E’ da notare che questo libro è stato edito nel 2001, molto prima cioè della così “mal detta” liberalizzazione della messa tridentina.
Il nostro amico ci chiedeva, su http://www.nullapossiamocontrolaverita.blogspot.it/2012/04/fa-dunque-mestieri-di-uscir-da-un.html#comment-form : Ho una domanda sulla riforma liturgica. Per avere una riforma liturgica, è necessario l'abrogazione del rito che vuole riformare e nel caso del Rito di San Pio V, lui non è stato abrogato. Quindi, come questo problema si riflette sulla riforma liturgica e nel rito di Paolo VI?
Sperando di aver fatto cosa utile mando un saluto al nostro caro amico.
Si può utilizzare con tranquillità di coscienza il messale riveduto da san Pio V?
Dopo la costituzione Missale romanum del 3 aprile 1969, è stato spesso domandato sotto quale regime di diritto si trova la liturgia romana tradizionale celebrata secondo il messale riveduto da san Pio V.
Santa Messa cattolica |
Al riguardo si invoca, oltre la stessa costituzione Missale romanum, una istruzione della congregazione per il Culto divino del 20 ottobre 1969, un discorso di Paolo VI del 26 novembre 1969, una nuova Istruzione della congregazione per il Culto divino del 14 giugno 1971, una Notificazione di questa Congregazione del 28 ottobre 1974, una allocuzione concistoriale di Paolo VI del 24 maggio 1976, infine una lettera della Congregazione per il Culto divino al vescovo di Siena del 1999.
Da questi documenti, di autorità e argomenti molto diversi, alcuni pretendono dedurre che il diritto liturgico comune della Chiesa latina sarebbe il messale di Paolo VI, essendo la possibilità di celebrare secondo il messale riveduto da san Pio V solo un semplice privilegio che può eventualmente essere accordato, sotto certe condizioni, nel quadro dell' indulto Quattuor abhinc annos del 3 ottobre
1984.
1984.
Tuttavia, la commissione cardinalizia istituita dal papa Giovanni Paolo II nel 1986, per esaminare l'applicazione del Motu proprio Ouattuor abhinc annos, puntualizzò all'unanimità che il messale di Pio V non era stato per nulla abrogato e che un vescovo non aveva il diritto di proibire ad un sacerdote l'uso di questo messale.
Effettivamente, l'esame attento degli argomenti addotti dai difensori dell' obbligatorietà del messale di Paolo VI manifesta chiaramente la falsità della loro tesi.
Il messale riveduto da san Pio V non è stato abrogato
Secondo il canone 20 del Codice di diritto canonico, una legge più recente abroga una legge più antica solo se lo dichiara espressamente. Ora, la lettera della Congregazione per il Culto divino al vescovo di Siena nel 1999 riconosce che «nella costituzione apostolica Missale romanum del papa Paolo VI non si trova una formula esplicita di abrogazione del Missale romanum detto di san Pio V». Il messale riveduto da san Pio V non è stato «obrogato» Secondo il canone 20 del diritto canonico una legge più recente sopprime o, come si dice tecnicamente, «obroga» una legge più antica se organizza la materia in modo interamente diverso e si sostituisce alla legge precedente.
La lettera della Congregazione per il Culto divino al vescovo di Siena del 1999 sembra sostenere che il messale riveduto da san Pio V sarebbe stato soppresso con una forma di obrogazione. I suoi argomenti tuttavia non sono pertinenti.
a) Questa lettera afferma anzitutto che «se la volontà del pontefice fosse stata quella di lasciare in vigore le precedenti forme liturgiche come un'alternativa di libera scelta, avrebbe dovuto dirlo esplicitamente». Invece il Codice di diritto canonico dichiara che «le leggi che stabiliscono una pena, o che restringono il libero esercizio dei diritti, o che contengono un'eccezione alla legge, sono sottoposte a interpretazione stretta» (canone 18) e che «nel dubbio la revoca della legge preesistente non si presume, ma le leggi posteriori devono essere ricondotte alle precedenti e con queste conciliate, per quanto è possibile» (canone 21).
b) Questa lettera afferma che la documentazione posteriore alla costituzione Missale romanum conferma il carattere obbligatorio del messale di Paolo VI, ma un semplice discorso pontificio o l'Istruzione di una congregazione romana non sono in grado di rendere obbligatorio
un messale che la costituzione apostolica, che tratta direttamente dell'argomento, non ha reso obbligatorio, poiché «da parte del legislatore inferiore non può essere data validamente una legge contraria
al diritto superiore» (canone 135 §2; cf. canoni 33 § 1 e 34 §2).
al diritto superiore» (canone 135 §2; cf. canoni 33 § 1 e 34 §2).
c) Questa lettera afferma che «l'uso» manifesta il carattere obbligatorio del messale di Paolo VI. Ora, questo uso non è mai stato universale; al contrario, la persistenza dell'uso del messale riveduto da san Pio V si è verificata in tutto il mondo, malgrado le persecuzioni e gli abusi di potere con il quale è stato colpito questo o quel
prete che usava di detto messale.
prete che usava di detto messale.
