intento è quello di rivolgersi “a quegli adulti che desiderano  scoprire il tesoro della fede per condividerlo (Sic!) poi con i bambini” usando, naturalmente, udite udite, “un linguaggio comprensibile all’uomo di oggi, e per questo” hanno “per quanto possibile, rinunciato all’impiego di quei concetti tecnico- disciplinari specifici della teologia” (doppio Sic!).

In effetti oggi l’uomo ha bisogno di un linguaggio moderno visto che non capisce più una mazza!

Il saluto è sottoscritto dal Vescovo Muser.

Alcune risposte sono poco abilmente glissate e spostate sempre sui soliti argomenti l’amore di Dio, la benevolenza, l’esperienza, l’incontro, risorto ecc. altre normalmente ambigue, come per lo strano concetto di presenza di Dio.

Premetto che in tutto il libro non si parla di Chiesa Cattolica e Grazia Santificante e non si ha mai l’impressione che si parli di Gesù come della seconda persona della Trinità ed egli stesso Dio.

Non le riporterò tutte sarebbe davvero lunghissimo.

Iniziamo (in blu commento mio):

12) Chi è il vero Padre di Gesù: Dio o Giuseppe?

Gli evangelisti ci raccontano (?) che tra i suoi concittadini Gesù era conosciuto come il figlio del falegname Giuseppe.

Gesù stesso parla di Dio come suo Padre.

Gesù aveva una intensa relazione con Dio e lo chiamava “abbà”: si tratta un modo molto personale e fiducioso di rivolgersi a qualcuno, che corrisponde a dire papà o a espressioni simili. Noi cristiani riconosciamo che Dio è il padre (scritto piccolo) di Gesù (ma Dio è anche Padre mio!), affermando così che in Gesù Dio stesso è presente tra noi uomini. (in che senso presente, infatti al punto 2, che non riporto, dice che “in Gesù incontriamo Dio e per questo lo chiamiamo Figlio di Dio”. In Gesù incontriamo Dio perché è Dio! Seconda persona della Santissima Trinità. Non come si incontra un cattolico la cui presenza di Dio è data dalla Grazia Santificante. Se questo è il concetto da esprimere ebbene è espresso male!

Ah già il linguaggio moderno! La risposta comunque non è questa perché è: l’Eterno Padre, la prima persona della Trinità consostanziale al Figlio. Troppo difficile consostanziale?

 

13) Gesù sa fare magie?

No, Gesù non ha mai potuto (ma che significa) né voluto fare magie (Gesù non può fare magie perché è arte demoniaca e ingannatoria ma sa fare i miracoli che nessun uomo normale può fare). Ma ha voluto e potuto fare cose ancora più grandi. Egli ha fatto incontrare gli uomini con Dio guarendo ammalati e sofferenti. (glissato l’argomento miracoli, pure i dottori curano malati e sofferenti) Nella Bibbia la narrazione dei miracoli serve a comunicare agli uomini che Dio opera tra noi uomini. (No! La domanda è su Gesù! I miracoli erano segni visibile della sua natura Divina e soprannaturale capace di dominare tutti gli eventi naturali come la morte ed erano finalizzati alla conversione dei giudei e dei pagani cercando di convincerli della sua origine Divina. E’ dunque la narrazione che comunica e non il miracolo in sé, quindi anche  se non fosse vero….

Eeeeeeh sei sempre lì ad interpretare. Va bene leggete sotto)

Attraverso Gesù Dio si prende particolare cura delle persone emarginate, umiliate, ammalate, sofferenti o in difficoltà. (Prima no, prima il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo erano distratti, avevano altre cose da fare)

 

15) Gesù era davvero capace di camminare  sull’acqua?

Dopo la Pasqua i quattro evangelisti scrissero i quattro vangeli, (se erano 4 quanti vangeli dovevano Scrivere? E poi che c’entra con la domanda?) raccontando (ari Sic!) tra l’altro che Gesù raggiunse i suoi discepoli, soli ed impauriti nella barca, camminando sulle acque del lago di Genezaret.

Non è fondamentale se Gesù ha camminato veramente sulle acque (perché c’è possibilità che non sia vero? Ecco perché gli evangelisti “raccontano”, perché forse non è parola di Dio? E non ha camminato sulle acque per far vedere che lui domina la natura essendo, Lui, Gesù, Dio?)

Ciò che gli evangelisti hanno voluto comunicare alle loro comunità (? Anche qui sono gli evangelisti che comunicano non il miracolo in sè) e anche a noi è questo: anche se siamo oppressi da paure e preoccupazioni, non dobbiamo perderci d’animo. Gesù risorto ci assiste e ci porta l’aiuto di Dio.  (Domanda: ma se potrebbe non essere in grado di camminare sulle acque come può risorgere? Perché allora dovrebbe essere così fondamentale risorgere, si rammenta che uno dei motivi della risurrezione è proprio la prova indiscutibile della sua Divinità, come per gli altri miracoli, vi rendete conto che non si risponde alla domanda la quale  richiederebbe un semplice: SI!)
 
