sabato 27 aprile 2013

PER RINFRESCARE LA MEMORIA


 



Ecumenismo a senso unico

Commento A Mons. Gerhard Ludwig Müller



Nell’autunno del 2012, Mons. Gerhard Ludwig Müller, neoprefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede (CDF), in riferimento all’attuale “contenzioso” che oppone la Santa Sede e la FSSPX, nell’intervista concessa alla radio tedesca “Norddeutsche Rundfunk”, si è così espresso:
La porta è aperta… ma non vi è alcun compromesso in termini di fede cattolica soprattutto perché tutto è stato definito regolarmente dal Vaticano II. Non possiamo rinnegare la fede cattolica, non ci può essere nessun compromesso.”

L’immediata impressione che si avverte e si ricava da questa dichiarazione dice come la Chiesa e il Magistero si dimostrino paradossalmente rigide, sul terreno dell’ortodossìa, proprio con chi – la Fraternità - si professa per il rispetto e per la conferma della stessa ortodossìa e della Tradizione.
Ma tutti conoscono che il tema del contendere non è tanto una certa “ortodossìa” in sé, quanto l’accettazione della supposta ed imposta validità, inalterabile ed inoppugnabile, del Concilio Vaticano II, di questo concilio e delle formulazioni contenute nei suoi documenti, a cui Benedetto XVI ha attribuito “l’ermeneutica della continuità”, vale a dire un Vaticano II che si pone in linea, coerente e regolare con tutti i precedenti concilii e con la Tradizione, senza alcuna soluzione di continuità.

Ora, la FSSPX, almeno fin quando la dirigeva Mons. Lefebvre, lo ha sempre ritenuto e considerato come inficiato di errori e di stravolgimenti in traduzione modernista, e necessariamente lo ripudia come fonte di “dottrina tradizionale” tanto più che il carattere impressogli da Giovanni XXIII è quello della pastoralità e non della dogmaticità. Parere condiviso da molti ed autorevoli studiosi.

Ma non ci attarderemo a commentare l’objectum litis che divide le due realtà dacché, a chi voglia, con un po’ di raziocinio e di rettitudine, osare in tal senso osserverà che un Concilio “pastorale”, che niente di dogmatico ha voluto dire e definire – e ciò per affermazione di Paolo VI (Discorso udienza generale - 12 gennaio 1966) - non può, in verità, dirsi argomento intoccabile o, quanto meno, vietato ad approfondimenti anche critici. Interessa, invece, a questo nostro commento, esaminare la disparità di approccio, di tono e la disponibilità che il cardinal Prefetto, in tema de defensione fidei, dimostra di usare, qui con la FSSPX quale entità cattolica e là con le altre realtà religiose non cristiane.
Nella sua apertura di dichiarazione ci pare che egli si rifaccia alla parabola del figliolo prodigo a cui il padre ha sempre lasciato aperta la porta per un ritorno. Cosa che avviene per la gioia paterna e per il riscatto del peccatore.
Si fa più festa in paradiso per un peccatore pentito che per cento giusti. Parola del Signore.

Se non che, mentre alla Fraternità si lascia la porta spalancata, nessun compromesso patteggiando per un rientro che si configura come resa senza condizioni, la Santa Chiesa, la Gerarchia, il Magistero e il Santo Padre, quella porta aperta - che secondo il salmista deve accogliere i giustificati che rientrano per essa: “Haec porta Domini, justi intrabunt in eam” (Ps. 117, 20) - l’hanno da tempo varcata, attraversata e sono usciti andando incontro al mondo, anzi, sono entrati nel suo più interno cubicolo festeggiando, con esso, non l’adesione e la conversione al Vangelo, ma sottoscrivendo la stipula di un’amicizia collaborativa per la quale, datasi stima vicendevole, cadono le barriere dottrinarie e le reciproche scomuniche, collimano i princìpii, cade il Primato di Pietro e, con ciò, ci si assicura una coesistenza pacifica, senza troppi sgomitamenti.

Coesistenza pacifica e aggregazione che si vuol spacciare per “unità”.
È la scoperta dell’ecumenismo irenico e del dialogo sterile e verboso, sicché, usciti i pastori dall’ovile per andare lungo le vie e i salotti del mondo, il gregge è stato affidato a volpi, faine e lupi. E in questa cordiale visitazione delle realtà mondane, con le carte di credito di Gaudium et Spes – “l’Antisillabo”come è stato definito dal cardinale J. Ratzinger, fotocopia della rivoluzionaria carta dei diritti del 1789 – di Lumen Gentium, di Dignitatis humanae, di Nostra Aetate, la “pastorale” ecclesiale si è messa a lavorare all’esterno – extra moenia - per accordi e compromessi di non solo mero riconoscimento e di accettazione delle rispettive identità ma addirittura, come proveremo, di svendite, di baratti e di patteggiamenti dogmatici e liturgici.

Il famigerato “patto di Metz” (1962) è considerato il progenitore dei compromessi con il quale la Santa Sede, regnante Giovanni XXIII, rifiutò, quale pregiudiziale imprescindibile al Concilio, il dibattito sul Comunismo ateo e la relativa sua condanna. Si trattò di un peccato mortale contro la carità fraterna, di un disonesto e proditorio abbandono dei cattolici della Chiesa del Silenzio a favore di un “dialogo” privilegiato, sul piano politico-diplomatico, con i loro aguzzini comunisti. Cinica replica dell’antico patto Sinedrio/Giuda, che non si dica essere corrispondenza sproporzionata e oltremodo lesiva, dal momento che proprio il santo e martire vescovo, Joseph Mindszenty, constatò come Paolo VI avesse lasciato in balìa del comunismo, con la sua Ostpolitik, intere nazioni cristiane, condannandole alle catacombe, con la più eminente vittima che fu proprio lui, il Primate d’Ungheria.

Non diversamente fu l’accorata denuncia del cardinale Jàn Korec che così giudicò l’Ostpolitik:
Per noi fu veramente una catastrofe, quasi come se ci avessero abbandonato, buttato via… Questo è stato il dolore più grande della mia vita. I comunisti così, hanno avuto nelle loro mani la pastorale pubblica della Chiesa” (Intervista - Il Giornale 18/7/2000 – cit. in Roberto de Mattei, Il Concilio Vaticano II – una storia mai scritta, Ed. Lindau 2010, pag. 566).

Percossi i pastori, le pecore vennero tutte disperse ed oggi, nelle nazioni che un tempo furono ostaggio del satanico comunismo marxista, regna un clima di ateismo, di immoralità e di agnosticismo spaventoso. Ma v’è certezza e speranza che il Signore, giusto e misericordioso, avrà presentato il conto ai varii Paolo VI, Bea, Tisserant e Casaroli (cfr.: Jean Madiran, L’accordo di Metz, Ed. Il Borghese 2011).

Ora, se il certificato di nascita del Vaticano II porta un timbro ignominioso, connotato dal tradimento e sancito ulteriormente con l’ammettere a ruolo di “periti” teologi coloro che il precedente Magistero aveva condannato: de Lubac, Rahner, Congar, Kung, Schillebeeckx e compagnia cantando, viene allora più che lecito opinare o dubitare anche sulla presenza dello Spirito Santo ispiratore e garante dell’assise.
Legittimo, infatti, il sospetto in tal senso se si pensa che Giovanni XXIII e successivamente Paolo VI smentirono la dottrina e il magistero di Pio XII. “Si dice che Padre Pio – il quale si fece fare un indulto personale per continuare a dire la vecchia messa – alla notizia dell’apertura del Concilio Vaticano II abbia esclamato “Chiudetelo subito (Rino Cammilleri, Antidoti, ed. Lindau 2010 pag. 118).

