venerdì 6 maggio 2011

Concilio di Basilea – Ferrara – Firenze – Roma sessione XXIII

Riporto un'estratto riguardante la forma del consenso del Papa alla sua elezione.

Elezione del Papa

(Forma del consenso).

In nome della santa ed indivisa Trinità, Padre, Figlio e Spirito santo.
lo N., eletto papa, col cuore e con la bocca confesso e prometto a Dio onnipotente, la cui chiesa col suo aiuto mi accingo a governare, e al beato Pietro, principe degli apostoli, che, fino a che vivrò questa fragile vita, crederò e terrò fermamente la fede cattolica come è stata tramandata dagli apostoli, dai concili generali, e dagli altri santi padri, specialmente dagli otto santi concili universali, e cioè dal primo di Nicea; dal secondo, di Costantinopoli; dal terzo, primo di Efeso; dal quarto, di Calcedonia; dal quinto e sesto, ugualmente di Costantinopoli; dal settimo, di Nicea; dall'ottavo, similmente di Costantinopoli; ed inoltre dal Lateranense da quelli di Lione, di Vienne, di Costanza, e di Basilea, concili generali anch'essi; prometto di conservare intatta questa fede fino all'ultima sillaba (28), di difenderla e di predicarla fino all'effusione della vita e del sangue; e similmente di seguire in ogni modo e di osservare il rito dei sacramenti della chiesa ad essa trasmesso.
Prometto anche di lavorare fedelmente per la difesa della fede cattolica, per la estirpazione delle eresie e degli errori, per la riforma dei costumi, e per la pace del popolo cristiano.
Giuro anche di attendere alla celebrazione dei concili generali e alla conferma delle elezioni, secondo le prescrizioni del sacro concilio di Basilea.
Ho sottoscritto questa professione di mia mano: la offro a te, con mente sincera, sull'altare, o Dio onnipotente, cui nel giorno del tremendo giudizio dovrò render conto di questo e di tutte le mie opere. Ripeterò solennemente questa professione nel primo concistoro pubblico.
Perché col passare del tempo una cosi salutare prescrizione non venga dimenticata dal sommo pontefice, ogni anno, nel giorno in cui si celebra l'anniversario della sua elezione o della sua incoronazione, durante la messa il primo dei cardinali presenti, pubblicamente, ad alta voce, legga in questo modo dinanzi al sommo pontefice: "Santissimo padre, rifletta la tua santità e consideri attentamente questa promessa che ha fatto a Dio il giorno dell'elezione". Quindi la legga; e in fine dica: "Veda, dunque, la santità tua, per l'onore di Dio, per la salvezza della sua anima, per il bene della chiesa universale, di osservare come meglio può quanto è stato premesso, in buona fede, senza inganno e frode.
Ricordati anche di chi fai le veci in terra: di colui, cioè, che diede la sua vita per le pecore (29), che per tre volte, prima di affidarle a Pietro, gli chiese se lo amasse (30); e che, giusto giudice, cui nessun segreto è nascosto (31), ti chiederà conto fino all'ultimo centesimo (32).
Ricordati di quanto hanno fatto il beato Pietro e gli altri pontefici che gli successero. Essi non pensarono ad altro che all'onore di Dio, alla propagazione della fede, al pubblico bene della chiesa, alla salvezza e all'utilità dei loro figli. E finalmente, ad imitazione del maestro e Signore, non esitarono a dar la vita per le pecore loro affidate.
Non voler accumulare tesori in terra, per te o per i tuoi, dove la tignola e la ruggine li consumano, dove i furfanti e i ladroni scassinano; ma accumula per il cielo (33).
Non fare accezione di persone, di sangue, di patria, di nazione (34). Tutti sono figli di Dio e affidati ugualmente alla tua cura. E di', come Cristo: Chi farà la volontà del Padre mio, che è nei cieli, quegli è mio fratello, mia sorella, mia madre (35).
Nell'assegnare le dignità e i benefici, non considerare la carne, i doni, o altro motivo temporale, ma solo Dio, le virtù e i meriti delle persone. Nel correggere i difetti, usa la disciplina ecclesiastica, memore di quale grazia meritò Pincas (36), di quale pena meritò Eli (37), l'uno riparando le
