venerdì 30 marzo 2012

CHIARIMENTI AD UN NEOCATECUMENALE

Confrontandomi sul blog di Annarita e Gianluca con alcuni anonimi esponenti del movimento neocatecumenale, è risultato evidente che quest’ultimi hanno delle nozioni approssimative se non del tutto sbagliate di alcune Verità fondamentali riguardanti la nostra Fede quali la Chiesa, la Grazia e la Carità.
Ora, senza la pretesa di insegnare, riporterò alcuni argomenti di teologia dogmatica, tratti da alcuni autori tra cui B. Bartmann, i padri della Chiesa ed il dottore Angelico, con la speranza che chi legga possa farsi una più chiara idea della nostra Fede Cattolica e possa iniziare ad uscire dall’errore modernista che ci attanaglia.


“Thomae doctrina Ecclesia suam propriam esse edixit” - Benedetto XV, Fausto appetente die 1921


LA CHIESA

Il famoso detto “nulla salus extra ecclesiam” non è un agio o un modo di dire ma è una Verità decretata da un concilio dogmatico (e non solo) ed è pertanto da credersi come necessario per la nostra salvezza cioè De Fide.1
E’ necessario dunque appartenere alla Chiesa, cioè al corpo Mistico di Cristo (Sent. Certa) per salvarsi.
Oggi si fa un gran parlare di persone buone; a sentir i mezzi di comunicazione tutti sono buoni, purtroppo però realisticamente parlando non è così.

Anche loro possono salvarsi
I progressisti, gli ecumenici, in particolare e  questi ultimi neocatecumenali anonimi mi chiedono:”Ma allora chi non appartiene alla Chiesa si danna anche se è buono in modo automatico?E allora cosa ne è di tutti quelli nati prima della Chiesa?Cosa ne è delle persone buone dell'umanità che non hanno conosciuto Cristo?Cosa ne è di chi non ha avuto mai la possibilità di conoscere il Vangelo.Chi può dire chi si salva con certezza e chi no?2

Nessuno,  quanto al sapere chi effettivamente faccia parte o abbia fatto parte del Corpo mistico di Cristo tra costoro, è una cosa che solo il Signore conosce, ma  quanto alla necessità di precetto e di mezzo è possibile saperlo.
“Nessuno, eccetto Dio, conosce chi è fuori della Chiesa incolpevolmente per ignoranza invincibile. La proposizione”fuori della Chiesa non c’è salvezza” va intesa come un principio e non come applicazione ai casi particolari. La proposizione significa che, secondo la volontà di Dio, chiunque riconosce la Chiesa come istituzione divina ha pure il dovere di entrarvi e non è possibile cercare la propria salvezza sia isolatamente sia in un’altra religione.”3
Che fine fanno tutti quelli che di fatto (actu) sono fuori della Chiesa? Il giudizio spetta solo a Dio altresì solo Dio sa chi ne fa effettivamente parte.
Poiché però è necessario appartenere al corpo mistico di Cristo diciamo che si appartiene ad esso in tre modi:

1)      Alla parte visibile, cioè quella giuridica, il corpo

2)      A quella invisibile cioè all’anima della Chiesa

3)      Completamente sia all’una che all’altra

Il 3 modo di appartenenza non lo tratteremo ci soffermeremo brevemente sul primo e sul secondo.
  

Appartenenza al corpo della Chiesa


Sono incorporati alla Chiesa tutti i battezzati, anche i peccatori, che mantengano l’unità di Fede e di comunione con la Chiesa (Sent certa).
Appartengono alla Chiesa, infatti, non solo i santi ma anche i peccatori (Sent. Certa) che saranno separati solo all’ultimo dal Signore (cfr Mt 13, 24-30).
San Tommaso dice che almeno mediante la Fede e la Speranza essi sono ancora incorporati a Cristo (S.T. III q8 a3 ad 2).
Si può notare che il dottore Angelico non cita la Carità che è la forma della Fede.
Causa efficiente dell’incorporamento è comunque il battesimo, ciò vale anche per i bambini validamente battezzati fuori dalla Chiesa fino al raggiungimento dell’età della ragione con cui volontariamente si staccano dall’unità di Fede.
Non si possono considerare membri della Chiesa:

Per questi? beh per questi c'è speranza ma dovranno dire mooolti rosari
a)      I non battezzati

b)      Gli apostati ed eretici pubblici

c)      Gli scismatici

d)     Gli scomunicati vitandi



Appartenenza all’anima della Chiesa


Nei casi citati delle prime tre categorie è necessario distinguere delle eccezioni quali il battesimo di sangue o di desiderio che non incorporano alla Chiesa ma alla sua anima, gli eretici segreti e quelli materiali così come gli scismatici materiali.
Dunque dobbiamo chiederci chi può appartenere all’anima della Chiesa oltre i cattolici?
In realtà nessuno benché potenzialmente chiunque, poiché il Signore vuole che tutti si salvino ma anzitutto che tutti entrino nella Chiesa cattolica.
Ciò che non si comprende è che i pagani, gli idolatri possono salvarsi solo appartenendo almeno all’anima della Chiesa, non saranno cattolici de facto ma lo saranno.
Da questo si deduce che anche inconsapevolmente essi debbono essere considerati Cattolici!
Quindi fuori della Chiesa cattolica non c’è salvezza per nessuno!
Appartenere all’anima della Chiesa significa essere cattolici!4
Ciò che mi si contestava nel discorso era proprio questo, ma è ben inteso che per appartenere  all’anima della Chiesa è necessaria la Grazia santificante.
“La salvezza è dunque possibile per i pagani, ma è d’altra parte certo che nessuno può essere giustificato senza una fede davvero divina: Senza la quale non è possibile alcuna giustificazione per nessuno”5
Come possono acquisire una conoscenza soprannaturale?
“La Provvidenza accorda ai pagani delle grazie attuali con le quali possono produrre atti salutari e, se approfittano di tali aiuti, ne ricevono altri e, attraverso un processo armonico, arrivano finalmente alla fede e alla salvezza” .
Pio XII nella sua grandissima enciclica Mystici Corporis insegna:In realtà, tra i membri della Chiesa bisogna annoverare esclusivamente quelli che ricevettero il lavacro della rigenerazione, e professando la vera Fede, né da se stessi disgraziatamente si separarono dalla compagine di questo Corpo, né per gravissime colpe commesse ne furono separati dalla legittima autorità.
Intravediamo qui l’assoggettamento ai poteri di magisterium, regimen et ministerium della Chiesa, questi offici costituiscono l’unità e la visibilità della Chiesa, unità che San Tommaso, a ragione, a mio modo di vedere, identifica con fede, speranza e Carità.
Unità di comunione che si esprime nel vincolo della Carità.
E’ necessario dunque appartenere realmente all’anima della Chiesa con la Grazia santificante per mezzo del battesimo di desiderio implicito od esplicito e ottenere la conoscenza soprannaturale della Fede nella Trinità e nell’Incarnazione di Nostro Signore Gesù Cristo per mezzo dello Spirito Santo, quindi appartenere al corpo di Cristo almeno con il desiderio.6
Tutto ciò equivale a mantenere questo triplice vincolo ed essere uniti a Cristo nella sua unica Chiesa:Cattolica.


LA CARITA’


“La carità è infusa nei nostri cuori per mezzo dello Spirito Santo”. (Rm 5,5)
La Carità pertanto è una qualità che per mezzo dello Spirito santo si aggiunge alla nostra anima e ci eleva ad una amore soprannaturale.
Proprio perché soprannaturale non è connaturale alla nostra, incapace di amare sopra ogni cosa Dio e il prossimo che possiamo amare solo secondo le nostre capacità umane.
Ammettere di poter amare Dio con le sole forze naturali è un errore gravissimo senza rischiare di cadere nell’errore panteistico, Dio infatti trascende l’uomo ed è soprannaturale.
Perciò l'atto della carità richiede più di ogni altro che esista in noi una forma aggiunta alla potenza naturale che la pieghi all'atto della carità, e la faccia agire con prontezza e diletto. (ST II-II Q23 a2 r)
Mi si obbiettava da parte dell’anonimo neocatecumenale: Com può dire che anche un pagano non può amare nessuno in modo soprannaturale?Lei è nel cuore delle persone?Non ho nulla da tornare in me lei si sbaglia.Quello che dice non è fondato su nulla.
No, non sono nel cuore delle persone ma è chiaro che nessuno può amare  sopranaturalmente qualcuno tanto meno un pagano, altrimenti non sarebbe un uomo e ciò risulta anche dalla retta ragione.
E’ evidente in questo la carenza dottrinale del nostro NC.
In generale l’uomo può amare solo naturalmente cioè secondo il suo stato.
La carità, come insegna San Tommaso, è un'amicizia dell'uomo con Dio, fondata sulla compartecipazione della beatitudine eterna.
Ora, questa compartecipazione non è basata sui beni della natura, ma sui doni della grazia, poiché secondo la parola dell'Apostolo [Rm 6, 23] "è dono di Dio la vita eterna".
Per cui la carità supera le capacità della natura.
Ma ciò che sorpassa le capacità della natura non può essere di ordine naturale, né essere acquisito con le facoltà naturali: poiché un effetto naturale non può superare la propria causa.
Quindi la carità non può trovarsi in noi per natura, né essere acquisita con le forze naturali, ma è dovuta all'infusione dello Spirito Santo, che è l'amore del Padre e del Figlio, e la cui partecipazione in noi è precisamente la carità creata.