Il primo risultato lo ha rilevato lo stesso Paolo VI quando, davanti alle macerie dello “spirito del Concilio”, ebbe un moto di allarmata afflizione e di sgomento, o di resipiscenza, per “ avere la sensazione che da qualche fessura sia entrato il fumo di Satana nel tempio di Dio.” (Paolo VI, Omelia, 29 giugno 1972). Ma il Pontefice fu minimalista a definirle fessure, trattandosi, invece, come in seguito si verificò, di autentiche crepe e brecce.

Ma vediamo come e qualmente il Magistero e il cardinal Prefetto spartiscono l’azione pedagogica e pastorale con le altre realtà confessionali, quelle che non sono Chiesa di Cristo. Intanto, come tassello di una scheda identificativa dello stesso prelato, e per conoscere quale sia il pulpito da cui proviene la predica, va ricordato che chi afferma di non poter concedere compromessi o rinnegamenti sul terreno della fede è colui che, in teologia dogmatica cristologica e mariana, ha avuto modo ed agio di esibirsi in elucubrazioni e teologumeni eversivi che - la cosa si commenta da sé - rappresentano non solo un compromesso o un aggetto con la più schietta eresia luterana, ma sono lo scarico, la rottamazione di tutta la teologia cattolica, quella che a Costantinopoli, ad Efeso, a Trento e a Roma 1870 fu fissata in canoni di fede con l’anatèma per chi avesse osato sovvertirli.
E sono i concilii in cui s’è data chiarezza, definizione e certezza sul mistero della Presenza Reale di Cristo nell’Eucaristia, che dichiararono Maria Madre di Dio – Theotokos -, Immacolata ed Assunta in cielo “corpore et spiritu” e che han definito lo Spirito Santo coeterno al Padre e al Figlio e da Essi procedente, e che han confermato essere, la Chiesa di Cristo, la sola ed esclusiva portatrice di salvezza: Extra Ecclesiam nulla salus e di contro: Omnes dii gentium daemonia (Ps. 95,5).
Perciò, ogni ramo o tralcio staccato dal tronco della Catholica non porterà frutto. Parola eterna di Gesù.

Dalla neoterica “teologia” del cardinal Prefetto apprendiamo, invece, che
Il Corpo e il Sangue di Cristo in realtà non significano i componenti materiali della Persona umana di Gesù durante la sua vita terrena o nella sua corporalità trasfigurata. Qui il Corpo e il Sangue di Cristo significano Presenza di Cristo nei segni dei mezzi del pane e del vino” (La Messa, fonte della vita cristiana, 2002).

Formulazione farraginosa e intellettualistica e sfacciatamente eretica. Detto in sintesi, vuol dire che, eliminata la pretenziosa, scolastica, impronunciabile ed inconcepibile “Transustanziazione” - come se nel mistero eucaristico ci sia qualcosa di razionalmente concepibile! – la presenza di Gesù è soltanto “significata”, cioè “non è reale”. Basta, pertanto, al cardinal Prefetto sostituire il verbo “essere” con “significare”, e il gioco, già praticato in precedenza col noto “subsistit” (Lumen Gentium 8/b), è fatto. Sicché Cristo diventa un significato, un ologramma, una proiezione dei mezzi fisici – pane e vino – in quanto significanti di carattere puramente pedagogico pertinente a quella categoria che lo stesso cardinal Prefetto ha chiamato “Transfinalizzazione”. Non più mutazione di sostanze ma trasferimento di esse al livello di una metasemantica e di un metatelismo.
Con siffatto lessico, di nullo significato se non di roboante fonetica, vanno a farsi stritolare, nella tramoggia delle anticaglie, tutte le manifestazioni miracolose – il Sangue divino di Bolsena (1263), la Carne divina di Lanciano (VIII sec.), l’Ostia divina che s’innalza in aria a Torino (1453), le divine particole ancora intatte di Siena (1730), le gocce di Sangue divino nel calice a Firenze (1230) - e tutto il prezioso corredo teologico, patristico e dottorale che, in tema Eucaristico, ci avevano assicurato che Gesù – così recita ancora il benedetto Catechismo di san Pio X – è “realmente presente nel Pane e nel Vino in Corpo, Sangue, Anima e Divinità”.
Ma un colpo di scopa, ed ecco che il custode della Santa Fede ci “aggiorna” sulla novità: quelle che riceviamo, il pane o il vino, sono delle sostanze che hanno funzione significativa, indicativa ed emblematica – diciamo, simbolica - di una realtà, sì grandiosa e trascendente, che però non è lì, dentro le specie che sono soltanto “segni” dialettici, ma sta in una fede che, librandosi da questi, si deve “riconvertire” alla realtà di un Cristo virtuale nell’aura di finalità trascendenti. Transfinalizzazione, appunto.

Potremmo, per obiettare, servirci della sempre poderosa e chiarissima scienza teologica del santo Aquinate che, in S. Th. III, q. LXXV a. 1/8 (de conversione panis et vini in Corpus et in sanguinem Jesu Christi), e in III, q. LXXVI a. 1/8 (De modo quo Christus existit in hoc sacramento) propone, esamina e conclude secondo l’ortodossìa più specchiata. Ma si potrebbe mormorare che anche la dottrina di un santo dottore può incappare nel soggettivismo, perciò ci serviremo dei canoni conciliari che, emessi sotto l’assistenza garantita ed illuminante dello Spirito Santo, sono stati recepiti quale indefettibile e perenne dottrina di fede. Essi smentiscono l’affermazione del cardinal Prefetto.

Ecco come, nel Concilio di Trento (1548 – 1563) che, assistito dallo Spirito Santo, generò una Chiesa rafforzata e maggiormente santa, i padri definirono il Mistero della presenza reale di Gesù Cristo nelle specie del pane e del vino:
Si quis negaverit in Sanctissimae Eucharistiae Sacramento contineri vere, realiter et substantialiter Corpus et Sanguinem una cum anima et divinitate D. N. J. C. ac proinde totum Christum, sed dixerit tantummodo esse in eo ut in signo vel figura, aut virtute, anatema sit.” – Se qualcuno negherà che nel santissimo sacramento dell’Eucaristìa è contenuto veramente, realmente e sostanzialmente il Corpo e il Sangue del N.S.G.C. con l’anima e la divinità e, quindi, Cristo tutto intero, ma dirà che esso vi è solo come in simbolo o in figura o solo con la sua potenza: sia scomunicato. (Sessione XIII 11/ottobre/1551 – sull’Eucaristia – canone 1 – Conciliorum Oecumenicorum Decreta, Ed. EDB 2002, pag. 697).

Si quis dixerit in Sacrosancto Eucharistiae Sacramento remanere substantiam panis et vini una cum Corpore et Sanguine D. N. J. C. negaveritque mirabilem illam et singularem conversionem totius substantiae panis in Corpus et totius substantiae vini in Sanguinem, manentibus dumtaxat speciebus panis et vini, quam quidem conversionem Catholica Ecclesia aptissime Transsubstantiationem appellat, anatema sit” – Se qualcuno dirà che nel sacrosanto sacramento dell’Eucaristìa rimane la sostanza del pane e del vino insieme al Corpo e al Sangue di N.S.G.C. e negherà quella mirabile e singolare conversione di tutta la sostanza del pane nel Corpo e di tutta la sostanza del vino nel Sangue, rimanendo soltanto le specie del pane e del vino, conversione che la Chiesa cattolica chiama con un termine assai proprio TRANSUSTANZIAZIONE, sia scomunicato. (idem – canone 2 c.s.)

Non sembra essere questa la dottrina del cardinal Prefetto della CDF e, per quanti arabeschi dialettici si possano tracciare in punta di esegesi, un conto è il misterioso fenomeno della mutazione di due sostanze in altro, e un conto essere, le specie del pane e del vino, meri mezzi e simboli che, nel contesto di una consacrazione, conducano a livelli di astrattezza simbolica ove sia possibile modellare una realtà virtuale del Cristo.