ingiurie fatte a Dio, l'altro fingendo di non vedere. Difendi; aiuta e sostieni i poveri e i miseri. Usa con tutti una paterna carità".
Terminate le solennità dell'incoronazione – e poi ogni anno dopo l'anniversario dell'incoronazione – almeno per otto giorni di seguito il sommo pontefice studi attentamente con i cardinali quale sia il modo migliore per mettere in pratica quello che con tanta solennità ha promesso a Dio.
E per prima cosa esamini con attenzione in quale parte del mondo la religione cristiana sia perseguitata dai Turchi, dai Saraceni, dai Tartari, e dagli altri infedeli; in quale regione prosperi l'eresia, lo scisma o qualsiasi altra specie di superstizione; in quali province i costumi, l'osservanza dei divini comandamenti e il retto modo di vivere vadano peggiorando, sia nel campo ecclesiastico che in quello secolare; ove, inoltre, la libertà della chiesa viene conculcata; tra quali re, principi e popoli imperversino gli odi, le guerre, o i pericoli di guerre. E dovunque come padre pietoso, cerchi di provvedere diligentemente, assieme ai suoi fratelli, con opportuni rimedi.
Provveduto a questi affari di carattere più universale ponga mano a ciò che gli è più vicino; e cominci ad ordinare in modo esemplare la casa, la servitù, la curia romana, dove e come riterrà necessario, e a riformarle sul serio, di modo che dalla sapiente riforma di quella che è la prima di tutte le altre chiese, le altre, che sono minori, sappiano attingere la purezza dei costumi, e non si dia ad alcuno occasione di calunnia e di maldicenza.
Cercando, quindi, di vigilare attentissimamente e di far vigilare sui grandi e sui piccoli, non tardi a correggere tutto ciò che egli troverà degno di correzione, e non lo dissimili, ben sapendo che doppio è il peccato: uno, quello che li si commette; l'altro, assai più grave, quello che ne consegue. Qualsiasi cosa, infatti, si compie nella curia romana facilmente viene preso come esempio. Di conseguenza, se languisce il capo, il male invade tutto il resto del corpo. La casa del pontefice, invece, e la curia devono essere come uno specchio terso; e gli altri, guardandolo, devono potersi conformare ad esso e vivere secondo il suo esempio.
Disperda, perciò, e sradichi del tutto da esse qualsiasi macchia di simonia, qualsiasi indegno concubinato, e qualsiasi cosa che possa offendere Dio o scandalizzare gli uomini.
Curi che i suoi impiegati non amministrino male i loro uffici; che non gravino nessuno, che non estorcano nulla abusando del loro potere o illecitamente; e che i capi degli officiali non permettono che le loro mancanze restino impunite. Non permettono neppure che qualcuno usi vesti e colori proibiti dai sacri canoni.
Istruisca con cura il clero romano, che gli è particolarmente e immediatamente soggetto, in ogni virtù ecclesiastica, ammonendolo che Dio non si compiace delle pompe dei vestiti, ma dell'umiltà, della dignità, della purezza della mente, della semplicità del cuore, della santità dei costumi, e dell'ornamento delle altre virtù: queste raccomandano chi le ha a Dio e agli uomini.
Riformi, inoltre il culto divino nelle chiese di Roma perché venga esercitato con la venerazione e disciplina che si conviene. Insegni, istruisca, diriga il popolo di Roma, che è la sua parrocchia per la via della salvezza. Imponga ai cardinali che visitino e riformino i loro titoli e le loro parrocchie, come è dovere del loro ufficio. Costituisca vicario in Roma un prelato di grande scienza, di vita provata ed esemplare, il quale eserciti la cura di vescovo in sua vece verso il clero e il popolo. E si informi spesso se questi attende diligentemente al suo ufficio………………………………………………….


                                                                                                              Stefano Gavazzi

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