venerdì 19 luglio 2013

QUAM FIDEM?

Ho letto velocemente la prima enciclica scritta di papa Francesco o meglio dal duo Benedetto XVI – Francesco

Che sia un duo, ho meglio che siano due ad averci messo le mani, lo dice esplicitamente papa Francesco, così che nessuno dica che ciò non risponda al vero e questo già è una novità.

Con questo articolo vorrei evidenziare alcuni degli aspetti di questa enciclica e della fede in essa contenuta che, seppur ad una superficiale lettura, hanno catturato il mio interesse e stupore.

Senza nessuna pretesa riporto, commentandole alla luce del Magistero perenne, solo alcune “stranezze”  che, per contro, sembrano essere sempre in continuità con quello conciliare.

 

1)      ALCUNI NUMERI

La parola amore, scritta minuscola o maiuscola ricorre ben 142 più di 1/3 della parola fede che ricorre 383 volte, magari non sarebbe molto indicativo se non fosse per il fatto che il termine amore è ambiguo mentre, per indicare quello soprannaturale, come virtù teologale la Chiesa cattolica scrive Carità termine che compare solo 5 volte.

Fede, Speranza e Carità le tre virtù teologali, il  termine virtù compare solo 2 volte.

Il termine soprannaturale solo 3 volte.

Il termine cattolica solo 2 volte di cui una è una citazione, considerando che dovrebbe trattarsi della fede cattolica mi sembra un record.

Ma il record negativo spetta indovinate a chi?

Questo sconosciuto: il peccato.

Inferno e dannazione: mai (collegate al peccato).

Anima: 6 volte

Anche salvezza solo 9 volte

Tutto ciò in più di 80 pagine.

 

2)      DOPPIA NATURA DI FEDE

La fede nasce nell’incontro con il Dio vivente, che ci chiama e ci svela il suo amore, un amore che ci precede e su cui possiamo poggiare per essere saldi e costruire la vita. Trasformati da questo amore riceviamo occhi nuovi, sperimentiamo che in esso c’è una grande promessa di pienezza e si apre a noi lo sguardo del futuro. La fede, che riceviamo da Dio come dono soprannaturale, appare come luce per la strada, luce che orienta il nostro cammino nel tempo.

La fede è un ‘illuminazione soprannaturale, un dono di Dio, la seconda parte è esatta, la prima è errata perché non nasce, appunto, dall’incontro, in questo senso è come se la causa agente della fede sia contemporaneamente l’uomo e Dio che dialogano (lo si vedrà più avanti) nell’incontro e da questo incontro ne scaturirebbe la Fede.

Ciò è errato o quanto meno ambiguo e contrario al concetto di dono, perché non essendo parte della nostra natura, la fede, virtù soprannaturale, si aggiunge alla nostra facoltà intellettiva (intelletto possibile) e ci dà la possibilità di conoscere ciò che naturalmente non si può, cioè i misteri propri della nostra Fede, quindi di Dio, che, in qualità di Ente, è estrinseco a noi.

Più avanti si vedrà che questo concetto verrà totalmente negato: Dio non più oggetto di conoscenza.

 

3)      FUORI DALLA CHIESA?

L’immagine del corpo non vuole ridurre il credente a semplice parte di un tutto anonimo, a mero elemento di un grande ingranaggio, ma sottolinea piuttosto l’unione vitale di Cristo con i credenti e di tutti i credenti tra loro (cfr Rm 12,4-5). I cristiani sono “uno” (cfr Gal 3,28), senza perdere la loro indivi­dualità, e nel servizio agli altri ognuno guadagna fino in fondo il proprio essere. Si capisce allo­ra perché fuori da questo corpo, da questa unità della Chiesa in Cristo, da questa Chiesa che — secondo le parole di Romano Guardini1 — « è la portatrice storica dello sguardo plenario di Cristo sul mondo »,16 la fede perde la sua “misura”, non trova più il suo equilibrio, lo spazio necessario.

Quindi fuori della Chiesa non è che ci sono gli infedeli, gli eretici, gli scismatici, uomini destinati alla dannazione eterna, se non vi entrano, no, solo uomini che hanno perso la misura della fede, l’equilibrio, lo spazio necessario.

Non sono uomini senza lo Spirito Santo, senza la Grazia, in stato di peccato mortale ma individualità che hanno perso la misura della fede ecc.