 

 

Per oggi basta, ma il meglio deve arrivare!

 

                                                                                                                      Stefano Gavazzi

 

martedì 11 settembre 2012

Dichiarazione di Dom Tomás de Aquino

Da Una Vox.
Sottoscrivo in pieno



Dopo la visita di Mons. Williamson in Brasile su invito di Dom Tomás de Aquino, Priore del monastero benedettino della Santa Croce, a Nova Friburgo, lo stesso Priore scrisse un articolo per ringraziare Mons. Williamson, al quale fece seguito un comunicato di Don Christian Bouchacourt, Superiore del Distretto dell'America del Sud della Fraternità San Pio X.
La presente dichiarazione, dell'8 settembre 2012, è una risposta al detto comunicato,
ed è stata pubblicata sul
sito del monastero



Mons. Richard Williamson in visita in Brasile nel 2012


Di fronte al comunicato del R. P. Bouchacourt, il monastero della Santa Croce dichiara che si è rivolto a S. Ecc. Rev.ma Mons. Richard Williamson perché lo considera un degno difensore della fede cattolica, in grado di confermare nella fede, non solo i monaci del monastero della Santa Croce, ma anche le comunità religiose e i fedeli che guardano con grande preoccupazione alla nefasta politica degli accordi pratici con Roma, prima che questa rinunci ai suoi errori liberali e modernisti.

Perché i cappuccini, i domenicani e anche i benedettini di Bellaigue hanno visto i loro candidati o scartati o minacciati di essere scartati dalla ricezione dell’Ordine sacerdotale, se non per la loro opposizione alla politica degli accordi? E questo perfino quando Roma non voleva l’accordo, almeno per ora.

Tacere le vere ragioni di ciò che stiamo vivendo, significa nascondere la verità.
Perché si è chiesto a Mons. Williamson di cessare la pubblicazione dei suoi “Commenti Eleison”, se non a causa della dottrina esposta in essi?
Perché Mons. Tissier de Mallerais ha dovuto interrompere le sue prediche, se non perché esse contrastano quella stessa politica?
Perché il Padre Koller è stato minacciato di sanzioni, se non perché ha predicato contro questa stessa politica?
Perché i Padri Cardozo, Chazal, Pfeiffer e altri sono stati sanzionati o espulsi, se non a causa della loro opposizione a questa stessa politica?

Preoccupato, Mons. de Galarreta aveva messo sull’avviso già alcuni mesi fa:
«Per il bene della Fraternità e della Tradizione, bisogna richiudere al più presto il “vaso di Pandora”, per evitare il discredito e la demolizione dell’autorità, per evitare le contestazioni, le discordie e le divisioni, forse senza ritorno.»

E Mons. de Galarreta si chiedeva quali fossero le condizioni richieste per una proposta totalmente accettabile, ossia per una vittoria che può essere solo dottrinale perché in questa battaglia tutto è basato sulla fede; e rispondeva rimettendosi ai testi di Mons. Lefebvre, che citava nella sua esposizione.

Vediamo uno di questi testi:
«Non abbiamo lo stesso modo di concepire la riconciliazione. Il Card. Ratzinger la vede nel senso di ridurci, di condurci al Vaticano II. Noi la vediamo come un ritorno di Roma alla Tradizione. Non ci capiamo. È un dialogo fra sordi. Io non posso parlare tanto di avvenire, poiché il mio è alle mie spalle. Ma se vivrò ancora un po’ e supponendo che da qui a qualche tempo Roma faccia un appello, che voglia rivederci, riprendere a parlare, in quel momento sarò io a porre le condizioni. Non accetterò più di trovarmi nella situazione in cui ci siamo trovati al momento dei colloqui. È finita. Io porrò la questione sul piano dottrinale: «Siete d’accordo con le grandi encicliche di tutti i papi che vi hanno preceduto? Siete d’accordo con la Quanta Cura di Pio IX, con le Immortali Dei e Libertas di Leone XIII, con la Pascendi di San Pio X, con la Quas Primas di Pio XI, con l’Humani Generis di Pio XII? Siete in piena comunione con questi papi e con le loro affermazioni? Accettate ancora il giuramento antimodernista? Siete per il Regno sociale di Nostro Signore Gesù Cristo?Se non accettate la dottrina dei vostri predecessori è inutile parlare. Fintanto che non accetterete di riformare il Concilio considerando la dottrina di questi papi che vi hanno preceduto, non vi è dialogo possibile. È inutile.» (Fideliter n° 66-1988, pp. 12-14).