Ora per poter sostenere la tesi che il pagano ami sopranaturalmente Dio, è necessario che esso debba  avere quell’aggiunta riversata nei nostri cuori per mezzo dello Spirito Santo che definiamo Carità.
Sebbene, purtroppo, il concilio vaticano II insegni diversamente, lo Spirito Santo è l’anima del corpo mistico di Cristo (Sent. Communis) che congiunge ed unisce tutte le membra tra loro e con Cristo e vivifica e santifica solo la Chiesa Cattolica.
Quindi affermare che lo Spirito Santo infonda la Carità negli uomini al di fuori della Chiesa non solo è discorde all’insegnamento della Chiesa, alle scritture e alle proposizioni dei Padri e dottori della Chiesa, ma anche alla retta ragione, facciamo alcuni esempi:

1)      le scritture dicono: Tali sono quelli che provocano divisioni, gente materiale, privi dello Spirito. Giuda 19. Il santo spirito che ammaestra rifugge dalla finzione, se ne sta lontano dai discorsi insensati, è cacciato al sopraggiungere dell'ingiustizia. (Sap. 1;5). E in realtà noi tutti siamo stati battezzati in un solo Spirito per formare un solo corpo (1Cor. 12,13).

2)      Il Magistero della Chiesa insegna: Divinum Illud 6 di Leone XIII, Mystici Corporis 1 di Pio XII

3)      I Padri della Chiesa: Dove c’è la Chiesa ivi c’è lo Spirito di Dio e dove c’è lo Spirito di dio ivi è la Chiesa e ogni grazia (S. Ireneo Adv. Haer. III 24,1); E ciò che l'anima è per il corpo umano, lo Spirito Santo lo è per il corpo di Cristo che è la Chiesa . Lo Spirito Santo opera in tutta la Chiesa ciò che opera l'anima in tutte le membra di un unico corpo.(Agostino sermo 267 4,4); Che coloro, i quali sono separati dalla Chiesa, non posseggono lo Spirito Santo, lo dichiara con tutta evidenza l'apostolo Giuda dicendo: Coloro che seminano discordie, vivendo secondo gli istinti, sono privi dello Spirito.(Agostino sermo 71 18,30); uno ed identico per natura riempie ed unisce tutta la Chiesa (S. Tommaso – De Veritatae q29 a 24). Si può vedere anche ST III 8, 1 ad 3.Solo lo Spirito Santo santifica (Lo Spirito Santo – Basilio 16,38).

Ma se osserviamo cosa avviene con il corpo umano ciò che si può predicare di esso per analogia può esserlo per la Chiesa quale corpo di Cristo.
L’anima di una persona è unica ed incomunicabile, quindi anche quella della Chiesa, se tagliamo un membro del nostro corpo esso perde l’anima e muore, altrettanto dicasi degli uomini che si separano dal Copro Mistico di Cristo o non ne hanno mai fatto parte, lo Spirito Santo non può seguirlo, lo Spirito non segue il membro amputato. (Agostino discorso 267)
Se avvenisse ciò, lasciando il giudizio finale a Dio, quell’uomo non può essere vivificato dallo Spirito Santo, dunque non avrà mai la Carità per amare sopranaturalmente Dio.
Nel momento in cui l’avrà per i motivi sopra esposti sarà incorporato a Cristo ed alla Chiesa.
Al contrario se non fosse così lo Spirito sarebbe divisibile e sicuramente discorde in se stesso viste le differenti, false, professioni religiose.
Forse che lo Spirito insegni una cosa ad uno e il suo contrario ad un altro?
Se lo Spirito illuminasse la mente di un pagano lo guiderebbe alla Verità tutta intera ed egli convertendosi entrerebbe nella Chiesa.
Aiuta molto ricordare ciò che dice Sant’ Agostino: Essa - La Chiesa - infatti è adunata per mezzo dello Spirito Santo, il quale non è diviso contro se stesso come invece lo è lo spirito immondo. Per questo motivo tutte le altre riunioni o meglio dispersioni di fedeli, le quali si proclamano chiese di Cristo, mentre sono tra loro divise e contrarie e nemiche dell'assemblea dell'unità che è la sua vera Chiesa, pur avendo l'apparenza d'avere il nome di lui, non per questo appartengono alla comunità dei suoi fedeli. Vi apparterrebbero invece se lo Spirito Santo, per mezzo del quale viene riunita questa Chiesa, fosse discorde contro se stesso”.(Discorso 71 23,27)

Quindi chi è fuori della Chiesa non ha la Carità né lo Spirito Santo!


LA GRAZIA

Se l’uomo fosse capace col solo amore naturale (buono in modo  automatico7) di compiere atti meritori è evidente che potrebbe salvarsi da solo e non per Grazia e ciò è contro la nostra Fede, per  grazia infatti siete stati salvati… (Efesini 2;5) mediante la fede; e ciò non viene da voi, ma è dono di Dio (Efesini 2;8) sed per gratiam Domini Iesu credimus salvari quemadmodum et illi (Atti 15,11).
La Carità non è mai separata dalla Grazia santificante, questa rende l’anima pura, chiara e “gradita”, amabile agli occhi di Dio, come quando uno si dice entra nelle grazie del Re.
Mentre la Carità è una qualità che inerisce le potenze dell’anima, la Grazia santificante inerisce l’essenza stessa dell’anima e la precede.
Trattare della dottrina della Grazia è cosa difficile e lunga, ci limiteremo a dire le cose più importanti.
La Chiesa insegna che la Grazia santificante è necessaria alla salvezza e che solo attraverso essa è possibile compiere gli atti soprannaturali meritori.
La nostra fede infatti ci impone di credere che l’uomo nello stato di natura decaduta senza la Grazia Santificante non può8:

1)      Amare Dio sopra tutte le cose

2)      Essere risanato nella sua natura corrotta

3)      Che compiere solo alcuni atti buoni naturalmente, come un malato non riesce a mettere a frutto tutte le sue capacità

4)      Compiere il bene di ordine soprannaturale

      5)      Perseverare nel bene

Ma se la Grazia Santificante risana, è evidente che c’è un malato da risanare ed è malato colui che è nel peccato, pertanto non possono essere in grazia coloro che sono nel peccato.
Ma sono senz’altro nel peccato gli infedeli, gli eretici e gli scismatici perché se avessero la Grazia, la cui conseguenza principale è la giustificazione del peccatore9, apparterrebbero senz’altro alla Chiesa per i motivi sopra esposti.
Con il peccato infatti si perde la Grazia ma non la fede, nei casi degli eretici e degli scismatici e non si ha la Grazia nei casi degli infedeli, chi non è stato rigenerato nel battesimo che conferisce la Grazia e che rende Figli di Dio è chiaro che rimane schiavo del peccato e del principe del mondo ed è, ancora, fuori dalla Chiesa.
Quindi chiunque è fuori della Chiesa non ha la Grazia santificante!