Niente più Nulla salus extra ecclesiam!

Ma Extra ecclesiam nulla modum!

 

4)      ASSIST AGLI ERETICI

Se l’amore ha bisogno della verità, anche la verità ha bisogno dell’amore. Amore e verità non si possono separare. Senza amore, la verità di­venta fredda, impersonale, oppressiva per la vita concreta della persona. La verità che cerchiamo, quella che offre significato ai nostri passi, ci illu­mina quando siamo toccati dall’amore. Chi ama capisce che l’amore è esperienza di verità, che esso stesso apre i nostri occhi per vedere tutta la realtà in modo nuovo, in unione con la persona amata.

La prima cosa da notare è la mancanza di chiarezza nel termine amore, per cui non si capisce se si riferisce alla Carità, che è una virtù teologale soprannaturale, che informa la fede, oppure si parla di amore naturale.

L’errore è evidente perché la Verità senza amore potrà essere pure “fredda” e “impersonale” ma rimane sempre Verità.

Altra considerazione è: cosa vuol dire impersonale?

La verità non è personale, soggettiva se s’intende per personale che ogni persona ha una sua verità, siamo in pieno soggettivismo, invece la Verità è oggettiva, (adaequatio rei et intellectus) sembrerebbe quasi che l’amore determini cosa è la verità.

Poi oppressiva, infatti, come vedremo in seguito, la Verità non è un insieme di articoli o precetti.

L’Amore ha bisogno della Verità, infatti la prima Carità è dire la Verità, non è vero il contrario, infatti gli eretici pur amando, non con amore di Carità, professano anche alcune Verità ma non la Verità tutta intera.

La carità si perde con il peccato mortale, mentre non si perde la fede che è l’insieme delle Verità rivelate, come nella professione, si può dunque avere Verità senza carità, negli eretici, negli scismatici o negli infedeli è evidente, oltre al fatto che possiedono solo alcune verità.

Ciò è ancor più vero per un cattolico in stato di peccato mortale.

La verità quindi non ha bisogno dell’amore, se parliamo di Dio è vero che la verità e l’amore sono inseparabili nell’uomo invece purtroppo no!

Mentre non avremo mai carità senza verità è possibile il contrario.

Certamente tutto ciò è subordinato al significato assegnato al termine amore.

Questa frase è stata usata dall’eretico Vito Mancuso il quale ha visto, come dargli torto, in queste parole, una destituzione del freddo primato della dottrina e  che esse sanno ritrasmettere al meglio il senso evangelico della verità e che il senso della vita cristiana risieda esattamente in queste parole. http://www.vitomancuso.it/2013/07/06/la-paura-della-modernita/

Stendo un velo pietoso sul resto dell’articolo di questo pericolosissimo eretico!

 

5)      IL PECCATO ORIGINALE

Ne parlare del battesimo in un piccolo paragrafo leggiamo molte cose tra cui: L’acqua del Battesimo è fedele perché ad essa ci si può affidare, perché la sua corrente immette nella dinamica di amore di Gesù, fonte di sicu­rezza per il nostro cammino nella vita.

Ma in realtà l’acqua del battesimo cancella anzitutto il peccato originale, ci conferisce la Grazia Santificante e ci fa diventare cattolici, liberandoci così dalla schiavitù di satana.

Sottigliezze.

 

6)      21 RIGHE

Tante sono quelle dedicate alla natura sacramentale della fede che trova la sua espressione massima nell’Eucaristia.

Non sarà forse che trattando approfonditamente dell’Eucaristia l’aspetto ecumenico di questa enciclica possa offuscarsi?

Leggiamo: Nell’Eucaristia impariamo a vedere la profondità del reale. Il pane e il vino si trasformano nel corpo e sangue di Cristo, che si fa presente nel suo cammino pa­squale verso il Padre: questo movimento ci intro­duce, corpo e anima, nel movimento di tutto il creato verso la sua pienezza in Dio.

Perché non usare mai il termine corretto transustanziazione?

Perché non dire, com’è di Fede, che si fa presente realmente nel sacrificio incruento dell’altare, nella santa Messa ripresentazione dell’unico sacrificio cruento avvenuto nella passione e morte di Gesù?

Troppo difficile?