Vediamo, ancora, come sta messo il cardinal Müller in termini di teologia mariana. Nel suo Katholisches Dogmatik. Fur Studium und Praxis der Teologie, Friburgo 2003, così scrive sul tema della virginità fisica della Madonna:
La dottrina della perpetua virginità di Maria non è tanto relativa alle specifiche proprietà fisiologiche durante l’atto naturale del parto… ma piuttosto alla guarigione e all’azione salvatrice della grazia del Salvatore verso la natura umana”.

La teologia mariana del cardinal Müller è acqua sciapa e tossica, mineralizzata con i sali di Karl Rahner il cui pensiero in tema, fortemente riduttivo e di totale caratura antropologica che declassa il concetto di iperdulìa a quello di semplice reverenza o considerazione, (Virginitas in partu, Ed. Paoline 1965), è stato acutamente denudato e svelato da padre Alessandro M. Apollonio (Rilievi critici sulla mariologia di Karl Rahner, in Karl Rahner: un’analisi critica, Cantagalli 2009 pag. 223/252).
Come Rahner, infatti, e non diversamente da Karl Barth – colui che ha definito il culto mariano “il cancro del cattolicesimo” – Müller sembra voler intendere il dogma della virginità unicamente come una “funzione” di purezza accreditata all’astratta natura umana in virtù della grazia salvifica di Cristo, per cui l’integrità fisica diventa un elemento accidentale se non addirittura ininfluente, superfluo. Maria è Vergine nello spirito, questo è quello che conta, sembra dire il cardinal Prefetto. In tali affermazioni, ove il corpo e la carne sono temi centrali, pare che emerga una nota di antica gnosi spuria – come la chiama don Ennio Innocenti – la cui cifra culturale è il dispregio della materia, l’Incarnazione risultando uno scandalo e la resurrezione finale della persona un’ipotesi da relegare in una Totalità indistinta e abissale.
Tutto, onde poter esser compreso, dice Rahner, deve esser ridotto ad antropologìa sicché la figura di Maria dovrà essere collocata nelle coordinate della quotidianità, dell’ovvio, della semplicità di una natura comune, della minuterìa di una vita paesana, così come, infatti afferma:
Maria deve apparire anche come la donna del popolo, la povera, la discente, che vive attingendo alla situazione storica, sociale e religiosa del suo tempo e della sua gente. Ella non va vista come un essere celeste, ma come una creatura umana, che ha accettato per sé e per gli altri, dalla e nella ordinarietà della propria situazione…” (K. Rahner, Maria e l’immagine cristiana della donna, in Dio e rivelazione. Nuovi saggi, ed. Paoline 1981, cit. in Karl Rahner: un’analisi critica, op. cit. pag.229).
Padre Alessandro M. Apollonio definisce questa prosa, e questo concettismo, una “mariologia da telenovela” che sarà ripresa con maggiore ampiezza, brutalità, sciatteria iconografica e lessicale da rotocalco e giulebboso umanesimo, da don Tonino Bello, altro mariologo (!) che ha lavorato a fondo per togliere l’aureola a Maria “perché vogliamo vedere quanto sei bella a capo scoperto” (Maria: donna dei nostri giorni, Ed. San Paolo 1993/2011, pag. 12), evidenziando un fastidio per Colei che è Concepita Immacolata, Madre di Dio, Assunta in cielo in corpo e anima, Corredentrice e Madre della Chiesa. Sul quale autore, chi avesse interesse a dilatare il tema e a conoscere chi è colui di cui si allestirà, fra breve, il processo di beatificazione (!), vada a leggersi la lucida e impietosa relazione critica del padre Paolo M. Siano apparsa in Fides catholica, anno VII – n. 2 – 2012, pagg. 27/94.

Il lettore avveduto noterà come il concetto rahneriano, mülleriano e belliano differiscano soltanto per costruzione linguistica e lessicale, comune essendo il sostrato ideologico e dottrinario. È quel tipo di avversione luterana al culto di Maria che ha segnato lo stesso padre Yves Congar, nume tutelare e metastasi del progressismo conciliare, vantatosi per aver fatto naufragare la promozione di Maria Santissima a “Mediatrix omnium gratiarum” (Y. Congar cit., in: Roberto De Mattei, Il Concilio Vat. II – op. cit., pag. 317) e per aver fatto “il massimo della campagna possibile contro una consacrazione del mondo (leggi: Russia) al Cuore Immacolato di Maria, perché vedo il pericolo che si formi un movimento in questo senso” (Y: Congar cit. in: Roberto De Mattei, Il Concilio Vaticano II op. it., pagg. 364 e 381).

Sono questi i “riformatori” purificatori, coloro che, prima, con ragione kantiana deridono un tipo di devozione sentimentale popolare, da donnette e da casalinghe – vedi la recita del Rosario, le litanie, il bacio alla statua della Vergine, le processioni – e, poi, ne propongono uno che è l’espressione filosofica di un’avvilente, offensiva dequalificazione a fumetto e a ciarpame bancarellaro, forte di un linguaggio dotto, persuasivo e viscido e spacciato come distillato pensiero teologico.

Potremmo, ancora, far luce sulla teologia dell’ecumenismo o, più seriamente, indagare i sentimenti di stima e di adesione che il cardinal Prefetto della CDF nutre nei confronti della “teologia della liberazione” per i quali nessuna censura è stata adottata nei suoi confronti.
Ora, da quanto si è detto, vien fuori una considerazione: imporre alla FSSPX l’accettazione della dottrina secondo la Tradizione è doveroso, e non soltanto alla Fraternità ma a chiunque voglia dirsi “cattolico” e si può credere che la FSSPX non sia così stolida da rinnegare proprio i fondamenti della Fede cattolica avendo dimostrato, infatti, di attenersi alla più solare Tradizione, il punto fermo, la roccia su cui Mons. Lefebvre ha ancorato la sua azione, ha combattuto e ha sofferto. Contraddizione netta e stridente manifesta, al contrario, il cardinal Prefetto, il quale platealmente “rinnega” quella fede che dice di professare e che vorrebbe professata dagli altri.
Se proprio il custode del “Depositum fidei”, colui che dovrebbe mantenere integro il complesso dottrinario che sorregge la Chiesa, dà evidenti segni di sbandamento e di devianza, certamente un senso di inquietudine è possibile che possa scuotere le coscienze che, in virtù di quel magistero generico e dell’obbligo di vigilanza a cui tutti sono chiamati, dovranno intervenire per chiedere il ripristino dell’ordine. Ma è bene si sappia che, come si disse all’inizio, non è tanto il riconoscimento dell’assiologia dogmatica ciò che si chiede alla FSSPX e a tutti i fedeli, quanto l’accettazione totale dell’identità e del portato culturale del Concilio che, nonostante acuti studiosi ne abbiano messo in evidenza le distonie originarie, presenti nei documenti, nonché le più che visibili aberrazioni ereticali dai precedenti insegnamenti – massime verso il primo comandamento - viene consigliato, o meglio, comandato a leggersi secondo un’ermeneutica nella continuità e conformità ai precedenti concilii.

Se, pertanto, la FSSPX vien tenuta a bagnomaria proprio per questa resistenza - fin quando duri - ben diverso trattamento la Curia vaticana riserva alle altre confessioni, alle altre professioni di chiara dottrina pagana e, addirittura, ai più noti nemici di Dio, della Chiesa, che del Concilio non tengono gran cura e stima, attesi come sono a sfruttare astutamente quello che, a mo’ di alibi, viene chiamato lo “spirito del concilio”.
Diciamo intanto e subito che non esiste uno “spirito di ”, sia storico, culturale, economico, estetico che non abbia origine da un’idea prima o da un evento primo generatore. Gli stati d’animo - l’états d’ésprit – specialmente quelli culturali, non spuntano come prataioli ma sono l’esito di uno studio preparatorio, di un programma, della sua realizzazione e della successiva applicazione.
Dire, per coprire abusi e deviazioni teologico/liturgiche, che una cosa sia il Concilio e altra lo “spirito” con cui si son legittimate le aberrazioni, è espediente che squalifica chi lo propone ed offende chi lo accetta.