In conclusione: il vaso di Pandora non è stato realmente richiuso, visto che non si sta seguendo la strada tracciata da Mons. Lefebvre.

Ma probabilmente il P. Bouchacourt dirà che non è vero, che al Capitolo Generale è stato risolto tutto. Che tutto è in perfetto ordine. Sfortunatamente non è questa la verità. Il Capitolo Generale ha mantenuto l’obiettivo degli accordi su una base diversa da quella esposta a suo tempo da Mons. Lefebvre. Si leggano i Commenti Eleison di Mons. Williamson sulle sei condizioni e si vedrà che le risoluzioni del Capitolo Generale sono insufficienti e diverse da quelle di Mons. Lefebvre.

Altri diranno: Lei cosa c’entra con questo? C’entro, perché la fede è un bene comune della Chiesa ed io appartengo alla Chiesa, e per di più ho delle responsabilità nei confronti dei monaci della Santa Croce e dei fedeli che ci esprimono la loro fiducia.
E tuttavia, altri diranno: l’obbedienza trasferisce le responsabilità ai superiori e obbedendo non si inganna nessuno. Sfortunatamente le cose non sono così semplici.
Fu così che la maggioranza dei vescovi accettò il Concilio Vaticano II.

Mi si dirà anche: Lei sta contribuendo alla divisione della Tradizione.
E io rispondo che l’unione deve stabilirsi intorno alla verità, cioè intorno alla fede cattolica. E le parole e i comportamenti di Mons. Fellay, sfortunatamente, non sono quelli di un discepolo di Mons. Lefebvre, il quale difese la verità senza concessioni.
Perché zittire Mons. Williamson e Mons. Tissier de Mallerais?
Si veda la lettera dei tre vescovi a Mons. Fellay e ai suoi Assistenti e si leggeranno le ragioni della battaglia della Tradizione e quelle della nostra attitudine.

Corção ripeteva costantemente che una falsa nozione della carità e dell’unione produce profonde devastazioni nella resistenza cattolica. Quando si separa la carità dalla verità, la carità smette di essere carità. Molti, anche tra i suoi amici, lo accusarono di venir meno alla carità con i suoi articoli. Ma la prima carità è dire la verità. Era Corção ad aver ragione, come dimostrano i fatti. La stessa accusa fu rivolta a Mons. Lefebvre.
Sull’unione, Corção diceva scherzando che l’esperienza gli aveva insegnato che, contrariamente al detto popolare “l’unione fa la forza”, egli aveva constatato che spesso l’unione fa la debolezza. E perché? Perché un’unione al di fuori della verità, un’unione fatta di concessioni, un’unione che sacrifica la fede, è una debolezza che “rende deboli i forti”. Non fu proprio questo che accadde nel Concilio Vaticano II? Per il bene dell’unione con Paolo VI, molti vescovi finirono col firmare documenti inaccettabili. L’unione non fa la forza, al contrario.

Oggi, in seno alla Tradizione ci si chiede di unirci ad ogni costo a coloro che credono che gli errori del Concilio non sarebbero così gravi, a quelli che credono che il 95% del Concilio sarebbe accettabile, che la libertà religiosa della Dignitatis Humanae sarebbe molto contenuta, che degli errori del Concilio non si debbono fare delle super-eresie. Ma questa non è la verità.
Il Concilio è stato il più grande disastro della storia della Chiesa fin dalla sua fondazione, come diceva Mons. Lefebvre nel suo libro Dal Liberalismo all’Apostasia.
Se si tratta di unirci su questa base, preferisco astenermi e lavorare per la restaurazione integrale della fede cattolica, come ci ha sempre insegnato ed esortato Mons. Marcel Lefebvre, sperando che la Fraternità recuperi nuovamente la fede, come spero che farà, perché ha i mezzi per farlo e può contare su eccellenti vescovi e sacerdoti.