Non credo, che significa cammino pasquale verso il Padre?

La frase è del tutto sconnessa anche in senso reale perché il Figlio è sempre nel Padre (circumsessio) quindi, non cammina verso il Padre nè lo fa con la sua ipostasi (Cristo).

Con la sua presenza reale nell’eucaristia si offre al padre come sacerdote e vittima ancora una volta sugli altari per la nostra salvezza e come cibo della nostra anima, questo “movimento”, che dovrebbe essere un sacramento, non ci introduce nel movimento di tutto il creato!

Ma se “questo movimento” (sic!) ci introduce vuol dire che prima ne eravamo fuori oppure eravamo statici, il che potrebbe anche essere, ma com’è possibile che tutto il creato sia in movimento verso la pienezza di Dio prima di noi, infatti se è questo movimento che ci introduce è chiaro che il creato è già in questo movimento.

Vien da domandarsi però: o il movimento del creato verso la pienezza di Dio avviene in forza di un movimento proprio e senza l’eucarestia, visto che fisicamente non ne può usufruire, e quindi il creato di per sè tende alla sua pienezza in Dio (sembrerebbe quasi un pantesimo gnostico) oppure anch’esso usufruisce, anzi usufruiva, dell’Eucarestia ancor prima dell’eucarestia stessa, visto che essa ci introduce in un movimento presupposto.
Mah!

Forse che il mio cucciolo di Breton, Oliver, che fa parte del creato, muove la sua pienezza in Dio?

Forse anche lui va verso la sua pienezza in Dio?

Non è che i due papi hanno letto il catechismo alla bolzanese.(vedasi vecchio post)

Semmai, per la sua natura, in quanto creatura e partecipante dell’essere vien mosso e mantenuto nell’essere in quanto tale.

E’ da notare che è posta in risalto la pienezza del creato, infatti dice “sua” in Dio

In realtà Egli ci unisce fisicamente a Lui, per accidens, nella comunione, conferendoci ulteriori grazie ed un aumento della Grazia santificante.

 

7)      NESSUN DEPOSITO MA MEMORIA FIDEI

 

Nella celebrazione dei Sacramenti, la Chie­sa trasmette la sua memoria, in particolare, con la professione di fede. In essa, non si tratta tanto di prestare l’assenso a un insieme di verità astratte. Al contrario, nella confessione di fede tutta la vita entra in un cammino verso la comunione piena con il Dio vivente. Possiamo dire che nel Credo il credente viene invitato a entrare nel mistero che professa e a lasciarsi trasformare da ciò che pro­fessa.

La Chiesa quindi non trasmette più il deposito della Fede, un ‘oggetto affidato da Dio Rivelante ad un soggetto fisico con lo scopo di mantenerlo intatto, no, trasmette la sua memoria, frase ambigua dall’evidente accenno antropologico.

Ma la cosa grave è la frase successiva, contraria sempre a ciò che sempre è stato insegnato, la professione di Fede è formata di nozioni, di concetti che si chiamano appunto articoli di Fede e noi dobbiamo assenso d’intelletto e volontà a queste Verità rivelate.

Si propone la solita frase ambigua che si fonda come le altre sul cammino, l’amore, l’incontro.

Nel credo il credente aderisce  con le sue facoltà, con le potenze dell’anima a ciò che Dio per mezzo della Santa Chiesa ci propone a credere.

Se qualcuno pensasse che si trattasse solo di una frase estrapolata eccone una seconda: Altri due elementi sono essenziali nella tra­smissione fedele della memoria della Chiesa.

Ma il termine memoria, memoriale è quello che, a proposito dei sacramenti, fa la differenza tra la Actio del sacerdote in persona Christi e la celebrazione dei fedeli riuniti in assemblea presieduta dal presidente ove si fa memoria, appunto, dell’ultima cena, un simbolo più che un segno!

Lutero:“la messa non è un sacrificio, o l’azione del sacrificatore... Chiamiamola benedizione, eucarestia, mensa del Signore o memoriale del Signore. Le si dia qualunque altro nome, purché non la si macchi col nome di sacrificio” .

Memoria della Chiesa, svilisce, a mio parere, se non elimina, il concetto di Tradizione, la quale, nella memoria della Chiesa può anche perdersi, mentre essa è una delle due fonti della Rivelazione!