Tanto per esemplificare: “La Chiesa cattolica nulla rigetta di quanto è vero e santo in queste religioni (id est.: Islamismo, Buddhismo, Induismo et similia)” (Nostra Aetate 2).
Ecco: un cattolico minimamente informato, figuriamoci un perito conciliare, sa che niente di vero e di santo è presente nelle chiese fuori dal gregge di Cristo. Rami staccatisi dal tronco e disseccatisi. Anzi: esse sono parte integrale, organica, di quel regno tenebroso che Satana promise al Signore in cambio dell’adorazione: Haec omnia tibi dabo, si cadens adoraveris me (Mt. 4, 9). Ma la sopra citata dichiarazione è l’affermazione con cui, follemente, si apre al riconoscimento, in termini di santità di verità e di salvezza, delle religioni e di tutti i movimenti parareligiosi che pullulano nel mondo, compresi i riti di stregoneria e quelli politeistici e animistici e le filosofie atee.

Ora, se in seguito a questa apertura, ufficiale, acclamata dai padri conciliari - vero attacco al primo comandamento - e se a causa di questa apertura sì è verificata una vaporizzazione del senso cattolico e della fede a favore di una generica e sincretistica religiosità, chi volesse puntare il dito contro un “distorto, malinteso, mal applicato spirito del Concilio”, responsabile delle crepe e dei crolli verificatisi in questi 50 anni postconciliari, dovrebbe ricevere il “Premio Ignobel” dell’ipocrisìa perché il fomite principale dell’attuale disordine confessionale è nel Concilio in quanto tale e, propriamente, in quella costituzione conciliare che va sotto il nome di “Nostra Aetate”.
Concilio e spirito-del-concilio possiedono lo stesso DNA.

E non sono, queste riflessioni, vacui pettegolezzi, polemica di bassa dialettica, ma ben documentabili tempi, eventi e personaggi che, in aggancio alla predetta dichiarazione conciliare, han dato prova di tradimento, e soltanto l’imbarazzo della scelta, e la giusta proporzione di questo intervento, frenano il desiderio di sciorinare un catalogo che dèsta orrore e raccapriccio. “Deus, venerunt gentes in haereditatem tuam: polluerunt templum sanctum tuum” (Ps. 78, 1) - O Signore, i pagani hanno saccheggiato la tua eredità ed hanno violato il tuo santo tempio! - .

Si veda allora come e quando sìasi verificato questo tradimento e quale sia stato il diverso trattamento riservato ai “gentili”. Il lettore potrà conoscere, in rapida rassegna, alcuni esempi di paterno, anzi, amichevole “ecumenismo” tenuto dal Magistero verso realtà non cristiane, affinché si evidenzi meglio come il rapporto, ostile nei confronti di quanti chiameremo, per necessità pedagogica “tradizionalisti”, e/o “antimodernisti”, e che già il Coetus Internationalis Patrum ebbe modo di sperimentare ai tempi del Concilio, si tramuti in gioiosa e festosa agape fraterna con pagani animisti, islamici, ebrei, protestanti ai quali è stato imbandito il vitello grasso della fede e dell’ortodossìa.
Si indicheranno pochi ma emblematici casi, citati in ordine cronologico, con l’intestazione dei Papi sotto il cui Pontificato essi sono avvenuti, omettendo Papa Francesco I di cui s’è detto in altri scritti pubblicati su questo sito e su cui torneremo per recenti inquietanti iniziative.

Pontificato di Paolo VI (1963 – 1978):

Paolo VI benedice con la sinistra

1963 -10 giugno – Paolo VI impone all’Università Gregoriana un congresso, in chiave elogiativa, su Pierre Teilhard de Chardin, ignorando, così, il Monitum del Sant’Uffizio, 30 giugno 1962.
1964 – 4/6 gennaio – pellegrinaggio in Terra Santa, dopo il quale Paolo VI indosserà perennemente l’efod, il monile del sommo sacerdote Caifa.


1965 – Paolo VI abolisce il Sant’Uffizio. A seguito di questo provvedimento – omaggio alla dichiarazione conciliare Dignitatis Humanae sulla libertà di coscienza – l’errore corre per tutta la cristianità nelle parrocchie, seminari e nelle Università cattoliche.
1965 – Paolo VI riceve il Gran Maetro della P2, Licio Gelli, insignendolo del titolo di “Eques ordinis sancti Silvestri Papae”.
1965 - Paolo VI pronuncia l’elogio funebre del Gran Maestro (GOI) Giordano Gamberini, vescovo della “Chiesa gnostica satanista”, già privilegiato interlocutore negli incontri Chiesa/Massoneria.
1965 – In visita all’ONU, Paolo VI prega nella cappella massonica, la “Meditation room”, ove proclama la “religione dell’uomo”.
1966 – Paolo VI dona all’anglicano “arcivescovo” – laico - di Canterbury l’anello pontificio con cui lo scismatico benedice i presenti.
1967 – Paolo VI abolisce l’obbligo, per il clero, del giuramento antimodernista già imposto da san Pio X.
1967 – Paolo VI depone, con provvedimento d’autorità, il Primate d’Ungheria, il cardinale Joseph Mindszenty ritenuto ostacolo al dialogo Santa Sede/Unione Sovietica (Ostpolitik).
1967 - Paolo VI riceve in Vaticano il presidente dell’URSS, Podgorny, dopo aver ricevuto anche il presidente della Jugoslavia, Josip Tito.
1967 – Paolo VI insedia la commissione per la stesura del Novus Ordo Missae, includendovi 6 protestanti membri effettivi - 3 luterani, 2 anglicani e uno della comunità di Taizé - sotto la direzione del massone mons. Annibale Bugnini. La santa Messa diventa “sinassi” dei fedeli e “cena”del Signore.



1968 – Paolo VI riceve in Vaticano, in udienza pubblica, abbracciandolo e stringendogli le mani, il comunista Janos Kadar, torturatore del cardinal Mindszenty e boia di Imre Nagy.
1970 – Paolo VI elogia le tre religioni monoteistiche che “adorano lo stesso Dio”.
1971 – Paolo VI riceve in udienza pubblica i membri della potente massoneria ebraica, B’nai B’erith, chiamandoli “Miei cari amici”.
1978 - Paolo VI, dopo aver tollerato che associazioni cattoliche si esprimessero in favore del divorzio, sotto la presidenza del dc Emilio Colombo, permette che la legge 194 – G.U. 22 maggio n. 140 anno 119 – istitutiva dell’aborto, venga approvata col voto unanime dei parlamentari democristiani consigliando loro di restare in carica pur dovendo sottoscriverla. Assicura, così, l’assoluzione prima del peccato.
Firmatari di spicco furono il dc Giulio Andreotti presidente del Consiglio, la ministra dc Tina Anselmi e il presidente della Repubblica, il dc Giovanni Leone. (Viene facile rammentare, a proposito, l’episodio di Guido da Montefeltro narrato da Dante (Inferno, XXVII, 67/109) in cui si narra che Bonifacio VIII, in cambio di un consiglio fraudolento, avrebbe perdonato a costui, in anticipo, il peccato che avrebbe commesso. Stessa vicenda che vide il monaco, Giacomo da Poirino, sospeso a divinis dal beato Pio IX per aver prima, egli, assolto in anticipo, fin dal 1854, il conte di Cavour per le imminenti e future leggi e per le persecuzioni programmate contro la Chiesa, e per averlo poi assistito in punto di morte, giugno 1861, senza averne chiesto e ottenuto il pentimento finale).
È interessante leggere cosa scrisse il deputato “cattolico” – oggi, senatore in aeternum - Giulio Andreotti a margine di questa vicenda:
Mi sono posto il problema della controfirma a questa legge (lo ha fatto anche Leone per la firma), ma se mi rifiutassi non solo apriremmo una crisi dopo aver appena cominciato a turare le falle, ma oltre a subire la legge sull’aborto la DC perderebbe anche la presidenza e sarebbe davvero più grave” (G. Andreotti, Diari 1976/1979, Ed Rizzoli, Milano 19881 – cit. in: Roberto De Mattei Il Concilio Vaticano II, op. cit. pag. 588).
Obbedire prima agli uomini e poi a Dio!!! perché la presidenza vale più della sacralità della vita.