Quanto all’accusa che si ingannerebbero i fedeli, dando la falsa impressione che Mons. Williamson fosse stato invitato con tutti i permessi di Mons. Fellay, posso affermare che non ho mai nascosto a nessuno, già da molto tempo, la nostra opposizione politica nei confronti di Mons. Fellay, e quantunque il popolo brasiliano sia un po’ ingenuo, non credo che lo sia così tanto come pensa Padre Bouchacourt. È il contrario che è certo.
Chi è che non sa che Mons. Williamson è malvisto a Menzingen?
Qui invece è benvisto, perché l’obbedienza è una virtù se è sottomessa alle virtù maggiori e soprattutto alla fede, alla speranza e alla carità.
Fare dell’obbedienza un’arma per paralizzare la Tradizione, significa rinnovare il “colpo da maestro di Satana”, come diceva Mons. Lefebvre, che in nome dell’obbedienza ha indotto tutta la Chiesa alla disobbedienza nei confronti della sua stessa Tradizione.
Noi non lo faremo: dicano ciò che vogliono.
Vi è un problema, e questo problema è di fede ed è grave.
Per quanto ci riguarda, la nostra posizione è definita: appoggiarci ai difensori della fede, come sono stati Mons. Lefebvre, Mons. Antonio de Castro Mayer e San Pio X, e appoggiarci a tutta la Tradizione della Chiesa. Se a causa di questo dovremo soffrire, soffriremo, come ci ha avvisato Nostro Signore: “Tutti quelli che vogliono vivere piamente in Cristo Gesù saranno perseguitati” (2 Tim. 3, 12).

Per quanto riguarda la Fraternità, noi la consideriamo un’opera provvidenziale fondata da un Vescovo che praticò al grado più alto l’eroismo e le virtù più difficili: quelle per le quali Dio ha creato i doni della saggezza, intelligenza, consiglio, fortezza, scienza e timore di Dio.
Noi consideriamo Mons. Lefebvre come una luce che ha brillato nelle tenebre del mondo moderno e la Fraternità è la sua opera e la sua eredità, a condizione però che rimanga fedele alla grazia ricevuta. Noi preghiamo per essa, e se ci opponiamo alla politica di Mons. Fellay non è per un qualche senso di ostilità nei confronti della Fraternità, ma per amore di essa e dello stesso Mons. Fellay, così come amiamo la Santa Chiesa e per amore di essa combattiamo il liberalismo e il modernismo dei suoi nemici che si sono installati nel suo seno.

Che Dio benedica e conservi la Fraternità San Pio X, alla quale dobbiamo tutto il meglio che abbiamo ricevuto, riguardo sia alla fede sia al sacerdozio, che abbiamo ricevuto per mano di Sua Eccellenza Mons. Marcel Lefebvre.

Dom. Tomás de Aquino


8 settembre 2012
, Natività della Santa Vergine Maria

mercoledì 5 settembre 2012

L’inevitabile approdo del Vaticano moderno

Ricevo, sempre da una vox, un bellissimo e puntuale articolo dell'ottimo Belvecchio, con cui mi trovo in accordo.
Sebbene sia di qualche giorno fa lo ripropongo all'attenzione dei lettori perchè in fondo dimostra, oltretutto, che le "estrapolazioni" di cui si parlava nei post precedenti, riguardo a Mons. Muller, hanno la stessa linea di pensiero dei discorsi "interi" del nuovo prefetto per la dottrina della fede.


L’inevitabile approdo del Vaticano moderno:




Mons. Müller custode della dottrina cattolica
di Belvecchio

Quando si rese noto che il nuovo Prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede sarebbe stato il vescovo di Ratisbona, Mons. Gerhard Ludwig Müller, da più parti vennero espresse diverse perplessità sulla opportunità di questa nomina, a causa dell’orientamento culturale e teologico manifestato dal vescovo in diverse occasioni.
Quando poi, a giugno scorso, giunse la nomina mentre il Vaticano trattava l’annosa e interminabile vicenda della Fraternità San Pio X, nei confronti della quale il vescovo aveva in passato espresso pesanti giudizi e manifestato inverosimili intenzioni, in ambito tradizionale si avanzarono molte articolate riserve, sia per la vicinanza vissuta per anni dal vescovo con la cosiddetta teologia della liberazione, sia per alcune posizioni teologiche circa i misteri della fede, sia per le reiterate aperture espresse dal vescovo nei confronti dei non cattolici, da considerare, secondo lui, facenti parte della Chiesa.
Le riserve avanzate dalla Fraternità San Pio X, però, finirono col catalizzare l’attenzione dei mezzi di comunicazione di massa, sviandola dalle questioni centrali: concezione dei miracoli, reale Verginità di Maria, realtà dell’Eucarestia, Redenzione, comunione cattolica (si veda: comunicato italia e comunicato Germania). Cosa comprensibile, peraltro, visto che da allora sarebbe stato il nuovo Prefetto ad occuparsi dei rapporti con la Fraternità.