Tramandando più la memoria, che è un fatto tipico umano, si da risalto oltre modo all’importanza del soggetto Chiesa quale strumento di trasmissione dell’oggetto della Chiesa che è il depositum fidei, il soggetto Chiesa è passibile e cangiante, l’oggetto immutabile ed eterno: le verità rivelate.

Proprio dal fatto che lo Spirito Santo  “ricorderà quanto detto” porre la questione in questi termini non esalta l’azione dello Spirito Santo ma solo la capacità del soggetto chiesa di trasmettere se stessa.

L’obiezione quindi dell’assistenza dello Spirito, semmai si sollevasse, è così risolta.

Si rafforza il concetto di Tradizione vivente, ecco qua: La fede, infatti, ha bisogno di un ambito in cui si possa testimoniare e comunicare, e che questo sia corrispondente e proporzionato a ciò che si comunica. Per trasmettere un contenuto meramente dottrinale, un’idea, forse basterebbe un libro, o la ripetizione di un messaggio orale. Ma ciò che si comunica nella Chiesa, ciò che si trasmette nella sua Tradizione vivente, è la luce nuova che nasce dall’incontro con il Dio vivo, una luce che tocca la persona nel suo centro, nel cuore, coinvolgendo la sua mente, il suo volere e la sua affettività, aprendola a relazioni vive nella comunione con Dio e con gli altri.

Come sappiamo invece la Tradizione è viva perché immutabile e crescente omogeneamente secondo quanto specificato da S. Vincenzo di Lerino e nel concilio vaticano I2 (eodem senso eadem sententia) mentre il magistero, quale organo trasmittente è vivente.

Ancora:

Il passato della fede, quell’atto di amore di Gesù che ha generato nel mondo una nuova vita, ci arriva nella memo­ria di altri, dei testimoni, conservato vivo in quel soggetto unico di memoria che è la Chiesa.

La Chiesa quindi non è più  l’organo trasmettitore deputato a mantenere intatte le Verità (oggetto) rivelate contenute nelle Sacre Scritture e nella Tradizione ma soggetto unico di memoria, tale memoria in un soggetto fisico può svanire, sbiadire, perdersi.

La Chiesa, come ogni famiglia, trasmette ai suoi figli il contenuto della sua memoria.

Di fatto la parola deposito è usata solo 1 volta in tutto il testo peraltro per citare una lettera di San paolo.

La Chiesa trasmette ai suoi figli il deposito della fede non la sua memoria, che di fatto è una cosa assurda, quando dico a mio figlio ricordati di dire il rosario non gli trasmetto mica la mia memoria!

 

 

8)      IL DESERTO DELL’IO

 

Ovvero il decalogo.

Capolavoro in stile ratzingeriano è la seguente frase: Il Decalogo non è un insieme di precetti negativi, ma di indicazioni concrete per uscire dal deserto dell’ “io” autoreferenziale, chiuso in se stesso, ed entrare in dialogo con Dio, lasciandosi abbracciare dalla sua misericordia per portare la sua misericordia.

No proprio no, ciò non è vero, nessun dialogo, Dio impone un ordine al tutto, liberamente noi possiamo aderire o meno, ma l’atto disordinato viola quest’ordine è si materializza il peccato che nel caso del decalogo merita la morte eterna, la dannazione per l’offesa arrecata.

Nessun accenno al pentimento, alla richiesta di perdono.

Come si concretizza la misericordia di Dio nei nostri confronti?

Sul piano dell’economia della salvezza in generale,il  Dio-uomo, Gesù, paga il prezzo dell’offesa col suo sacrificio rendendo giustizia e soddisfazione al Padre da noi infinitamente offeso, sul piano individuale, grazie ai meriti di Cristo, con il battesimo, la confessione e quel che ne consegue.

Per i due papi, come tutti ormai “normalmente” dicono, la misericordia avviene così, in dialogo, sic et simpliciter.

 

9)     DANNO A CHI?

 

Pro­prio perché tutti gli articoli di fede sono collegati in unità, negare uno di essi, anche di quelli che sembrerebbero meno importanti, equivale a dan­neggiare il tutto.

La frase è totalmente estranea al concetto di danno che subisce l’anima, infatti negando pertinacemente uno o più articoli di fede si diventa eretici e quindi separandosi dalla Chiesa ci si trova in stato di peccato mortale perdendo così la Grazia santificante.