Va ricordato che Paolo VI, sotto la spinta dei catechismi olandese e francese, concesse al clero l’abbigliamento civile con la dismissione della talare, la distribuzione dell’Eucaristia sulle mani e permise l’opzione della cremazione – l’antisegno della Resurrezione! - facendo sua l’intera istanza del pensiero laico, naturalistico, immanentistico e relativistico. Esiti, questi, dell’intesa raggiunta con i protestanti, con la massoneria e con l’ebraismo talmudico e con il comunismo.

È questa, allora, la Fede tradizionale, immutabile e perenne della Chiesa?

Pontificato di Giovanni Paolo II (1978 – 2005)


1980 – 1 giugno – Nella sede dell’UNESCO Giovanni Paolo II loda la “triade giacobina”: libertà, fraternità, uguaglianza, quale concetto essenzialmente cristiano.
1980 – 7 novembre - Nell’incontro con la comunità luterana G.P. II dice. “Io vengo a voi verso l’eredità spirituale di Martin Lutero, esponendone la profonda spiritualità”.
1981/1983 – G.P. II, con la collaborazione del card. Ratzinger, Prefetto della CDF promuove la revisione del Codice di Diritto Canonico (CDC) cancellando il canone 2335 relativo alla condanna della Massoneria.
1982 – 25 maggio – G.P. II partecipa alla concelebrazione anglicana nella cattedrale di Canterbury, violando il CDC.


1982 – 12 settembre – G.P. II incontra frère Roger della comunità protestante calvinista di Taizé somministrandogli la Comunione.
1983 – 18 aprile – G.P. II concede udienza ai membri della Commissione “Trilateral” – i massoni Rockefeller e Brzezinski.

1984 - G.P. II concede udienza pubblica ai membri della massoneria ebraica B’nai B’erith.
1986 – 2 febbraio – A Madras, India, G.P. II viene “cresimato” da una sacerdotessa di Shiva – il culto fallico - e segnato sulla fronte con “crisma” di vacca “sacra”.


1986 – ottobre – Parata festivaliera interreligiosa di Assisi, dove viene intronizzato, sul tabernacolo della chiesa di San Pietro, un idoletto di Buddha, vietato l’ingresso alla statua della Madonna di Fatima e commessi altri atti di servilismo ecumenico.

1986 – 22 dicembre – Nel discorso ai cardinali G.P. II dice: “ L’incontro tra le religioni ad Assisi voleva confermare in maniera inequivocabile la mia convinzione che ogni preghiera autentica è destata dallo Spirito Santo che è presente, in maniera misteriosa, nel cuore di ogni uomo”.
1989 – 15 ottobre – la CDF pubblica la lettera “Orationis forma”, con cui, ignobilmente, propone ai cattolici, quali metodi di “meditazione”, le tecniche orientali: tantrismo, induismo, buddhismo, zen, yoga, meditazione trascendentale, la cui caratteristica è il culto demoniaco.
1990 – 1 giugno – G.P. II riceve in udienza pubblica il Dalai Lama, esponente dell’ateismo buddista.
1993 – 15 febbraio – G.P. II, in visita nel Sudan, termina il suo discorso impartendo la benedizione in nome di Allah, con la formula “Baraka Allah as-Sudan” (Allah benedica il Sudan) – O. R. 15/2/1993 - esprimendo la riconoscenza al governo per la tanta stima dimostrata verso la Chiesa. (Non ricordava, G.P. II, che dal maggio 1983 al 1993 erano stati massacrati, da quel regime, più di 1 milione e 300.000 sudanesi tra cui migliaia di cristiani cattolici).
1993 – febbraio - G.P. II visita il Benin dove partecipa all’incontro con i “grandi sacerdoti” del Voodoo riconoscendo, testualmente, il valore della sacralità (?) dei riti degli antenati.


1993 – 24 giugno – a Balamand (Libano), incontro Chiesa cattolica/Chiesa ortodossa, dove viene emessa una Dichiarazione nella quale si critica e si condanna il “proselitismo cattolico” delle chiese uniati in quanto ostacolo al dialogo ecumenico. Un metodo definito “sorpassato e non più accettato”.
1996 – giugno - A Paderborn (cfr. O. R. 24/25 giugno pag, 4, 5, 6) G.P. II, per una ricorrenza luterana, concelebra con i protestanti, chiede perdono per le incomprensioni della Chiesa e loda Lutero.
1999 – 14 maggio - In Vaticano, davanti a una delegazione cristiano-islamica irakena, G.P. II bacia il Corano.


2001 – 6 maggio - G. P. II visita la moschea di Omayya a Damasco, pregando con gli esponenti islamici.


Giovanni Paolo II ha sviluppato la teologia della “universale redenzione” e della “Rivelazione sdoppiata” (cfr. Johannes Dormann: La teologia di G.P. II e lo spirito di Assisi, 4 vv., ed. Ichthys, Albano) e sulla scorta di Nostra Aetate, ha concesso riconoscimento di valenza soteriologica a tutte le religioni i cui fondatori - Buddha, Lao Tse, Zoroastro, Maometto – “hanno realizzato, con l’aiuto dello Spirito di Dio, una più profonda esperienza religiosa (!!??). Trasmessa agli altri, questa esperienza ha preso forma nelle dottrine, nei riti e nelle varie religioni” (O. R. 10 settembre 1998). Pieno contrasto con la dottrina ufficiale della Chiesa secondo cui: “Lao Tse, Confucio, Buddha, Zoroastro, Maometto e altre figure religiose della storia non hanno ricevuto la “locutio Dei”, la parola di Dio, quindi non possono essere assimilati a Cristo e ai profeti” (Bernardo Bartman, Teologia Dogmatica, ed. Paoline 1962, pag. 31) e pieno contrasto con la Enciclica “Pascendi dominici gregis” – II, b/c (8 sett. 1907) – la quale condanna il concetto di “esperienza religiosa trasmessa agli altri”: esperienza che nasce dalla coscienza personale, ma è priva della luce della rivelazione.
G.P. II, alludendo alla religiosità che nasce dalla coscienza con l’aiuto di Dio, nega la Rivelazione autentica. Ecco perché sono, oggi, numerose le diocesi ove, su sollecitazione demenziale dell’Ordinario, vengono sperimentate, e condotte a fondo, le tecniche orientali della meditazione. Alfiere e propagandista di siffatta aberrante “catechesi” è il vescovo di Frascati, Mons. Raffaello Martinelli (cfr.: Come meditare da Cristiani? – sito internet www.sancarlo.pcn.net).
Sotto il pontificato di G.P. II esplode lo scandalo Ior/Mafia/Banco Ambrosiano/Solidarnosc.

È questa, allora, la Fede tradizionale, immutabile e perenne della Chiesa?

Pontificato di Benedetto XVI (2005 – 28 febbraio 2013 - per dimissioni volontarie – 11 febbraio 2013)


1983 – In qualità di Prefetto della CDF provvede a cancellare dal CDC, per “criterii redazionali”(?), il canone 2335 dell’edizione 1917, che condannava, senza appello, la Massoneria.
1999 – 31 giugno - Firma della “Dichiarazione congiunta sulla dottrina della giustificazione” fra la Chiesa cattolica e l’Unione Mondiale Luterana con la quale si ripudiano i canoni del Concilio di Trento.
2005 – 9 giugno – Incontro con i membri del Comitato Internazionale Ebraico.
2005 – 19 agosto – Visita alla Sinagoga di Colonia.
2006 – 30 novembre – Visita alla “moschea blu” del sultano Ahmed a Istambul dove, insieme al gran Muftì, prega rivolto verso la Mecca.