CONCLUSIONI


Abbiamo dimostrato al NC che le argomentazioni sono fondate sul magistero della Chiesa e sull’autorità dei dottori e Padri della Chiesa, è stato dimostrato che gli uomini e quindi anche i pagani non sono in grado di amare sopranaturalmente.
Si è mostrato poi in quale modo sia necessario appartenere alla Chiesa per ottenere la salute eterna da parte di coloro che non hanno conosciuto il Vangelo.
L’errore dei modernisti, in questo caso dell’anonimo NC, è dovuto alla perversa nozione di relazione tra potenza ed atto e la loro non distinzione.
In potenza chiunque può e finalmente deve entrare nella Chiesa Cattolica per salvarsi, ma solo quando lo sarà in atto potrà usufruire di questo nuovo stato.
Finchè non lo è in atto non può essere detto cattolico.
E’ in questo senso che per il battesimo di desiderio implicito o per tutti gli altri casi sopra citati, che rendono in atto cattolici anche se non visibilmente, possiamo  parlare di  incertezza.
Tutto questo a noi non è visibile, ma per poter proporre la cura deve essere visibile la malattia che in questi casi è la  non appartenenza visibile alla Chiesa, cosa che è propriamente più connaturale a noi rispetto a quella invisibile connaturale solo a Dio.
Posso pensare infatti che un pagano sia fuori della Chiesa ma se quello stesso uomo in quell’istante per illuminazione divina, ferma restando l’ignoranza invincibile, dovesse convertirsi mantenendo i vincoli di cui sopra entrando nella Chiesa, solo gli occhi di Dio possono saperlo.
Come cattolico io posso valutare lo stato visibile e la carità mi obbliga a mettere a conoscenza l’ignaro del pericolo che corre.
Per essere cattolico in atto è necessario che Dio, attraverso la continua mozione, solleciti il libero arbitrio dell’uomo che finalmente cedendo alla grazia acconsente al piano salvifico.
Dire che il pagano si salva sic et simpliciter  anche se buono automaticamente (?) è un errore e non è conforme alla dottrina cattolica ed è stato dimostrato.
C’è infine da ricordare che lo scopo della Chiesa è proprio quello di continuare la missione di Cristo portando il vangelo ed i mezzi di salvezza ovunque, al giorno d’oggi sembra difficile poter affermare che gli uomini ignorino invincibilmente Cristo e la sua Chiesa.
Prendiamo ad esempio gli ebrei o i musulmani, anch’essi in potenza possono diventare cattolici ma non si può dire che allo stato attuale lo siano, Dio “visita davvero le nazioni idolatre non solo con grazie naturali, che sono troppo insufficienti, ma con influssi sovrannaturali e divini, capaci di strappare, l’uomo alle sue miserie e di orientarlo efficacemente verso il suo destino supremo, giacchè crediamo che la Provvidenza non faccia le cose a metà”10


Stefano Gavazzi


NOTE:

1 IV Concilio Lateranense (D. 430), Concilio di Firenze (D. 714), Innocenzo III (D. 423), Bonifacio VIII-Bolla Una sanctam (D. 468), Clemente VI (D. 570 b), Benedetto XIV (D. 1473), Pio IX (D. 1647), Leone XIII (D. 1955), Pio XII (D. 2286,2288)
2 http://nullapossiamocontrolaverita.blogspot.com/2012/03/bisogna-tenere-assolutamente-tenere.html#comment-form
3 Bartmann- Manuale di teologia dogmatica
4 Nulla chiaramente a che vedere con la teoria dei cristiani anonimi dell’eretico Ranher
5 E. Hugon- Fuori della Chiesa non c’è salvezza
6 Nello stesso libro vengono esposte anche altre opinioni teologiche, questa a mio parere sembra la più credibile ed anche logica, per essere cristiani si deve credere in Cristo il che implica la Trinità e l’incarnazione, vedasi anche S. Agostino de corr. Et gratia cap. 7 e ss, San Tommaso Comm. Sent. ed altri teologi.
7 Anche in questo caso non si riesce a comprendere cosa significhi “buono in modo automatico”, ora sappiamo che la natura dell’uomo è buona per partecipazione al Vero Bene, ma sono gli atti di volontà che determinano se un individuo è buono o meno, ma anche in questo caso può essere definito buono colui che ha la Volontà Buona secondo quanto espresso nel Vangelo e la volontà buona è quella conforme alla volontà di Dio cioè quella della Grazia, poiché quella derivante dalla legge naturale è del tutto insufficiente a salvare.
E’ buono dunque chi fa il bene ed evita il male, ma al di fuori della Grazia il bene compiuto dall’uomo è minimo e non meritevole di giustificazione.
8 ST  I-II Q 109
9 Concilio di Trento Sess. VI- Decreto sulla giustificazione
10 4 E. Hugon- ibidem pag. 68


martedì 27 marzo 2012

Una lezione di stile e di acume:le precisazioni di Padre Giovanni Cavalcoli

Ricevo da unavox e pubblico l'ennesimo articolo di Belvecchio che risponde a P. Cavalcoli, devo fare i complimenti all'autore per la sua pacatezza che in alcuni casi si mantiene con difficoltà con uno che da dell'eretico a chiunque, compreso al sottoscritto.
Vorrei dire al P. Cavalcoli che i titoli che sbandiera a destra a manca di teologo non servono a nulla quando manca la Carità e quando manca la Carità non c'è nemmeno lo Spirito Santo!

Note a margine del commento di Padre Cavalcoli
circa la lettera aperta di don Nicola Bux a Mons. Fellay
e la risposta pubblica di Mons. Williamson



di Belvecchio

Com’era prevedibile, ecco giungere puntuali le precisazioni di Padre Giovanni Cavalcoli (24 marzo 2012 – sito Riscossa Cristiana) riguardo della Lettera aperta indirizzata da Don Nicola Bux a Mons. Bernard Fellay (19 marzo 2012 - vedi). Puntualizzazioni che fanno particolare riferimento alla risposta pubblica a questa lettera di Mons. Richard Williamson (22 marzo - vedi).

Il Padre Giovanni Cavalcoli è una simpatica persona, molto appassionato nei suoi convincimenti, e a volte questa sua foga lo porta a scantonare un po’, magari inavvertitamente.
Com’è esatto che don Nicola Bux si è rivolto, chiaramente e correttamente, a Mons. Fellay, quale Superiore Generale della Fraternità San Pio X, e insieme a tutta la stessa Fraternità, così è del tutto inesatto quanto dice Padre Cavalcoli: che la risposta di Mons. Williamson sia stata formulata “a nome della Fraternità”.
Se Padre Cavalcoli avesse fatto attenzione alla formulazione di questa risposta, si sarebbe accorto che Mons. Williamson apre la sua risposta dicendo, chiaramente e correttamente: “Essendo uno dei sacerdoti della FSSPX ai quali Lei si è rivolto, mi permetta di esprimerLe la mia opinione”.
Ora, dal momento che Padre Cavalcoli è una persona istruita e dimostra di essere attento ai contenuti degli scritti che esamina, com’è possibile che gli sia sfuggita questa importantissima precisazione di Mons. Williamson?
Evidentemente, Padre Cavalcoli ha colto l’opportunità della risposta di Mons. Williamson, per far dire alla Fraternità ciò che vuole lui, secondo uno spirito che lo anima da diverso tempo e di cui già diede prova, per esempio, al tempo della Nota Introduttiva alla riedizione di Iota Unum di Romano Amerio (Fede e Cultura, 2009), dove cercò di far dire ad Amerio ciò che era caro a lui stesso. Non è un caso che il titolo dell’articolo di cui qui stiamo parlando sia tanto semplice quanto improprio dato il suo contenuto: Mons. Bux e Mons. Fellay.

Per quanto possa sembrare un elemento critico poco importante, questo nostro appunto aiuta a comprendere quale sia l’impostazione che regge questo scritto di Padre Cavalcoli: egli parla a nome di tutti, di Bux, di Fellay, di Williamson, del Papa, del Concilio, del Magistero, della Tradizione, della Chiesa.

Chi ha seguito gli scritti di Padre Cavalcoli sa che egli ha un convincimento di base, il Concilio non può sbagliare perché assistito dallo Spirito Santo, il Magistero non può sbagliare perché assistito dal Papa, il Papa non può sbagliare perché è il Papa. Ergo, tutti quelli che parlano di errori del Concilio, di errori del Magistero e di errori del Papa sono dei protestanti.
La nostra è una semplificazione eccessiva, certo, ma ecco cosa scrive Padre Cavalcoli.