Il termine tutto se è riferito alla Fede divinamente rivelata è completamente errato perché nessun eretico o infedele o chicchessia negando la Verità potrà danneggiarla.

Infatti col peccato, come si insegna, si offende Dio ma certamente non lo si danneggia o lo si  diminuisce in qualche modo.

Se invece fosse riferito all’uomo, al quale dovrebbe essere diretto e più propriamente appartiene il danno, la frase è ugualmente errata o almeno non spiega quale sia il danno.

E’ vero che col peccato originale anche il corpo dell’uomo fu ferito, ma il danno maggiore lo subisce l’anima e non il tutto.

Se commetto un peccato mortale la mia parte fisica rimane inalterata mentre l’anima perde la sua amicizia con Dio e viene danneggiata e meritevole di morte.

Se invece col termine “tutto” si vuol significare la dignità morale o totale, ma dubito che questo concetto appartenga ai due papi, allora potrei anche accettarlo.

D'altronde i gravi errori del concilio si basano proprio sulla mancata distinzione di dignità naturale e totale.

Domanda: perché specificare con la frase anche quelli che sembrerebbero meno importanti?

Vi sono forse per Ratzinger o Benedetto XVI, dogmi più o meno importanti, fondamentali e non fondamentali?

Se lui non la pensa così è evidente che quella esposta è una tautologia.

Oppure siamo di fronte all’ennesimo errore ermeneutico del concilio Vaticano II?

In UR 11 infatti ricordiamo che si parla di gerarchia delle Verità in senso ambiguo e soprattutto, per fini ecumenici, è stato interpretato nel modo per cui ci sono delle Verità più importanti ed altre meno (i dogmi mariani, per esempio, che ci separano, giustamente, dagli eretici).

 

 

10)REGALITA’ SOCIALE DELL’UOMO

 

Se foste del mondo, il mondo amerebbe ciò che è suo; poiché invece non siete del mondo, ma io vi ho scelti dal mondo, per questo il mondo vi odia. (Giovanni 15:19)

 

Invece abbiamo nell’enciclica: La fede non allontana dal mondo e non risulta estra­nea all’impegno concreto dei nostri contempo­ranei.

Ma come, è un imperativo del cattolico fuggire il mondo, è una delle tre concupiscenza con cui combatte giornalmente per tutta la sua vita, il mondo è stato giudicato dice Gesù, come il principe di questo mondo.

La seconda parte della frase potrebbe ancora essere in linea con la fede cattolica se fosse più chiara cioè se i nostri contemporanei fossero cattolici e tutti tesi ad instaurare sulla terra il regno di Dio, la sua Chiesa, per mezzo della Regalità sociale di Nostro Signore Gesù Cristo, ma non vi sarebbe posto, in questo caso, per il mondo che verrebbe allontanato, anzi distrutto e schiacciato dalla Città di Dio anche su questa terra.

Di che fede si tratta?

Forse la fede dei nostri contemporanei buddisti o musulmani o giudei potrebbe contribuire ad edificare la città di Dio?

Ad edificare il regno di Dio su questa terra, la Chiesa Cattolica?

Quam fidem?

 

11)  ANTROPOCENTRISMO

 

Celso rimproverava ai cristiani quello che a lui pareva un’illusione e un inganno: pensare che Dio avesse creato il mondo per l’uomo, ponen­dolo al vertice di tutto il cosmo. Si chiedeva al­lora: « Perché pretendere che [l’erba] cresca per gli uomini, e non meglio per i più selvatici degli animali senza ragione? »,46 « Se guardiamo la ter­ra dall’alto del cielo, che differenza offrirebbero le nostre attività e quelle delle formiche e delle api?