2008 – 5 febbraio – Modifica della versione tridentina della “Preghiera per gli ebrei”.
2008 – 2 maggio – Riceve in udienza una delegazione di mussulmani sciiti dell’Iran.
2008 – 2 luglio – Durante le cerimonie celebrate nel viaggio in Australia, Benedetto XVI viene cresimato da uno sciamano/stregone aborigeno con l’imposizione delle mani.


2009 - maggio – Sospende la firma per la causa di beatificazione di Pio XII. Padre Peter Gumpel accusa le reazioni ebraiche a cui il Papa ha ceduto.


2009 – 12 maggio – Visita alla moschea “la Cupola della Roccia”.
2009 – 22 settembre – Il cardinal A. Bagnasco - Pres. CEI - a nome della Chiesa, afferma la non intenzione della Chiesa di operare attivamente per la conversione degli ebrei.
2009 - 4 novembre - Promulga la Costituzione apostolica “Anglicanorum Coetibus” con cui permette a pastori anglicani di rientrare nella Chiesa cattolica senza perdere prerogative, quali lo stato coniugale, in ossequio alle “venerande tradizioni anglicane”! (Chiedere a san Thomas More e ai 70 mila martiri inglesi, scozzesi, irlandesi immolati dal 1584 al 1679).
2010 – 18 gennaio - Visita alla Sinagoga di Roma.


2011 – ottobre – Replica, ad Assisi, del mondiale festival interreligioso durante il quale chiede perdono all’Islam per le Crociate, vergognandosene a nome della Chiesa (Il Giornale 29/10/2011): strano, contraddittorio e paradossale, perché un anno dopo, il 20 dicembre 2012, si ricorderà degli 800 martiri di Otranto - tutti uomini dai 15 anni in su, decapitati il 13 agosto 1480 per ordine dell’ottomano Gedik Achmed Pascià in quanto renitenti all’apostasìa – dichiarandoli santi. Si sarà vergognato anche di costoro, di San Domenico Guzman, di San Bernardo, di San Pio V, del beato Marco d’Aviano?


2012 – 12 maggio – Riceve in udienza i rappresentanti della massoneria ebraica B’nai B’erith.


2012 – 14 novembre – In visita all’Università Gregoriana annuncia Pierre Teilhard de Chardin – ignorando il Monitum del Sant'Uffizio del 30 giugno 1962 con cui se ne condannano le idee segnate da gravi errori - “Patrono della Nuova Evangelizzazione”… il “punto omega”!! (Ma già nel suo “Introduzione al Cristianesimo” – ed. Queriniana 1969/2005/2012, pagg. 75 e 226 - ne riconosceva gli alti meriti e la necessità di accoglierlo come un fondamento del pensiero cattolico). Incredibile!
2013 – 11 febbraio – Ricorrenza di Lourdes – Benedetto XVI annuncia le sue “dimissioni”. Il navarca abbandona il timone.

Non si possono elencare, perché innumerevoli e tuttavia noti, i casi in cui le Conferenze Episcopali hanno concesso e concedono, giusta esortazione del “Direttorio per l’applicazione dei princìpii e delle norme sull’ecumenismo” – del 25 marzo 1993 - con ampia generosità, quasi a gara, chiese, sale parrocchiali ed oratori ai vari anglicani, luterani, battisti ed islamici per le loro rispettive cerimonie rendendosi necessario, quando trattasi della chiesa, “sfrattare” dal Tabernacolo il Padrone di Casa. E si moltiplicano gli incontri diocesani e parrocchiali con evangelici, battisti, luterani, ora nella chiesa cattolica ora nelle loro, con evidente sprezzo delle precedenti norme canoniche che ne vietavano lo svolgimento.
E se si pensa che ci è voluto un Motu Proprio per “liberalizzare” la Messa tridentina, peraltro mai abolita, si può constatare da che parte stia la Gerarchia postconciliare.

Il cardinal Prefetto Gerhard Ludwig Müller – e quindi Benedetto XVI - imporrà alla FSSPX, così come ad ogni fedele, l’accettazione della perenne dottrina della Chiesa cattolica che, guarda caso, si deve configurare in quella scaturita da un Concilio pastorale, il Vaticano II, che ha definitivamente e “regolarmente fissato” un’ortodossìa tutta nuova, in netta contraddizione col precedente Magistero, e la cui preoccupazione è quella di eliminare la metafisica e di abbassare e di diluire, a livello antropologico ed immanentistico, le verità rivelate, oltre che garantire alle religioni non cristiane, scismatiche ed atee, ogni riguardo con l’attribuir loro, con uno sforzo immane che irrompe e deflagra nell’eresìa e nella viltà, virtù, prerogative e valenze soteriologiche e di sacralità.

Il primo Comandamento viene, pertanto, così enunciato: “Io non sono il solo Signore Dio tuo - Avrai altri dèi accanto a me”.

Fin dove non arriva l’ansia del dialogo che, dopo aver eretto la snobistica, nefasta e fallimentare “Cattedra dei non credenti” del maestro cardinal Martini, ripropone ora, con altrettale pompa, vanitas e sterilità, il “Cortile dei Gentili” del discepolo cardinal Ravasi! Conosceva, il cardinal Martini, e conosce, il cardinal Ravasi, quel breve “Scito, ergo, hodie et cogitato in corde tuo quod Dominus ipse sit Deus in caelo sursum et in terra deorsum, et non sit alius” – Sappi dunque oggi e conserva bene nel tuo cuore che il Signore è Dio lassù nei cieli e quaggiù sulla terra; e non ve n’è altro - (Deut. 4, 39)?

Ci sembra, a questo punto, che qualcosa non quadri: dichiara, Mons. Müller, non esserci possibilità alcuna di compromesso o di rinnegamento della dottrina della Chiesa regolarmente confermata dal Concilio; ora, se Mons. Lefebvre, nel periodo anteconcilium, mai è stato censurato per la dottrina professata, non si comprende come, testimoniando la stessa, si sia ritrovato, nel postconcilium, sospeso a divinis e scomunicato. Se egli mai cambiò ortodossìa, vuol dire che, dall’altra parte, qualcosa sia mutata e in termini sostanziali ed eversivi.

Un’ultima riflessione: poiché le encicliche “Pascendi” (S. Pio X, 8 settembre 1907) e “Humani Generis” (Pio XII, 12 agosto 1950), che non sono mai state abrogate, smentite, cancellate dal Corpus del Magistero ecclesiastico conservando validità a tutt’oggi, condannano la aberrante “Nova Theologia” - che dal Concilio s’è incistata nei seminarii, nelle Università cattoliche, nel Magistero corrente - ci si chiede se le Autorità, preposte alla vigilanza, non debbano o toglierle di mezzo o farle rispettare correggendo il corso attuale della catechesi. Perché: o sono vere quelle e falso il Concilio o viceversa: Tertium non datur.

Ripetiamo: c’è allora qualcosa che non quadra perciò, come bene ha detto e scritto Mons. Brunero Gherardini, sul Concilio v’è tutto un discorso da fare, quel all’origine, poiché, alle radici dell’attuale disorientamento, sta, sempre secondo l’eminente teologo, discorso mancatoun equivoco. E che equivoco!

È questa, allora, la Fede tradizionale, immutabile e perenne della Chiesa?