Le diverse critiche generarono delle reazioni, a titolo difensivo: furono pochi quelli che provarono a capire in cosa consistesse il vero problema, mentre i molti, com’è umano e inevitabile, si diedero a difendere il nuovo nominato per il solo fatto che il Papa l’avesse chiamato ad un posto di così alta e delicata responsabilità. Se il Papa l’ha voluto a quel posto di “custode della dottrina”, si diceva, non possiamo non fidarci del giudizio del Papa, ergo, Mons. Müller è senza macchia e senza paura.
È stata chiamata in causa perfino la “grazia di stato”, tale che, indipendentemente da ciò che il vescovo avesse detto o scritto in passato, a partire dalla sua nomina non avrebbe mancato di dimostrarsi un perfetto cattolico ortodosso, del tutto aderente alla dottrina del Papa.
Non v’è dubbio che sia le difese ad oltranza e spesso “d’ufficio”, sia il supposto automatismo secondo il quale basta mettere un cattolico eterodosso a fare il catechista perché subito la sua eterodossia si trasformi nella più perfetta ortodossia, richiederebbero intere pagine di chiarimenti e spiegazioni, che qui non è nostra intenzione produrre. Quello che invece ci interessa è cercare di capire se questa nomina a così delicato incarico, possa essere considerata accidentale, per tutta una serie di circostanze, o fiduciaria, per l’annosa amicizia fra il Papa e il vescovo, culminata nell’incarico a Mons. Müller della cura della pubblicazione dell’“opera omnia” di Ratzinger-Benedetto XVI, oppure conseguente e coerente, sia col pensiero del Papa, sia con l’andazzo culturale-teologico, instauratosi nella Chiesa a partire dal Vaticano II.

Dal momento che i critici dei critici hanno ripetutamente fatto notare che non si possono estrapolare dei brani da un contesto per avanzare delle critiche che inevitabilmente finiscono col dimostrasi poco fondate e quindi ingiuste, noi abbiamo riprodotto un discorso intero di Mons. Müller e una intervista, intera, rilasciata in concomitanza con quel discorso. Il tutto datato 2008, in occasione del conferimento del dottorato honoris causa “in riconoscimento del suo esemplare e fecondo contributo agli studi teologici contemporanei”, da parte della Pontificia Università Cattolica del Perù.
Ovviamente, siamo ben coscienti del fatto che si obietterà che oggi siamo nel 2012 e che quel conferimento e quel discorso e quella intervista del 2008, non possono costituire “prova a carico”, per la loro episodicità. Ma è bene chiarire subito che non abbiamo la pretesa di fare l’esegesi di Mons. Müller, dei suoi pensieri, dei suoi convincimenti, delle sue preferenze, noi ci limitiamo a cercare di capire qual è la sua formazione culturale e la sua visione teologica, nell’ottica dell’incarico che svolge dal luglio di quest’anno come Prefetto custode della dottrina cattolica. E questo lo facciamo in un articolo che non ha la pretesa di ottenere un qualche dottorato, ma semplicemente di apportare un contributo circa la reale forma mentis che contraddistingue una buona parte dell’attuale gerarchia cattolica, Papa compreso.
Tranne che non ci si volesse impedire, per principio, l’esame critico del pensiero dei nostri pastori, quasi fossimo costretti, per fede, a fidarci a occhi chiusi degli uomini, piuttosto che dell’insegnamento di Dio.

Nel discorso in questione, che invitiamo a leggere per intero, Mons. Müller afferma:
«Quindi, non parlo della teologia della liberazione in forma astratta e teorica, tanto meno ideologica, per adulare il gruppo ecclesiale progressista. Allo stesso modo, non temo che essa possa essere vista come mancante di ortodossia. La teologia di Gustavo Gutiérrez, indipendentemente dall’angolo di visuale da cui la si guarda, è ortodossa perché ortopratica e ci insegna il corretto agire cristiano, perché viene dalla fede vera. Una breve lettura del libro Beber en su propio pozo dimostra che la teologia della liberazione si basa su una profonda spiritualità. Il suo substrato è la sequela di Cristo, l'incontro con Dio nella preghiera, la partecipazione alla vita dei poveri e degli oppressi, la disposizione ad ascoltare il loro grido di libertà e il loro anelito ad essere pienamente riconosciuti come figli di Dio; è il partecipare alla loro lotta per porre fine allo sfruttamento e all’oppressione, al loro desiderio per il rispetto dei diritti umani, alla loro esigenza di giusta partecipazione alla vita culturale e politica della democrazia. Si tratta dell’esperienza di non sentirsi estranei nel proprio paese e del fatto che la Chiesa e lo Stato vogliano essere rifugio e garanzia della libertà spirituale e civile. Lo scopo è, l’inizio e lo svolgimento di un processo dinamico che mira a liberare l’uomo dalla sua dipendenza culturale e politica.»