«Osservo, d’altra parte, che l’attaccamento eccessivo ed unilaterale dei lefevriani alla Messa Tridentina dipende dalla loro incapacità di apprezzare la riforma conciliare vedendo in essa una profanazione della liturgia, mentre questa si dà certamente nell’interpretazione rahneriana della liturgia, ed inoltre dipende da una visione arretrata della dottrina cattolica, visione incapace di riconoscere nelle dottrine del Concilio un approfondimento ed un’esplicitazione della medesima dottrina cattolica. E’ in sostanza mutatis mutandis lo stesso atteggiamento che assunse Lutero, benché i lefevriani si dichiarino avversari di Lutero in nome del Concilio di Trento. Anche Lutero, ritenendosi illuminato dallo Spirito meglio del Papa, non faceva tanto una questione di comunione ecclesiale o di prassi cristiana o liturgia, quanto piuttosto della verità del Vangelo o, come egli diceva, della Parola di Dio. I lefevriani parlano di “Tradizione” e di dogma anziché di “Scrittura”, ma il metodo e l’atteggiamento verso Roma sono uguali».


Come sostiene da tempo Padre Cavalcoli, l’unico che abbia interpretato male di Concilio sarebbe Rahner, tutti gli altri lo avrebbero interpretato bene, riconoscendo nelle dottrine del Concilio “un approfondimento ed un’esplicitazione della medesima dottrina cattolica”. Cosa che non riesce a fare la Fraternità. Padre Cavalcoli non spiega perché la Fraternità non riesca a farlo, quantomeno secondo lui, si limita solo ad affermare che essa assume “lo stesso atteggiamento che assunse Lutero”. Questa affermazione, che non tiene minimamente conto di quanto argomentato in questi 40 anni da tanti altri teologi, né di quanto affermato dallo stesso Benedetto XVI nel famoso discorso alla Curia del dicembre 2005, si rivela per quella che è: un personale pregiudizio di Padre Cavalcoli.
È notorio, infatti, che non c’è solo qualcuno, come Rahner, che abbia interpretato male il Concilio, ma c’è tutta una corrente di pensiero (e di azione) che ha prodotto una “ermeneutica della rottura”, dice il Papa; una corrente di pensiero che appartiene alla gerarchia cattolica, una corrente di pensiero che è propria di vescovi e cardinali e papi, senza la quale non si sarebbe potuta affermare quella lettura del Concilio che lo vuole come una rottura con la Tradizione.
Secondo Padre Cavalcoli, invece, gli unici che hanno parlato e parlano di rottura sarebbero Rahner e i “lefebvriani”, i quali, com’è risaputo, sono dei supermodernisti, l’uno, e dei protestanti, gli altri.

Noi, per ragioni di spazio, semplifichiamo e schematizziamo, ma Padre Cavalcoli ha scritto dei libri interi per sostenere le sue semplificazioni e le sue schematizzazioni.

«Vorrei quindi far notare garbatamente a Mons. Bux che per quanto importante e speriamo utile sia il suo appello, la questione di fondo per noi cattolici e per la stessa S. Sede, nelle sue trattative con i lefevriani, non può limitarsi ad un generico per quanto fervido e sincero invito all’unità, all’obbedienza e al ritorno, ma comporta la capacità della Commissione pontificia incaricata delle trattative di convincerli che col Concilio la Chiesa non è affatto uscita dal sentiero della verità, non è caduta nell’eresia, non ha tradito la Tradizione, ma al contrario ha confermato il dogma e la Tradizione ed anzi li ha meglio illustrati e li ha esplicitati in un linguaggio moderno, assumendo quanto di valido c’è nel pensiero moderno (pur condannandone gli errori) ed andando incontro alle necessità del nostro tempo, proprio in vista di una nuova espansione del cristianesimo nel mondo».


Questo convincimento di Padre Cavalcoli è talmente semplice e chiaro che si rimane stupiti di fronte al fatto che in questi 40 anni del post-concilio ci siano state diecine di firme autorevoli che hanno spiegato, a più riprese e da angolazioni diverse, che le cose stanno esattamente all’opposto; firme che non appartengono alla Fraternità.
Peraltro, si rimane stupiti anche del candore di Padre Cavalcoli, quando afferma tranquillamente che il Concilio assunse “quanto di valido c’è nel pensiero moderno”, e quando addirittura sottolinea, con due parentesi, che il Concilio avrebbe condannato gli errori del pensiero moderno.
Tanto candore ci appare più come un abbaglio che come una considerazione ponderata, anche perché Padre Cavalcoli non precisa come e quando si sia prodotta quella “nuova espansione del cristianesimo nel mondo”, in vista della quale il Concilio avrebbe assunto “quanto di valido c’è nel pensiero moderno… andando incontro alle necessità del nostro tempo”. Evidentemente a lui è sfuggita l’inezia dei seminari e dei conventi svuotati a partire dal Concilio, nonché la sciocchezzuola delle chiese deserte o quasi, il tutto prodottosi sempre a partire dal Concilio; e soprattutto gli è sfuggito il fatto che, nonostante la “nuova espansione del cristianesimo nel mondo” messa in essere dal Concilio, Giovanni Paolo II abbia parlato di necessità di una nuova evangelizzazione e Benedetto XVI abbia addirittura creato un apposito Pontificio Consiglio.

Insomma, qualcosa non torna; tranne che con l’espressione “espansione del cristianesimo” Padre Cavalcoli non voglia intendere, in termini conciliari e positivi, la continua affermazione delle sette cristiane di ogni marca in quello stesso mondo che prima del Concilio era cattolico. Fenomeno che ben conoscono, per esempio, i vescovi di quell’area del mondo che un tempo faceva capo come lingua e come cultura alla “cattolicissima Spagna”. Se è questo che intende, non si può non dargli ragione: il Concilio è davvero stato il propulsore di questa singolare espansione del cristianesimo spurio nel mondo.
Quanto poi agli errori del pensiero moderno condannati dal Concilio Vaticano II, si tratta di una notizia decisamente importante ma altrettanto decisamente segreta e nota solo a lui, poiché non v’è traccia di condanna alcuna nei documenti del Concilio. Anzi, tanti altri competenti in materia di Concilio Vaticano II è da 40 anni che scrivono che il Concilio, avendo assunto molti elementi del pensiero moderno, ha finito con l’assumerne inevitabilmente anche gli errori.
Può darsi che Padre Cavalcoli abbia ragione e questi altri abbiano torto, ma a guardare lo stato complessivo del mondo cattolico, oggi, resta da capire ove si collochi la fonte di tanto sconquasso, se non nel Concilio Vaticano II e nelle sue applicazioni successive.

«Non dovrà dunque essere Roma a correggersi, ma questo dovere, da compiersi con umiltà e fiducia, spetta soltanto ai seguaci di Mons. Lefebvre, che devono convincersi che le dottrine del Concilio - per quanto forse possa sembrare qua e là - in realtà non rompono con la Tradizione ma sono in continuità, ed anzi, come ho detto, ne sono una spiegazione ed un’esplicitazione, tanto che sarebbe fuori della verità cattolica proprio chi si opponesse a quelle dottrine».


Convincimento tipicamente “cavalcoliano”, che continua a non tenere conto perfino dello stesso Vaticano e dello stesso Papa, che continuano a ripetere e a mettere per iscritto che è lecito esprimere riserve su molti punti del Concilio e pretendere che essi vengano letti e compresi solo alla luce della Tradizione; a riprova del fatto che i documenti del Concilio, di per sé, non convincono della continuità dottrinale con quanto la Chiesa ha sempre insegnato, cosa che per un Concilio è molto grave.
Perfino nel famoso discorso alla Curia del dicembre 2005 il Papa non parla di continuità, ma di “ermeneutica”, cioè non afferma, come pretende Padre Cavalcoli, che vi è continuità, ma che occorre servirsi di una interpretazione che tenga presente che nella dottrina della Chiesa non può esservi rottura, ma solo continuità. Il che significa che la continuità non è manifesta e forse neanche realmente presente: i documenti del Concilio si è costretti a spiegarli a posteriori come fossero in continuità, perché a priori non lo sono, anzi si prestano facilmente ad essere letti e assimilati secondo una logica della rottura.
E questa sarebbe la caratteristica di un magistero solenne come quello di un concilio ecumenico!
Qualcosa non torna.

«Tutto ciò vuol dire, purtroppo, che nella questione lefevriana non c’è in gioco tanto lo scisma, come spesso si crede, ma la questione è ancora più grave e radicale: questi fratelli sono caduti nell’eresia nel momento in cui accusano le dottrine del Concilio di essere eretiche. E’ vero che il Concilio non definisce nuovi dogmi ed è vero che eretico è soltanto chi si oppone ad un dogma definito. Ma eresia può esser anche accusare di eresia le dottrine di un Concilio, le quali, anche se non definite, tuttavia trattano materia di fede in quanto sviluppano dati della Rivelazione precedentemente definiti dalla Chiesa o contenuti nella Tradizione».