Resta,tuttavia, eterna e consolante la promessa di Cristo : “Portae inferi non praevalebunt adversus eam” (Mt. 16,18).






aprile 2013

AL SOMMARIO ARTICOLI DIVERSI

venerdì 12 aprile 2013

REGOLE DEL CATTOLICISMO SCHIETTO


Un amico, dopo aver visto un discutibile video della cantante Enya su Gloria TV, portale

che si dichiara cattolico, effettivamente preoccupato1, mi chiede, sopravvalutando per carità cristiana le mie capacità, se ci sono delle regole o comunque dei comportamenti che contraddistinguono il cattolico da tutte le altre persone.

Dal remoto della mia memoria, peraltro molto scarsa, mi sovviene, forse non a caso, un articolo della civiltà cattolica che riportava 18 regole tratte, anche qui guarda caso, dagli esercizi spirituali di sant’Ignazio di Loyola.

Le riporto con evidenziato, nelle parti più critiche, un breve commento tratto proprio da civiltà cattolica (ex gloriosa rivista proprio dei confratelli di Sant’Ignazio ormai in mano agli ex compagni di Gesù. Forse solo compagni!) affinchè i modernisti non interpretino in materia soggettiva e distorta ciò che sempre da tutti ed ovunque è stato creduto ed insegnato come peraltro fatto da un curatore degli ES edito da San Paolo per famiglia cristiana:

[352] PER IL RETTO SENTIRE CHE DOBBIAMO AVERE NELLA CHIESA

MILITANTE, SI OSSERVINO LE REGOLE SEGUENTI.

[353] Prima regola. Messo da parte ogni giudizio proprio, dobbiamo avere l'animo

disposto e pronto a obbedire in tutto alla vera sposa di Cristo nostro Signore, che è la

nostra santa madre Chiesa gerarchica.2

Con queste parole anzitutto viene rimosso e condannato il principio fondamentale del protestantesimo e del razionalismo e di ogni altra setta contraria alla fede, che cioè l'opinione privata ed il sentimento privato ovvero la propria ragione siano l'unica norma valevole nelle cose della fede; per lo contrario viene riconosciuto ed affermato il principio fondamentale del cattolicismo, che in tutto ciò che riguarda la fede decide la sola autorità della Chiesa. In verità noi non crediamo immediatamente alla Chiesa, ma a Dio. Non possiamo credere, se non quel che Dio ha rivelato e perchè Dio lo ha rivelato. Il motivo della nostra fede altro non è che Dio: cioè l'autorità, l'onniscienza, la veracità di un Dio rivelante. Or quel che Dio ha rivelato non sappiamo altrimenti con certezza, se non per mezzo della Chiesa. Essa attinge il contenuto della rivelazione dalla S. Scrittura e dalla Tradizione, che sono le fonti della nostra fede; ma la regola unica immediata della fede è per noi la Chiesa in virtù del suo magistero infallibile. Or questo appunto ci distingue da tutte le sètte, le quali in conseguenza del loro sistema, se Dio pietosamente non intervenga col lume e con la forza della sua grazia, non sono neppur capaci di fare rettamente un atto di fede: prima perchè non possedono l'intero deposito della fede; poi perchè non accettano il fondamento storico della fede; in fine perchè il motivo della loro fede non è l'autorità di Dio, ma il loro proprio modo di vedere. (Questo è parlare cattolico!) (Vale per la regola 1 e 13)

 

[354] Seconda regola. Si lodi il confessarsi con il sacerdote e il ricevere la santa

Eucarestia una volta all'anno, molto più ogni mese, e molto meglio ancora ogni otto

giorni, con le condizioni richieste e dovute.

[355] Terza regola. Si lodi il partecipare spesso alla messa; così pure si lodino i canti, i

salmi e le lunghe preghiere in chiesa e fuori di essa, e anche l'orario fissato a tempi

determinati per ogni funzione sacra, per ogni preghiera e per tutte le ore canoniche.

[356] Quarta regola. Si lodino molto gli ordini religiosi, il celibato e la castità, e il

matrimonio non tanto come questi.

[357] Quinta regola. Si lodino i voti religiosi di obbedienza, povertà e castità e delle

altre opere di perfezione consigliate. Si noti che il voto riguarda cose che conducono

alla perfezione evangelica; perciò non si deve far voto di cose che allontanano da essa,

come esercitare il commercio, sposarsi e simili.

[358] Sesta regola. Si lodino le reliquie dei santi, venerando quelle e pregando questi; si

lodino le celebrazioni stazionali, i pellegrinaggi, le indulgenze, i giubilei, le crociate e

le candele che si accendono nelle chiese.

[359] Settima regola. Si lodino le disposizioni circa i digiuni e le astinenze, come quelli

della quaresima, delle quattro tempora, delle vigilie, del venerdì e del sabato; così

pure le penitenze, non solo interne ma anche esterne.

Ancora una parola intorno alla mortificazione ed alla penitenza, contro la quale il protestantesimo ebbe sempre ed ha tuttavia una repugnanza insormontabile. Anche il mondo moderno de' cattolici annacquati rifugge da ogni austerità esterna. L'ascetica antica era piuttosto ispida e dura. Essa cominciava dal purificare seriamente il cuore dal peccato e dalle passioni disordinate per mezzo della vera vittoria di se stesso, e riteneva a lungo il suo alunno nell'esercizio della cosiddetta via purgativa, mettendogli innanzi le massime eterne ed incutendo nell'anima del peccatore un salutare spavento dei castighi eterni. «Non solo il timore figliale, scrive S. Ignazio (Reg. 18) è cosa pia e santissima, ma anche il timore servile (non però servilmente servile), perchè anch'esso esclude il peccato ed inchiude il principio dell'amore». In questa osservazione del Santo si scorge quasi un presentimento del futuro giansenismo e quietismo e dei danni gravissimi recati da questi sistemi nella direzione delle anime.

Una certa ascetica moderna, per iscansare la noia o per sfuggire ogni cosa triste, va abbandonando quest'antica e sicura via purgativa e si rivolge ad altri metodi di vita spirituale più graditi e più attrattivi. Se ciò avvenga con maggiore profitto è un'altra questione. È vero. Noi non siamo più l'antica generazione, adusata alle intemperie. I figliuoli del tempo nostro sono anemici e nervosi. Ma da ciò segue soltanto che noi non possiamo più far tutto quello che facevano gli antichi, e non già che si debba ammettere soltanto la penitenza interna, rifiutando con disprezzo l'esterna. Anche la penitenza esterna è un germoglio del Vangelo di Cristo e dello spirito cattolico, anzi aggiungiamo, dell'istinto nativo del peccatore, se pure è uomo leale. Egli ha peccato e vuol riparare ed anzitutto con la penitenza esterna, ad imitazione del Redentore, che per amor nostro sostenne i tormenti e la croce. È questo l'A B C della vita spirituale.

 

[360] Ottava regola. Si lodino il decorare e l'erigere chiese, così pure le immagini,

venerandole secondo quello che rappresentano.

 

Qui pure appartiene l'altra regola del Santo, che è lodare la sontuosità dei sacri edificii e la ricchezza e gli ornamenti tutti delle chiese e lo splendore delle solennità e delle luminarie (Reg. 8, 6). La chiesa è il luogo del sacrificio, che è l'atto pubblico più solenne ed augusto della religione; la chiesa è l'abitazione di Dio vivo e reale sotto le specie eucaristiche; la chiesa è il luogo, dove insieme convengono Dio ed il genere umano, dove Dio fino all'uomo si abbassa, dove l'uomo s'innalza fino a Dio. Quivi è bene spesa la più sontuosa magnificenza, per l'onore di Dio, per l'onore nostro. Quanto tempo, quanta fatica, quali somme non si gittano specialmente ai nostri tempi per albergare come si conviene chi regge i destini della nazione, e per le feste ed onoranze puramente mondane e politiche! Eppure quanto spesso, a proposito della ricchezza delle nostre chiese e delle spese pel culto, tornano sul labbro di certi cattolici le vergognose parole di Giuda, il traditore: Ut quid perditio haec? [3]

Permettetemi:ahahahahahahahahah!