Né in questo brano, né in tutto il discorso, vi è un minimo accenno alla prima e suprema legge della Chiesa, e quindi del Papa e dei vescovi: la salus animarum. Qui si presenta la religione cattolica come avente lo scopo di rendere libero l’uomo nella e per la sua umanità. Punto e basta.
Una religione con la quale «Gesù manda i suoi discepoli a predicare a tutti gli uomini il Vangelo della salvezza e della liberazione». Una religione che, pur con una residua soprannaturalità, esprime una primaria e prevalente preoccupazione naturale e mira ad «Un nuovo inizio radicale [che] sarà possibile solo con un processo che porti ad una società più giusta, con i diritti umani garantiti da parte dello Stato. Ma è anche necessaria una spiritualità dei diritti umani. La più grande aspirazione di ogni persona, nel profondo della sua coscienza, dovrà essere l’acquisizione della consapevolezza della responsabilità dell’uomo davanti a Dio e dello spirito di fraternità».
Non occorre perdere tempo a spulciare tutti gli scritti e i discorsi dell’emerito vescovo di Ratisbona, per capire che egli è convinto che la sua funzione in seno alla Chiesa consista nel realizzare una società umana “giusta e solidale”, perché sarebbe questo il vero motivo dell’Incarnazione.

Ora, qualcuno potrebbe far notare che quell’occasione e quel contesto sono gli stessi che giustificherebbero il linguaggio adottato da Mons. Müller, tale che cambiato il contesto si potrebbe sentire lo stesso vescovo esprimersi con un linguaggio diverso e magari più apprezzabile da parte nostra. È vero, e non abbiamo alcuna difficoltà ad ammetterlo, ma a parte il fatto che così si sosterrebbe che per un vescovo sarebbe lecito e sacrosantamente cattolico affermare in pubblico il contrario di ciò che pensa e crede; a parte questo trascurabile dettaglio: può un vescovo cattolico, un successore degli Apostoli, un dispensatore della dottrina, esimersi dal parlare della salvezza eterna, che è il vero scopo dell’essere cristiani? Può un tale responsabile della vita spirituale degli uomini, limitarsi a parlare loro del benessere terreno, al pari di un qualsiasi benpensante? Può esimersi dal predicare, soprattutto in pubblico e in forma ufficiale, l’insegnamento di Cristo? Può limitarsi a compiacere il suo uditorio, trascurando di compiacere Dio?A leggere il discorso, l’unica risposta è: Certo che può! Oggi! Dopo il Vaticano II!

E così si rende del tutto evidente che questo vescovo è perfettamente convinto che predicare e praticare l’insegnamento di Cristo significhi apportare agli uomini la buona novella della loro liberazione con la «lotta per porre fine allo sfruttamento e all’oppressione, al loro desiderio per il rispetto dei diritti umani, alla loro esigenza di giusta partecipazione alla vita culturale e politica della democrazia». Perché «Lodare Iddio incoraggia ad assumere la responsabilità per il mondo. E l’impegno per la giustizia sociale, la pace e la libertà, per la protezione della natura come base per la vita individuale e sociale, hanno il loro fondamento sull’azione divina creatrice e liberatrice».

Per qual fine Dio ci ha creati? – interrogava un tempo il Catechismo della Santa Chiesa, e rispondeva: Dio ci ha creati per conoscerLo, amarLo e servirLo in questa vita e per goderLo poi nell’altra in Paradiso.

Un tempo!
Oggi i vescovi insegnano, come fa Müller, che Dio ci avrebbe creati per affermare i nostri diritti umani (!?) ed aspirare alla “giusta partecipazione alla vita culturale e politica della democrazia”.
Invero una concezione alquanto bizzarra della vera Religione di Dio. Una concezione dove non c’è posto né per il peccato né per il Paradiso. Basta perseguire “la giustizia sociale, la pace e la libertà, … la protezione della natura” ed ecco compiuto il nostro dovere di veri credenti in Dio e in Suo Figlio Gesù Cristo.
E questo lo spiega pubblicamente un successore degli Apostoli, che è convinto di adempiere così al suo compito di insegnare “ad osservare tutto ciò che vi ho comandato” (Mt. 28, 20) e che secondo cui Nostro Signore non avrebbe certo insegnato: “Qual vantaggio avrà l’uomo se guadagnerà il mondo intero e poi perderà la propria anima?” (Mt. 16, 26).

E questi concetti, il vescovo, li ribadisce nell’intervista, dove afferma che
«Abbiamo bisogno di realizzare il benessere individuale e sociale, in conformità col messaggio di Gesù. In questo senso, la grande missione dell’Università cattolica consiste, non solo nel generare e preservare le sue idee all’interno del mondo cattolico, ma anche nel far sì che queste servano per lo sviluppo del mondo. … riflettere sulla relazione fra fede e ragione, ma anche fra la fede, l’amore e tutte le attività che rendono possibile che venga il Regno di Dio concretamente e realmente. La nostra missione come cristiani e come universitari è di aiutare a risolvere i problemi del mondo. Quando Gesù verrà, la prima cosa che ci chiederà è che cosa abbiamo fatto a favore di coloro che hanno fame e che soffrono di più.».
Dove cioè si parafrasa lo stesso Pater noster, confondendo il Regno di Dio col regno di questo mondo e scambiando la salvezza delle anime col benessere individuale e sociale.Affermare che la missione dei cristiani consisterebbe nell’“aiutare a risolvere i problemi del mondo”, significa semplicemente concepire la Chiesa come un prodotto della filantropia umana e la funzione vescovile come un incarico di responsabilità in un organismo non governativo dell’ONU.