Ed ecco un altro vecchio ritornello “cavalcoliano”: chi non crede nelle dottrine del Concilio Vaticano II come in un dogma, cade nell’eresia. E i “lefevriani” “sono caduti nell’eresia”.
Non è una enormità, si tratta di un concetto che Padre Cavalcoli enuncia sempre quando parla con qualcuno: o si crede nelle dottrine del Concilio Vaticano II come fossero un dogma o non si è cattolici; chiunque si permette di dissentire da questo suo enunciato “non ha capito che cosa Roma ci insegna”, cioè è un cretino.
Sappiamo che Padre Cavalcoli non darebbe del cretino ad alcuno, ma è risaputo che egli si rivolge a tutti coloro che dissentono da lui come fossero incapaci di intendere e di volere.

Tant’è che egli si chiede:

«Chi è che sbaglia in fatto di fede? La Chiesa del Concilio Vaticano II o la Fraternità S. Pio X? E’ questa che deve correggere Roma o sta a Roma correggere i lefevriani? Chi è il supremo custode ed interprete della Tradizione? Roma o Mons. Lefebvre?».


Il che significa che, secondo lui, tutti coloro che in questi 40 anni hanno sollevato e continuano a sollevare riserve sui documenti del Concilio e sui successivi documenti del Magistero, hanno solo perso tempo e continuano ad esercitarsi per diventare buoni eretici. Senza contare che, a proposito di questa storia del supremo custode e interprete, che continua a non custodire e a non interpretare, a tutt’oggi non esiste un formale pronunciamento romano, nonostante lo esiga la terribile crisi in cui versa la Chiesa e lo chiedano da alcuni anni eminenti personalità cattoliche.
È una cosa questa che sembra non interessare Padre Cavalcoli, che invece continua a parlare come se Roma si fosse definitivamente pronunciata.

Per intanto sappiamo solo dei pronunciamenti di Padre Cavalcoli, tali che, se dipendesse da lui, scomunicherebbe per eresia non solo i “lefevriani”, ma anche tutti i cattolici che come loro e come noi non sono d’accordo con lui.

L’ultima parte di questo articolo è meno interessante.
Padre Cavalcoli afferma che «il famoso messaggio di Fatima relativo alla conversione della Russia, non pare essere più di attualità» e che comunque « resta pur sempre una “rivelazione privata”» che «la Chiesa ha sempre la facoltà e il diritto di giudicare e modificare», poiché in definitiva Maria SS.ma, Madre di Cristo, è solo una «messaggera celeste».
Tutto è possibile, anche che Padre Cavalcoli abbia ragione, ma ci sembrano davvero un po’ troppo miserelle queste precisazioni in bocca ad un teologo.

Un’ultima considerazione.

I valori della pace e della riconciliazione, dice Padre Cavalcoli, sono “vitali”, ma «possono realizzarsi solo nella piena obbedienza alla sana dottrina - non importa se antica o moderna - che ci viene insegnata dalla Santa Madre Chiesa di ogni tempo, compreso l’oggi, anzi si potrebbe dire soprattutto di oggi, perché è nell’oggi della Tradizione che la sacra Tradizione si presenta con la sua massima attuale esplicitazione».


Non ce n’era certo bisogno, ma con questa espressione Padre Cavalcoli ha voluto offrirci la corretta chiave di lettura del suo articolo: «è nell’oggi della Tradizione che la sacra Tradizione si presenta con la sua massima attuale esplicitazione».
La “sacra Tradizione”, dice lui, trova la sua massima attuale esplicitazione “nell’oggi della Tradizione”, poiché, diciamo noi, è risaputo che esiste un oggi della Tradizione, un ieri della Tradizione e un domani della Tradizione, tali che la Tradizione non è mai sempre e solo la “sacra Tradizione”, ma una Tradizione che è di oggi, di ieri o di domani.
Sembra un giuoco di parole, e invece non lo è, qui Padre Cavalcoli afferma che più tempo passa più la “sacra Tradizione” trova una “massima attuale esplicitazione”, che sarà sempre più massima e sempre più attuale in diretta corrispondenza col fluire del tempo. Questo concetto è uno di quelli direttamente mutuati dal mondo moderno, secondo l’insegnamento del Vaticano II: ogni tempo ha la sua verità. Una verità che in qualche modo ha le sue radici nell’oscurità precedente e che trova la sua “massima attuale esplicitazione” solo nell’oggi di questa stessa verità. Concetto invero alquanto criptico, ma che in definitiva spiega che la “sacra Tradizione”, cioè la trasmissione dell’unico insegnamento di Gesù, evolve col tempo, in modo tale che l’“oggi della Tradizione” possa continuamente differire dall’ieri della Tradizione in attesa che differisca ulteriormente nel domani della Tradizione.

Per finire dobbiamo spiegare brevemente perché ci siamo presi la briga di esaminare questo articolo di Padre Cavalcoli.
In esso si trova uno strano crescendo: non più la Fraternità disubbidiente, non più la Fraternità scismatica, ma la Fraternità eretica. I seguaci di Mons. Lefebvre sarebbero degli eretici che devono ritrattare, pena la scomunica e forse la dannazione eterna.
Perché tanto accanimento in Padre Cavalcoli, perfino clamorosamente in contrasto con quanto affermato dal Vaticano?
Nel chiudere il nostro articolo sulla Lettera aperta di don Nicola Bux, ci siamo chiesti: Si fa peccato a pensare che, forse, in fondo in fondo, sia stato proprio questo il più intimo intento di don Nicola Bux? Con riferimento al fatto che si potrebbe pensare che le sollecitazioni rivolte da lui alla Fraternità potessero essere parimenti rivolte al Vaticano.
Ora, non è detto che si tratti proprio di questo, ma abbiamo l’impressione che il crescendo espresso da Padre Cavalcoli tradisca il sospetto, suo e di altri che ragionano come lui, che Roma possa davvero tagliar loro l’erba sotto i piedi e regolarizzare unilateralmente la Fraternità “così com’è”, mandando a carte quarantotto tutte le loro profonde considerazioni e spedendo al macero i loro articoli e i loro libri.
In vista di una tale possibilità è umanamente comprensibile che Padre Cavalcoli e compagni cerchino di alzare la posta: i “lefevriani” sono peggio dei protestanti… i “lefevriani” sono i peggiori eretici… i “lefevriani” vogliono distruggere la Chiesa… i “lefevriani” vanno scomunicati e basta!
Altro che accordi! Altro che preamboli! Altro che ricomposizione della frattura! Altro che storie! Buttateli fuori, questi terribili nemici del Vaticano II, del Papa e della Chiesa!

“Parlami suocera e sentimi nuora”?.
Con chi ce l’ha veramente Padre Cavalcoli?

lunedì 26 marzo 2012

La lodevole iniziativa di Don BUX

Posto qui un interessante articolo del sempre ottimo Belvecchio che commenta la lodevole iniziativa di Don Bux (lodevole davvero), ma che porta in sé le stesse identiche contraddizioni di sempre dovute ad un’ermeneutica inconciliabile con la Fede di sempre, a tal proposito si veda anche il post: http://lux-hominum.blogspot.it/2012/01/un-effetto-senza-causa-e-il-dogma-della.html. Tutti vedono i risultati del concilio ma nessuno osa mettere mano alla causa.

Un analisi semplice, lucida e realistica.






Note a margine della lettera aperta di don Nicola Bux
a Mons. Fellay e alla Fraternità San Pio X


di Belvecchio





Il 19 marzo, Solennità di San Giuseppe, Patrono della Chiesa Universale, don Nicola Bux ha pubblicato sul sito a lui vicino, Ecclesia Mater, di Bari, una lettera aperta a S. Ecc. Mons. Bernard Fellay e a tutta la Fraternità Sacerdotale San Pio X, esortandoli con le parole di Santa Caterina da Siena: Venite sicuramente a Roma.

L’iniziativa è certo lodevole e particolarmente significativa, data la figura di don Nicola Bux, da anni consultore della Congregazione per la Dottrina della Fede, già dal tempo della prefettura del Card. Ratzinger, a cui notoriamente è vicino e del quale vanta una altrettanto notoria stima.