 

[361] Nona regola. Si lodino infine tutti i precetti della Chiesa, con l'animo pronto a

cercare ragioni in loro difesa e mai contro di essi.

[362] Decima regola. Dobbiamo essere sempre pronti ad approvare e a lodare, sia le

disposizioni e le raccomandazioni, sia i comportamenti dei superiori. Infatti, anche se

alcuni di questi non fossero buoni, o non lo fossero stati, il criticarli, predicando in

pubblico o discorrendo con persone semplici, susciterebbe mormorazione e scandalo

piuttosto che vantaggio; e così la gente si sdegnerebbe contro i superiori civili o

religiosi. Tuttavia, come è dannoso criticare i superiori in loro assenza davanti alla

gente semplice, così può essere vantaggioso parlare dei loro cattivi comportamenti alle

persone che possono portarvi rimedio.

 

Lo “spirito di riverenza e di sommessione verso l'autorità costituita è sempre stato il contrassegno del genuino sentire cristiano e cattolico. La nostra Chiesa è stata in ogni tempo banditrice e custode della debita obbedienza; essa stessa non può sussistere, senza la sommessione al potere costituito da Dio. È quindi più sicuro eseguire un comando meno prudente e meno acconcio, piuttosto che scuotere il fondamento dell'ordine. Neppure la personale indegnità del superiore ci dispensa dal debito della sommessione, salvo ch'egli non comandi cosa contraria a Dio. I superiori nostri sono uomini e possono come noi errare; quest'è saputo. Sono però luogotenenti della giustizia e santità di Dio nel mondo. Importa assai che essi siano pure nella realtà quello che rappresentano, e però chi nel debito modo sappia avvisarli o farli avvisare dei loro errori, è grandemente benemerito della società e della Chiesa.”

 

[363] Undicesima regola. Si deve lodare la teologia positiva e la scolastica. Infatti, come

è proprio dei dottori positivi san Gerolamo, sant'Agostino, san Gregorio e altri

muovere l'affetto per amare e servire in tutto Dio nostro Signore, così è proprio degli

scolastici san Tommaso, san Bonaventura, Pietro Lombardo e altri definire e chiarire

per i nostri tempi quanto è necessario per raggiungere la salvezza eterna e per meglio

impugnare e confutare gli errori e le falsità. Infatti i dottori scolastici, che sono più

moderni, non solo si servono dell'autentica interpretazione della Sacra Scrittura e dei

santi dottori positivi, ma, illuminati e guidati essi stessi dalla grazia divina, utilizzano

anche i concili, i canoni e le costituzioni della nostra santa madre Chiesa.

E questa è pure la ragione, per la quale specialmente gli eretici ed i nemici della Chiesa (tutti pure quelli dentro la Chiesa) hanno sempre manifestato un odio istintivo contro questo metodo d'insegnamento. Innanzi la scolastica non reggono nè le incertezze, nè le esagerazioni, nè i sistemi personali, nè lo sragionare senza costrutto e senza logica; neppure vi regge la sola erudizione. Tutti gli eretici si studiarono di provare le loro opinioni coi soli testi dei Padri e della S. Scrittura, perchè così più facilmente stimavano di potersi trarre d'impaccio. Per tale motivo Leone XIII dichiarò S. Tommaso patrono della filosofia ecclesiastica e della teologia, sanzionando con questo il metodo scolastico. E già prima di Leone, era stata condannata la sentenza,che il metodo ed i principii degli scolastici non fossero più appropriati ai bisogni dei tempi ed al progresso della scienza [11]. Eppure nessun altro metodo quanto lo scolastico risponde ai bisogni dell'uomo, dimostrando la fede come naturalmente possibile e conforme alla ragione ed alla scienza ed offrendo ad ognuno il mezzo di formarsi col proprio ragionamento un tal concetto del mondo, che sia fondato ad un tempo e sulla natura e sulla fede.

 [364] Dodicesima regola. Dobbiamo evitare di fare paragoni tra noi vivi e i beati del

cielo. Infatti si sbaglia non poco, dicendo per esempio: questi ne sa più di

sant'Agostino, è uguale o superiore a san Francesco, è un altro san Paolo per bontà e

santità, e così via.

 

Il responsabile provinciale del rns, setta carismatica, mi disse:”sant’Agostino è superato!”

Sentire con la Chiesa: quale?

 

[365] Tredicesima regola. Per essere certi in tutto, dobbiamo sempre tenere questo

criterio: quello che io vedo bianco lo credo nero, se lo stabilisce la Chiesa gerarchica.

Infatti noi crediamo che lo Spirito che ci governa e che guida le nostre anime alla

salvezza è lo stesso in Cristo nostro Signore, lo sposo, e nella Chiesa sua sposa; poiché

la nostra santa madre Chiesa è guidata e governata dallo stesso Spirito e signore nostro

che diede i dieci comandamenti.

[366] Quattordicesima regola. È verissimo che nessuno si può salvare senza essere

predestinato e senza avere la fede e la grazia; tuttavia bisogna fare molta attenzione nel

modo di parlare e di discutere di tutti questi argomenti.

[367] Quindicesima regola. Abitualmente non si deve parlare molto della

predestinazione; ma se in qualche modo e qualche volta se ne parla, se ne deve parlare

in modo che le persone semplici non cadano in alcun errore, come quando uno dice: è

già stabilito se io dovrò essere salvo o dannato; perciò, sia che agisca bene sia che

agisca male, non potrà accadere diversamente. Così si diventa pigri e si trascurano le

opere che conducono alla salvezza e al vantaggio spirituale dell'anima.

[368] Sedicesima regola. Così pure bisogna fare attenzione che, parlando molto e con

grande fervore della fede, senza alcuna distinzione o spiegazione, non si dia occasione

alla gente di essere indolente e pigra nell'operare, sia prima che la fede sia congiunta

con la carità, sia dopo.

[369] Diciassettesima regola. Allo stesso modo non si deve parlare troppo diffusamente

della grazia, insistendovi tanto da favorire quell'errore che nega la libertà. Perciò si può

parlare della fede e della grazia, per quanto ci è possibile con l'aiuto divino, per la

maggior lode della divina Maestà; ma, particolarmente in questi tempi così pericolosi,

non in maniera e in termini tali, che le opere e il libero arbitrio ne ricevano danno o non

si tengano in alcun conto.

[370] Diciottesima regola. Si deve stimare più di tutto il servizio di Dio nostro Signore

per puro amore; tuttavia si deve lodare molto anche il timore della sua divina Maestà.

Infatti, non solo il timore filiale è cosa buona e santissima, ma, se non si arriva ad altro

di meglio o di più utile, anche il timore servile aiuta molto ad uscire dal peccato

mortale; poi, una volta usciti, si arriva facilmente al timore filiale, che è pienamente

accetto e gradito a Dio nostro Signore, essendo un tutt'uno con l'amore divino.

 

Il libro degli esercizi spirituali ha contribuito potentemente al mantenimento dell'antica fede cattolica ed al miglioramento dei costumi ed è stato approvato e raccomandato dalla Santa Sede con termini, quali non ebbe mai nessun altro libro spirituale.

 

 

                                                                                                                      Stefano Gavazzi

 

NOTE:

1)      Il video di Enya e la canzone, una nenia, riproducono un ambiente cupo, distruttivo con un ritmo compassato ed ossessivo, la canzone ripete sempre lo stesso motivo, all’interno del video vi sono strani simboli tribali, croci di traverso in vari stili e la luna con un gatto nero.

2)      A tal proposito è davvero strabiliante una nota al libro degli esercizi spirituali, di un certo Pietro Schiavone, proprio alla regola settima che così riporta: Uso discreto dei media, del tempo libero, dei mezzi di trasporto (?), del vitto e delle bevande….., solidarietà e volontariato possono essere l’altro nome del digiuno e dell’astinenza. Incredibile. Ho scoperto poi che anche questo è un “padre”.