Ora, che questa forma mentale possa essere propria di un prete impegnato nel sociale, come si usa dire oggi, che possa informare la predicazione di un qualsiasi vescovo desideroso di farsi battere le mani nel corso di una rivendicazione sindacale, è già cosa molto grave, ma che possa essere propria del custode della dottrina, del prelato incaricato del compito delicatissimo di vegliare che nella Chiesa si insegni solo la Verità e la dottrina di Cristo… è cosa che lascia oltremodo sconcertati e preoccupati, per non dire indignati, poiché fa temere fortemente per i destini futuri dell’insegnamento cattolico e della stessa fede.
D’altronde, bisogna riconoscere che Mons. Müller avrà sicuramente attinto a fonti autorevoli, basta aver letto, infatti, i documenti del Vaticano II e i relativi discorsi dei papi del Concilio, soprattutto di Paolo VI, per stupirsi poco di questa professione di fede nell’uomo anteposta alla professione di fede in Dio.
«Dategli merito di questo almeno, voi umanisti moderni, rinunciatari alla trascendenza delle cose supreme, e riconoscerete il nostro nuovo umanesimo: anche noi, noi più di tutti, siamo i cultori dell’uomo», diceva già Paolo VI (Discorso di chiusura del Concilio, 7 dicembre 1965), vantandosene. E il povero Paolo VI forse non si rendeva conto che incamminandosi per quella strada, ciò che lui allora diceva essere «La religione del Dio che si è fatto Uomo s’è incontrata con la religione (perché tale è) dell’uomo che si fa Dio», si sarebbe inevitabilmente evoluta nella “religione dell’uomo che si fa Dio, che prevale su quella del Dio che s’è fatto Uomo”.
È l’inevitabile epilogo del volersi muovere sul versante del mondo, che è talmente scosceso da condurre irrimediabilmente in basso… sempre più in basso!

In questo senso, leggendo le dichiarazioni di Mons. Müller, si notano, tra l’altro, due espressioni che possono considerarsi emblematiche e che rivelano tutta la portata delcapovolgimento di mentalità che caratterizza gran parte dell’attuale gerarchia cattolica: il passaggio dalla cura per la religione di Dio alla cura per la religione dell’uomo.

1 - Ma è anche necessaria una spiritualità dei diritti umani
Qualcuno potrebbe chiedersi in cosa consista la “spiritualità” dei diritti umani, ma non riuscirebbe a trovare in nessuno studio cattolico una risposta decente, tranne il dover ricorrere alla profondità spirituale della concezione di uno dei padri della Rivoluzione francese, il noto “uomo di Dio” Massimiliano Robespierre.
Ma, a parte la supposta “spiritualità”, noi sappiamo che per prima cosa un uomo di Chiesa dovrebbe ricordare che nell’ambito dell’intero creato l’unico ad avere dei diritti è Dio, mentre gli uomini hanno solo dei doveri nei confronti di Dio. Questa oggettiva realtà è l’unica che fondi legittimamente il conseguente sorgere dei doveri e dei diritti degli uomini tra di loro. Senza la consapevolezza che l’uomo è su questa terra per amare e servire Dio e che ama il suo prossimo per amore di Dio, senza questo presupposto, non ci sono diritti umani, se non nelle moderne elucubrazioni diaboliche che hanno condotto all’attuale stato disastroso del mondo e della stessa compagine cattolica, dove l’uomo è stato messo al posto di Dio.

2 - alla loro esigenza di giusta partecipazione alla vita culturale e politica della democrazia
La partecipazione alla vita culturale e politica, è una di quelle affermazioni gratuite che riempiono bene la bocca di chi le pronuncia e le orecchie di chi le ascolta, ma consiste esattamente nel nulla, perché può significare qualsiasi cosa.