Lodevole, perché presenta un ragionamento semplice e chiaro: il Concilio Vaticano II ha prodotto “calamità” e “tenebre”, occorre apportare luce, e la Fraternità in seno alla Chiesa “aiuterà a portare maggiore luce”, e contribuirà “grazie alle vostre risorse pastorali e dottrinali, alle vostre capacità e sensibilità, al bene di tutta la Chiesa”.
Particolarmente significativa, perché si inserisce tra gli interventi in materia di questi ultimi mesi, sottolineando un aspetto della questione che gli altri sembravano ignorare.

In pratica, don Nicola Bux lancia un appello tanto semplice quanto controverso: rientrate nella Chiesa!
Ribadendo un convincimento tanto diffuso quanto malamente fondato: la Fraternità sarebbe fuori dalla Chiesa.
Ma è realmente così?

Se dal punto di vista strettamente canonico oggi le cose sembrerebbero stare così, è perché ci si dimentica che la Fraternità è nata con tutti i requisiti canonici necessari per essere un’opera della Chiesa e per 40 anni ha continuato ad essere un’opera della Chiesa, nonostante le forzature operate dal Vaticano per costringerla ad essere diversa da quella che era fin dalla sua legittima nascita.
Per usare la terminologia di don Nicola Bux, si può dire che una delle calamità prodotte dal Vaticano II è stata proprio la revoca della legittimità canonica posseduta dalla Fraternità. Revoca che si può certamente annoverare tra “i non pochi fatti del Concilio Ecumenico Vaticano II e del periodo successivo, legati all’elemento umano di questo avvenimento”, che hanno “addolorato grandi uomini di Chiesa”.
Se questo è vero, come lo è, non solo la Fraternità non può considerarsi fuori dalla Chiesa, ma ci si stupisce che, chi di dovere, non abbia ancora rimosso questo “fatto calamitoso”.
Continuare a parlare come se la Fraternità fosse fuori dalla Chiesa, significa avallare uno di quegli atti calamitosi che lo stesso don Nicola Bux denuncia e dei quali si dice addolorato.

Cosa manca perché la Fraternità, di fatto in comunione con la Chiesa, venga considerata in comunione anche di diritto?
Che l’autorità ecclesiastica annulli la famosa revoca del riconoscimento canonico del 1975; revoca che, illegittima allora, oggi, dopo 35 anni, si presenta in tutta la sua “calamità”, come indica don Nicola Bux.
È necessario ricordare, infatti, che come tale revoca appartiene all’insieme di quegli atti calamitosi generati dall’“elemento umano” del Concilio, giustamente segnalato negativamente da don Nicola Bux; così l’opera di Mons. Marcel Lefebvre, con la nascita e la persistenza della Fraternità, è da annoverare tra gli interventi divini, giustamente richiamati dallo stesso don Nicola Bux, atti a “rimediare ai tanti errori ed ai tanti cedimenti che tutti deploriamo”.
È notorio che fin dal suo nascere la Fraternità ha svolto quest’opera di correzione, e lo ha fatto anche con quegli atti che gli “uomini di Chiesa” a Roma hanno considerato e continuano a considerare illegittimi.

Senza la Fraternità non ci sarebbe stato il discorso alla Curia del dicembre 2005, né il Summorum Pontificum, né tampoco l’inizio della revisione critica dei documenti del Vaticano II, che oggi non scandalizza più nessuno e permette a don Nicola Bux di parlare di “fatti” che hanno “rappresentato vere calamità”.

Intendiamoci, è possibile che tutto questo si potesse verificare anche senza la Fraternità, solo Dio lo sa, ma a fronte della sua indimostrabilità, sta il “fatto” che è stata la Fraternità, da sola, a mantenere viva l’attenzione sulle calamità e sulla necessità di porvi rimedio, nonostante la sopraggiunta “illegittimità canonica” così tenacemente voluta da Roma, e forse anche grazie ad essa, e certo per volontà di Dio.

Non possiamo non credere “che Dio, in questi anni, abbia preparato e prepari uomini degni per rimediare ai tanti errori ed ai tanti cedimenti che tutti deploriamo”, come dice don Nicola Bux, ma questo non sta accadendo adesso: questo è già accaduto in questi 40 anni e porta nome e cognome: Mons. Lefebvre con i suoi vescovi, con i suoi sacerdoti, con i suoi religiosi e religiose, con i suoi numerosi fedeli e con tutto quello che ne è derivato in termini di iniziative e di riflessione, anche all’interno della Chiesa.

Perfino don Nicola Bux, in un certo modo, può considerarsi un figlio dell’opera di Mons. Lefebvre.

Di fronte a questi “fatti”, è davvero molto difficile riuscire a capire a che titolo la Santa Sede ponga delle condizioni per il riconoscimento canonico della Fraternità: cosa deve fare di ancora più cattolico la Fraternità, oltre a quanto ha fatto in questi 40 anni e che permette di dire a don Nicola Bux che “la vostra presenza, …, nella Chiesa aiuterà a portare maggiore luce… grazie alle vostre risorse pastorali e dottrinali, alle vostre capacità e sensibilità”?

Solo una seria riflessione su questi aspetti permette di soffermarsi correttamente sulle sollecitazioni di don Nicola Bux: “venite a partecipare a questo benedetto avvenire… il vostro rifiuto aumenterebbe lo spazio delle tenebre”.
Ma non è la Fraternità che si rifiuta di partecipare a questo benedetto avvenire, questo lavoro essa lo fa da 40 anni, ed è per questo suo lavoro che oggi si può timidamente azzardare che si intravedere un po’ di luce.

Se in qualche modo si può convenire che la regolarizzazione canonica della Fraternità amplierebbe “l’apporto che potrete dare, grazie alle vostre risorse pastorali e dottrinali, alle vostre capacità e sensibilità, al bene di tutta la Chiesa”, come dice don Nicola Bux, certo si rimane stupiti che la Santa Sede, per il bene di tutta la Chiesa, non abbia ancora annullato la revoca della legittimità canonica del 1975 e non abbia ancora ristabilito, come necessario, la regolarità canonica della Fraternità.
Tanto più che in varie occasioni, l’ultima è l’omelia del 2 febbraio scorso, la Fraternità ha ribadito che da parte sua non v’è alcun rifiuto: «Noi abbiamo parlato loro molto chiaramente: “se ci accettate è senza cambiamenti. Senza l’obbligo di accettare queste cose; allora siamo pronti. Ma se volete farcele accettare, allora è no”», ha detto Mons. Fellay nel corso di questa omelia. Ed ha ragione da vendere, poiché ciò che si vuole fare accettare alla Fraternità è quel Concilio Vaticano II che, come dice don Nicola Bux, ha generato “calamità” e “tenebre”.
A queste condizioni i ragionamenti di don Nicola Bux non servono a niente, perché è come se in questi 40 anni l’opera della Fraternità non fosse mai esistita.

Si dice che ci sarebbero anche questioni di opportunità e di realismo: non può certo essere il Vaticano a dichiarare che il Concilio è da rivedere; ma allora su che basi si dovrebbe svolgere quella illuminazione di cui parla lo stesso don Nicola Bux e alla quale dovrebbe concorrere la Fraternità?
Da questo punto di vista, è da quasi quattro anni che si parla pubblicamente, fuori dalla Fraternità, della necessità di realizzare una revisione critica dei documenti conciliari, e gli interventi sono stati numerosi e qualificati, seppure diversamente motivati, ma a tutt’oggi non è accaduto nulla di ufficiale, anzi ci si avvia a commemorare il cinquantennale del Concilio con iniziative dal sapore quasi esclusivamente apologetico.

Don Nicola Bux, col cuore pieno di speranza e di buona volontà, riteniamo, parla di alba incipiente che si accingerebbe a fugare le tenebre, e ricorda alcuni fatti promettenti in questo senso, dimenticando però che coevi ad essi ci sono altri fatti altrettanto significativi, prodotti dalla medesima autorità suprema della Chiesa e testimonianti l’ulteriore avanzare di quelle stesse tenebre che i primi dovrebbero fugare.
Se da un lato vi è il Summorum Pontificum, dall’altro vi è l’azione continua e metodica dei vescovi che lo demoliscono, anch’essi legittimi rappresentati dell’autorità ecclesiale; se da un lato vi è la remissione della scomunica, dall’altro vi è l’approvazione degli statuti e della pseudo liturgia dei Neocatecumenali, solo per fare un esempio; se da un lato vi è la Dominus Iesus, dall’altro vi è Assisi III e il Cortile dei Gentili; se da un lato vi è l’apertura di un confronto aperto sulla interpretazione del Concilio Vaticano II alla luce della Tradizione, dall’altro vi è il silenzio del Vaticano, rotto ogni tanto dall’esaltazione dei frutti prodotti dal Concilio; se da un lato vi è l’istanza dell’unità voluta da Gesù Cristo, dall’altro vi è la communicatio in sacris con gli eretici; e potremmo continuare a lungo; senza contare il perdurare dello svuotamento dei seminari, dei conventi e delle chiese.