Questa frase ci fa comprendere come totalmente sia ribaltata la fede cattolica, se Celso rimproverava ai cristiani di porre l’uomo al centro di tutto faceva bene, evidentemente si trovava davanti a degli antesignani del concilio e della Gaudium et Spes dove si trova la famosa frase equivoca: hominem, qui in terris sola creatura est quam Deus propter seipsam voluerit” (GS 24.4)

In essa si afferma che l’uomo è “il centro e il vertice di tutto quanto esiste sulla terra (omnia quae in terra sunt ad hominem tamquam ad centrum suum et culmen ordinanda sunt)” (GS, 12.1). Che l’intero mondo e persino l’universo siano ordinati all’uomo,  contrasta con quanto affermato dalla Bibbia e sempre ritenuto dalla teologia ortodossa: “Universa propter semetipsum operatus est Dominus” (Prov. 16, 4)

La dottrina corretta, sempre insegnata dalla Chiesa a proposito della creazione, è che Dio ha voluto tutte le cose per la Sua gloria: nella creazione Egli celebra se stesso, non l’uomo. S. Tommaso: “Dio vuole le cose finite in quanto vuole sé stesso creante le cose finite: ‘Sic igitur Deus vult se et alia: sed se ut finem, alia ad finem’ (ST, I, q. 19. a. 2). Quindi le cose finite che vuole le vuole per sé stesso, non per sé stesse, non potendo il finito essere il fine dell’infinito né potendo la divina volontà essere attratta e passiva rispetto al finito”. Nella religione, “che ordina tutto a Dio e non all’uomo”, la “centralità finalistica” dell’uomo, così cara allo spirito dell’uomo contemporaneo, “non ha fondamento alcuno”.

Celso dunque aveva più fede e buon senso dei cristiani di oggi.

Si persevera nell’errore di GS.3

 

Qualcuno obietterà ancora che invento tutto, allora riporterò quest’altra frase: Al centro della fede biblica, c’è l’amore di Dio, la sua cura concreta per ogni persona, il suo disegno di salvezza che abbraccia tutta l’umani­tà e l’intera creazione e che raggiunge il vertice nell’Incarnazione, Morte e Risurrezione di Gesù Cristo. Quando questa realtà viene oscurata, vie­ne a mancare il criterio per distinguere ciò che rende preziosa e unica la vita dell’uomo. Egli per­de il suo posto nell’universo, si smarrisce nella natura, rinunciando alla propria responsabilità morale, oppure pretende di essere arbitro asso­luto, attribuendosi un potere di manipolazione senza limiti.

Tutto ciò non corrisponde esattamente alla realtà perché non mette in risalto che:

1)      La fede esplicita è necessaria alla salvezza mentre qui si parla di realtà oscurata, tutto è visto dal punto di vista dell’uomo

2)      Non avere la Fede significa essere in peccato mortale, negare il primo comandamento

3)      In questo stato non si  per­de il … posto nell’universo, non ci  si smarrisce nella natura ma si perde l’anima e si va all’inferno.

Ancora una volta si mette l’accento sul posto dell’uomo nell’universo.

 

 

 

NOTE:

1)      Tutto un programma, ecco chi è tal Guardini: Romano Guardini è definito "Padre della Chiesa del XX secolo" dalla sua biografa Hanna-Barbara Gerl-Falkovitz. I suoi studi ebbero per oggetto temi tradizionali riesaminati alla luce delle sfide della modernità e reciprocamente l'analisi di problemi attuali affrontati dal punto di vista cristiano e in specie cattolico. Egli è teologo di riferimento anche per papa Benedetto XVI, il quale volentieri lo ha citato nelle proprie numerose pubblicazioni teologiche. Riferendosi allo sviluppo del pensiero di Guardini, Joseph Ratzinger evidenzia, tra l'altro, l'originaria posizione più vicina alle tesi liberali e successivamente il progressivo avvicinarsi dell'autore a posizioni più tradizionali. Guardini è considerato peraltro uno dei più significativi rappresentanti della filosofia e teologia cattolica del XX secolo, in specie per quanto riguarda la liturgia, la filosofia della religione, la pedagogia, l'ecumenismo e in generale la storia della spiritualità. Nella sua prima grande opera: Lo spirito della liturgia (1917) Guardini pose le pietre miliari del cosiddetto “Movimento liturgico” e del rinnovamento della liturgia. Con tale contributo egli influenzerà fortemente la riforma liturgica poi avviata dal Concilio Vaticano II.  (fonte : wikipedia) HAI CAPITO!

2)      Si deve notare che l’errore sembrerebbe essere derivato da un ‘errore di traduzione, poco importa perché poi questa frase fa parte del nuovo catechismo della chiesa cattolica.

3)      Sessione III cap. IV.