E dire che un tempo in Chiesa si insegnava che ogni uomo deve compiere il proprio dovere di stato, di padre, di madre, di figlio, di superiore, di sottoposto, di prete, di laico, di vescovo, di papa, ecc. Ma queste sono cose d’altri tempi, dei tempi in cui l’educazione cattolica discendeva direttamente dagli insegnamenti di Cristo e non dalla Dichiarazione dei Diritti dell’Uomo e dall’ONU.Quando poi a questa espressione si aggiunge “della democrazia”, si manifesta per intero la rivoluzione che si è prodotta nell’intelletto dei moderni. Chiunque, sano di mente, oggi sa, dopo due secoli di “democrazia”, che non v’è mai stato tempo storico così pesantemente contrassegnato dalla dittatura “democratica”, in cui tutti possono dire e fare ciò che vogliono, basta che non pretendano di professare la verità e di praticare i comandamenti di Dio, semplicemente perché la verità non esiste, esistono solo le verità, e Dio è un concetto lodevole che va rispettato come espressione del libero pensiero di ogni uomo: che ognuno abbia il proprio Dio e viva in pace con gli altri. Chiunque contraddica queste umanissime e modernissime verità è considerato un asociale e in molti Stati viene addirittura perseguito come intollerante e processato e condannato.

E dire che un tempo in Chiesa si insegnava che ogni autorità discende da Dio, e non dal popolo (!?), e che quindi la vera e unica compagine sociale auspicabile per un cattolico è il Regno sociale di Nostro Signore a cui sottostanno tutti gli uomini, piccoli e grandi, ricchi e poveri, ignoranti e colti, singoli e gruppi, famiglie e Stati. Ma anche queste sono cose d’altri tempi, tempi i cui non si andava dalla Germania al Perù per imparare la teologia della liberazione (!?), ma si studiavano le encicliche dei papi sulla libertà, sull’autorità, sull’assetto sociale e sulla sottomissione dell’uomo e degli Stati all’imperio di Cristo.

Vero è che i tempi sono cambiati e che oggi il mondo vive a prescindere da Dio e contrastando in tutti i modi la Sua Chiesa, ma questo non autorizza nessun cattolico, chierico o laico, a seguirne l’andazzo per sentirsi più vicino al mondo piuttosto che a Dio. Anzi, questo dovrebbe indurre i cattolici, quelli veramente tali, a contrastare sempre più il mondo, a tenerlo sempre più lontano, se possibile, pronti ad affrontare tutte le conseguenze, semplicemente in nome di Nostro Signore.
Tranne che, ovviamente, non si sia dato un immeritato credito all’insegnamento del Vaticano II che, come diceva Paolo VI, si è sforzato di essere il primo e più grande cultore dell’uomo.

È in questa ottica che vanno lette le diverse dichiarazioni rilasciate da Mons. Müller a proposito dell’accettazione del Concilio.
Quando egli afferma che occorre accettare tutto del Vaticano II, comprese la libertà religiosa, l’ecumenismo, la dichiarazione Nostra Aetate e le altre novità che quest’assise ha preteso di insegnare ex novo ai cattolici, a suo modo è nel giusto. Poiché il rifiutarle, dice lui, comporta il negare l’assenso a importanti questioni teologiche e quindi all’interezza della fede.
Ed è nel giusto, a suo modo, perché per i nuovi preti della nuova Chiesa l’interezza della fede non sta nell’interezza dell’insegnamento di Cristo, nella Tradizione apostolica, non più… ma sta nell’insieme di questo e di tutto ciò che insegnano anche gli uomini, sta in quel composto tutto moderno che oggi passa sotto il nome di “tradizione vivente”. Un insegnamento, cioè, che si evolve con l’evolversi dei tempi, un insegnamento che attinge al mondo e alla storia, perché, dicono i moderni teologi, il mondo è creatura di Dio e la storia è permeata dalla presenza del Suo Figlio Unigenito, venuto a salvare il mondo.
Mons. Müller ha perfettamente ragione quando afferma che queste novità inaudite insegnate dal Concilio hanno una valenza teologica, perché è indubbio che attengono alla stessa tenuta della fede. Ma è proprio per questo che un cattolico deve rifiutarle, perché costituiscono una sovversione del vero insegnamento cattolico, una sorta di rivoluzione che trasforma la dottrina insegnata dalla Chiesa per due millenni in una credenza filosofica dove ciò che prevale non sono i diritti di Dio, ma i diritti dell’uomo.

Cosa possiamo aspettarci da questo nuovo custode della dottrina della fede?
Forse la risposta sta nell’amara constatazione che ci spetterà ciò che ci meritiamo come cattolici che hanno ceduto alle lusinghe del mondo. Ragion per cui, per i cattolici che vogliono rimanere fedeli alla Tradizione della S. Chiesa è inevitabile che, con l’arrivo in Vaticano di Mons. Müller, si sia accentuata la necessità di dover inasprire quella resistenza che un vero cattolico deve praticare nei confronti dell’attuale gerarchia, fino a quando, come Dio vorrà, il