Va tutto bene? Va tutto male?
No, va tutto come prima, con i suoi alti e bassi, con i suoi equivoci e con la sua confusione.
L’unica cosa che a tutt’oggi è certa è la promiscuità, la confusione, l’azione inclusivista attraverso la quale si riconosce la legittimità di qualsiasi novità, ad eccezione dell’unica cosa seria sorta a partire dal Concilio: la fedeltà alla Tradizione della Chiesa decisa e mantenuta dalla Fraternità San Pio X per 40 anni: questa è l’unica novità che ancora le autorità vaticane non intendono riconoscere, con la scusa che sarebbe in contraddizione col Concilio. Quindi?

Quindi, dice don Nicola Bux, occorre tenere presente “l’esperienza della comunione” a cui ci ha chiamati Gesù Cristo stesso. Comunione che “è disponibile ad ogni sacrificio per l’unità”, ut unum sint, ut credat mundum”, “perché è la testimonianza decisiva degli amici di Cristo”.
Non si comprende bene il senso del sacrificio richiesto da questa unità che, messa così, sembrerebbe trattarsi dell’unità per l’unità, cosa che non esiste minimamente nella citata preghiera di Gesù riportata nel cap. 17 del Vangelo di San Giovanni.
Quando il Signore Gesù prega il Padre ha in vista l’unità di coloro che hanno accolto le sue parole, che sono le parole del Padre: «Non prego solo per questi, ma anche per quelli che per la loro parola crederanno in me; perché tutti siano una sola cosa. Come tu, Padre, sei in me e io in te, siano anch'essi in noi una cosa sola, perché il mondo creda che tu mi hai mandato.
E la gloria che tu hai dato a me, io l'ho data a loro, perché siano come noi una cosa sola».

Così che questa unità non può essere fine a se stessa, essa è l’unità di coloro che hanno creduto e che crederanno all’unisono gli insegnamenti di Gesù Cristo, l'unità di coloro che saranno una cosa sola nella fedeltà al Figlio e al Padre, l'unità di coloro che professeranno l’unica e sola fede rivelataci dal Signore Gesù.

Dall’attenta considerazione delle parole di Gesù si evince che Egli non ha pregato affatto per l’unità tra coloro che hanno mantenuto la fedeltà alla Chiesa di sempre e coloro che continuano a giustificare le “calamità” e le “tenebre” prodotte dal Vaticano II…lungo questa strada non si incontra l’unità, ma la promiscuità, la confusione, l’inganno, la perdita della fede.

Seguendo fino alle estreme conseguenze le parole del Signore Gesù, appare logico che don Nicola Bux rivolga il suo appello, non tanto a Mons. Fellay e alla Fraternità, quanto al Card. Levada e al Vaticano.
Con i dovuti adattamenti tecnici questa lettera aperta, con particolare riferimento agli ultimi paragrafi, è da indirizzare a Roma piuttosto che a Ecône, perché è Roma che continua ad opporre il rifiuto e continua ad avanzare anacronistiche condizioni.

Si fa peccato a pensare che, forse, in fondo in fondo, sia stato proprio questo il più intimo intento di don Nicola Bux?



Dal sito: www.unavox.it

venerdì 23 marzo 2012

Bellissima risposta di Mons Williamson a Don Bux

per uscire dall'impasse, consacrare la Russia al Cuore Immacolato di Maria
Risposta pubblica alla lettera aperta di Mons. Nicola Bux
di S. Ecc. Mons. Richard WilliamsonVescovo della Fraternità Sacerdotale
San Pio XLondra, 22 marzo, 2012.

Monsignore,
nella lettera aperta del 19 marzo, indirizzata a Mons. Fellay e a tutti i sacerdoti della Fraternità San Pio X, Lei ci chiede di accettare la sincera e calorosa offerta di riconciliazione che il Papa Benedetto XVI sta facendo alla Fraternità per sanare l’annosa spaccatura fra Roma e la FSSPX. Essendo uno dei sacerdoti della FSSPX ai quali Lei si è rivolto, mi permetta di esprimerLe la mia opinione, su come, secondo me, avrebbe potuto rispondere quel “grande uomo di Chiesa” che fu Mons. Marcel Lefebvre.

La sua lettera inizia con un appello a fare “ogni sacrificio per l’unità”. Ma non può esserci vera unità cattolica che non sia fondata sulla vera Fede Cattolica. Il grande Arcivescovo fece ogni sacrificio per l’unità nella vera dottrina della Fede. Ahimè, i colloqui dottrinali del 2009-2011 hanno dimostrato che la spaccatura dottrinale fra la Roma del Vaticano II e la FSSPX è quanto mai ampia.

Riferendosi a questa spaccatura, Lei, il 19 marzo, parla solo di rimanenti “perplessità, punti da approfondire, da meglio chiarire”, ma il 16 marzo il Card. Levada è stato categorico dichiarando che la posizione assunta da Mons. Fellay il 12 gennaio “non è sufficiente a superare i problemi dottrinali”. Una volta Mons. Fellay ha osservato che per quanto gli uomini di Chiesa di Roma possano differire tra loro, sarà la loro unità a contare, ma in ogni caso sacrificare la Fede per l’unità equivarrebbe ad una unità infedele.

Certo, come Lei ci ricorda, la Chiesa è un’istituzione insieme divina e umana; e come è certo che l’elemento divino non può fallire, così in definitiva è la Chiesa stessa che non può fallire e il sole sorgerà di nuovo. Ma quando Lei dice che “già si intravede l’alba”, mi permetta di dissentire, perché la vera Fede che la FSSPX ha apportato nei colloqui dottrinali, non la si vede splendere nella Roma del Vaticano II, dove di conseguenza la FSSPX non può essere al sicuro. Essa non potrebbe apportare della luce se adottasse le tenebre conciliari.

La sincerità del Papa nel suo desiderare il ritorno della FSSPX alla “piena comunione ecclesiale”, com’è dimostrato da una serie di gesti di buona volontà, è fuori dubbio, ma “una comune professione di fede” fra la FSSPX e coloro che credono nel Vaticano II non è possibile, tranne che la FSSPX non venga meno alla Fede da essa difesa nei colloqui dottrinali. E quando al cospetto di ogni cedimento la FSSPX grida “Dio non voglia!”, questo grido, tolto là dov’è soffocato, viene compreso dovunque nel mondo e apporta alla Chiesa Cattolica quei frutti che oggi sono l’eccezione piuttosto che la regola.

Certamente, “questo è il momento opportuno”, è “l’ora favorevole” per una soluzione degli agonizzanti problemi della Chiesa e del mondo. Tuttavia, la soluzione sta in ciò che la Madre Celeste ha chiesto da lungo tempo, e questa soluzione dipende solo dal Santo Padre. Infatti, quando Nostro Signore affidò tale soluzione a Sua Madre, lei disse che si trattava dell’unica soluzione idonea, così che Egli non potrebbe permettere una soluzione diversa senza far passare Sua Madre per bugiarda! Cosa inconcepibile!

Pur essendo da tempo nota questa soluzione, com’è possibile che il Cielo abbia lasciato il mondo in un’angoscia come quella degli ultimi 100 anni, senza provvedere ad un rimedio come quello fornito tramite il profeta Eliseo per la lebbra del generale siriano Naaman? Umanamente parlando, bagnarsi nel Giordano sembrava ridicolo, ma nessuno poteva dire che fosse impossibile. Bastava solo un po’ di fede e di umiltà. Il generale pagano mise insieme la fede e la fiducia nell’uomo di Dio e fece ciò che aveva chiesto il Cielo, e ovviamente fu istantaneamente guarito.

Sia il Santo Padre a mettere insieme bastanti fede e fiducia nella promessa della Madre Celeste! Sia lui a cogliere questo “momento opportuno”, prima che l’intera economia mondiale crolli in rovina e prima che dei pazzi scatenino la terza guerra mondiale nel Medio Oriente! Sia lui, lo preghiamo, lo imploriamo, a salvare la Chiesa e il mondo, facendo semplicemente ciò che ha chiesto da tempo la Madre Celeste. Non è impossibile. Lei supererebbe tutti gli ostacoli a suo modo. Facendo ciò che lei chiede da tempo, solo il Papa potrà salvarci oggi da inimmaginabili – e inutili – sofferenze.

E se egli ritiene che un qualche apporto in preghiera e in azioni da parte dell’umile FSSPX, possa aiutarlo a consacrare la Russia al Cuore Immacolato di Maria, in unione con tutti i vescovi del mondo, che la Madre Celeste vuole radunati, egli sa che può contare in primo luogo sul sostegno di Mons. Fellay e degli altri tre vescovi della FSSPX,
l’ultimo dei quali è

il suo devoto servitore in Cristo
+ Richard Williamson

tratto da: http://www.unavox.it/Documenti/Doc0367_Williamson_22.03.2012.html

martedì 20 marzo 2012

ECCO DOVE CERCARE GESU', IL LIBRO DI MONS. PAGLIA

E' uscito il nuovo libro del Vescovo di Terni Vincenzo Paglia e apprendo in diretta questa incredibile intervista rilasciata ai microfoni del TG1.
Anor più sconcertante, benchè significativa dello stato di apostasia regnante, è il commento del suo collega scrittore Scaglia con cui ha scritto questo nuovo libro.
Quello che io seguo:Gesù non di spalle
Non ho letto il libro, qui si tratta di mettere in evidenza le dichiarazione fatte al TG!.
L'intervista è visibile qui:
http://www.tg1.rai.it/dl/tg1/2010/edizioni/ContentSet-9b6e0cba-4bef-4aef-8cf0-9f7f665b7dfb-tg1.html?refresh_ce

La commentatrice chiede come domanda principale cosa sia rimasto degli insegnamenti e della carità di Gesù, sulla base dei contenuti del libro e se è possibile "ancora un patto tra il Figlio di Dio e l'uomo"
Cosa?
Un altro?
Ma che farneticazione è questa?
E il Sacrficio del Calvario non è bastato?
Si prosegue: Dove si puo cercare Gesù?
Il Vescovo risponde:"fondamentalmente i luoghi sono 3 i Vangeli, la comunità cristiana, i poveri".
Niente più Chiesa Cattolica, niente più dogma di salvezza!
In pieno libero esame protestante,.
Il Vescovo non se la prenderà visto che parlo di una "comunità cristiana".(1)
Dulcis in fundo.
"Il Gesù che noi immaginiamo è un Gesù di spalle" (intenderà che si debba vergognare o perchè si vergogna mmmm) commenta Scaglia e udite udite "che va bene ai laici, ai credenti, ai musulmani, agli ebrei, cioè non si vede la faccia di Gesù"
Ma quale bestemmia!
Un persona si  riconosce dal volto non di spalle.
Quindi Gesù va bene a tutti basta non far vedere chi sia, cioè Dio, colui che è venuto a portare, oltre al suo amore, una spada sulla terra con cui dividerà le pecore dai caproni.
Colui che ha detto" chi non è con me è contro di me".
Agli stessi che lo disprezzano ha "parlato al mondo apertamente", non di spalle!
Incredibile!
"Gesù è un uomo che cammina" continua l'intellettuale "cammina verso la pace, la serenità verso la concordia e chi vuole lo segue".
Ma quando mai ha detto queste cose Gesù:"Vi lascio la pace vi do la mia pace ma non come la da il mondo, io ve la do" una pace che è solo in Cristo nel suo volto che irragia la Via, la Verità e la Vita, così come la carità e la pace.
Che dire, ci sono andati anche a Gerusalemme, sui luoghi della passione, per scrivere queste cose.
C'è un problema in tutto questo, caro dott. Scaglia, a seguire uno che cammina di spalle verso la pace, la serenità e la concordia non gli si riesce a vedere il barbizzo e gli occhi di brace allora quando gli si girerà in volto sarà ormai troppo tardi!
                 
                                                                                                                     Stefano Gavazzi

NOTA 1
"Nella società multietnica il vescovo è chiamato a divenire fautore di incontri ecumenici e del dialogo tra religioni. In questo modo egli è un operatore di pace in terre dove regnano la disperazione, il pessimismo e la paura."Rcensione di un suo altro libro ripreso qui: http://www.terninrete.it/headlines/articolo_view.asp?ARTICOLO_ID=79136

martedì 13 marzo 2012

Martino Lutero, Generatore di insulti online

Prova anche tu a farti insultare da lutero, io l'ho fatto, diventerai più ecumenico!
 
Martino Lutero
Potere essere insultato da Martino Lutero: un’iniziativa del sito web inglese Http:// ergofabulous.org/luther/ programmato da Tyler Rasmussen; è intitolato "Martino Lutero, Generatore di insulti".
Su questo programma ogni volta che si apre la pagina web appare qualche insulto selezionato dagli scritti di Lutero. Si può poi cliccare su Insult me again (“Insultami di nuovo”) per scoprire un insulto di più.
Non è sorprendente che una tale raccolta di citazioni sia possibile nelle opere di Lutero poiché esse sono davvero piene di insulti.
Ecco una piccola selezione delle sue tirate contro il Papa. Nel suo Sermone per la crociata contro i Turchi del 1529 si legge:
"Penso che il Papa è un diavolo incarnato e mascherato perché è l'Anticristo".
Dalla sua opera Contro il Papato fondato dal diavolo del 1545 derivano le seguenti citazioni:
"... Essi [i Papi] si adornano con il nome di Cristo, di san Pietro e di Chiesa, anche se sono pieni dei peggiori diavoli dell'inferno, pieni, pieni, e così pieni che non possono né espellere né vomitare né starnutire nessun diavolo. ... Ora vediamo che egli [il Papa] con i suoi cardinali romani non è nient’altro che un ladro disperato, nemico di Dio e dell'uomo, distruttore del cristianesimo e vivente dimora di Satana... "
"Il diavolo, che ha fondato il papato, parla e agisce sempre attraverso il Papa e la Sede romana."
"Vuoi sapere che cosa è il Papa e da dove viene? È un abominio di idolatria, prodotto da tutti i diavoli dalla fossa dell'inferno."
"Colui che è obbediente al Papa, è benedetto, ma lui, il Papa stesso, come roccia, non deve essere sottomesso e obbedire a nessuno. Dal quel momento tu hai il sacro diritto di considerare, alla luce di tutte le decretali, che il Papa, e il suo papato, è uno spettro demoniaco, che tira la sua origine da una comprensione sbagliata di Matteo 16; vale a dire da bugie, e da bestemmia, come nato dal posteriore del diavolo. "
"Nessuna buona coscienza cristiana può credere che il Papa sia il capo della Chiesa cristiana, né il vicario di Dio o di Cristo, ma è il capo della chiesa maledetta dei peggiori banditi della terra, vicario del diavolo, nemico di Dio, un avversario di Cristo e distruttore della Chiesa di Cristo, maestro di menzogna, di blasfemia e di idolatria, brigante e rapinatore della Chiesa e del signore laico, assassino di re e causa di tutti i tipi di spargimento di sangue, una puttana sopra ogni puttana, impegnata nella sua fornicazione, un anticristo, un uomo del peccato e figlio della perdizione, un lupo mannaro vero e proprio. "
"Ciò che viene dal Papa è il male assoluto sulla terra... Che Dio ci aiuti, Amen."
(Citazioni raccolte dalle Opera Omnia di Martino Lutero, edizione di Weimar)
Fonte: FSSPX Germania

lunedì 12 marzo 2012

Francia - GESTO STORICO: Per la prima volta, un Vescovo diocesano conferisce la Cresima per la Fraternità San Pio X

Pubblico dal sito della FSSPX.

Mons. Bonfils
Mons. Bonfils
Pubblichiamo la traduzione dell'articolo di Riposte Catholique di oggi 12 marzo 2012 che riporta l'evento.
Un gesto che scuote tutte le linee e spinge all’ammirazione. Ieri mattina, domenica 11 marzo, Mons. Bonfils, Vescovo della diocesi di Ajaccio, ha visitato la chiesa della Fraternità San Pio X ad Ajaccio (Corsica). Non era una semplice visita di cortesia o di pura diplomazia: non potendo Mons. Fellay recarsi ad Ajaccio per il momento, Mons. Bonfils ha proposto lui stesso di conferire il sacramento della Cresima ai 19 candidati.
Il presule ha conferito il sacramento nel rito tradizionale, poi ha celebrato la Messa di San Pio V.
Fonte: Riposte Catholique