Buffonata sacrilega |
d) La lettera afferma che si può rafforzare per analogia il carattere obbligatorio del messale di Paolo VI «riferendosi al canone 6 §1, 4, in relazione con il canone 19». Ma, in fatto di analogia, bisognerebbe piuttosto supporre che il legislatore supremo, agendo con saggezza ed equità come il suo predecessore san Pio V, non abbia
voluto abrogare una liturgia più che centenaria. Inoltre, l'interpretazione per analogia si fa paragonando una legge nuova alle analoghe leggi precedenti: ora l'analogia proposta paragona una legge dubbia del 1969 a una legge promulgata soltanto nel 1983, poiché il canone ) § 1, 4 tratta del rapporto tra il Codice del 1983 e le leggi disciplinari anteriori. D'altronde, se si trattasse realmente di una abrogazione tacita, si sarebbe dovuto citare il canone 20, che tratta proprio della abrogazione tacita. Infine, sarebbe la prima volta che un papa ponga un atto di tale importanza (abolire un messale di almeno quattro secoli) senza dirlo esplicitamente.
voluto abrogare una liturgia più che centenaria. Inoltre, l'interpretazione per analogia si fa paragonando una legge nuova alle analoghe leggi precedenti: ora l'analogia proposta paragona una legge dubbia del 1969 a una legge promulgata soltanto nel 1983, poiché il canone ) § 1, 4 tratta del rapporto tra il Codice del 1983 e le leggi disciplinari anteriori. D'altronde, se si trattasse realmente di una abrogazione tacita, si sarebbe dovuto citare il canone 20, che tratta proprio della abrogazione tacita. Infine, sarebbe la prima volta che un papa ponga un atto di tale importanza (abolire un messale di almeno quattro secoli) senza dirlo esplicitamente.
Il messale riveduto da san Pio V si inscrive nel quadro di una consuetudine
Molto prima di essere una legge, il messale romano è una consuetudine millenaria: esisteva già da molti secoli prima della bolla Quo Primum promulgata da san Pio V. Ora una legge non può revocare le consuetudini contrarie centenarie e immemorabili senza farne espressa menzione (canone 28). La costituzione apostolica di Paolo
VI, col suo silenzio su questo punto, lascia perciò intatta questa consuetudine liturgica millenaria.
VI, col suo silenzio su questo punto, lascia perciò intatta questa consuetudine liturgica millenaria.
Il messale riveduto da san Pio V è protetto da un indulto Ma c'è di più: san Pio V ha accordato in perpetuo a tutti i sacerdoti un indulto specifico, concedendo loro il diritto perpetuo di celebrare in pubblico e in privato il rito da lui codificato, senza poter essere mai inquietati per questo. Questo indulto non poteva essere
soppresso senza una speciale menzione, «perché una legge universale non deroga al diritto particolare o speciale, a meno che non sia disposto espressamente altro dal diritto» (canone 20). La costituzione apostolica di Paolo VI, col suo silenzio su questo punto, lascia perciò intatto il privilegio perpetuo accordato da san Pio V.
soppresso senza una speciale menzione, «perché una legge universale non deroga al diritto particolare o speciale, a meno che non sia disposto espressamente altro dal diritto» (canone 20). La costituzione apostolica di Paolo VI, col suo silenzio su questo punto, lascia perciò intatto il privilegio perpetuo accordato da san Pio V.
Il messale di Paolo VI non può avere il carattere di una vera legge
Anche se le forme canoniche che abrogano oppure obrogano il messale riveduto da san Pio V fossero state perfettamente rispettate, anche se fosse stato possibile abrogare una consuetudine liturgica
millenaria, protetta per di più da un indulto specifico e perpetuo; l'obbligatorietà del messale di Paolo VI non sarebbe per questo stabilita.
millenaria, protetta per di più da un indulto specifico e perpetuo; l'obbligatorietà del messale di Paolo VI non sarebbe per questo stabilita.
«Perché un ordinamento promulgato da un legislatore sia una vera legge, obbligatoria per la comunità, - ci dice infatti Michiels (Normae generales juris canonici, Lublino, 1929, 1, p. 486) - è richiesto dalla natura delle cose che esso sia in se stesso, in rapporto al proprio oggetto, onesto e giusto, possibile da osservarsi e veramente utile per il bene della comunità; queste qualità costituiscono la ragione intrinseca delle leggi».
Ora, il messale di Paolo VI, a motivo dei suoi gravi difetti teologici, contribuisce positivamente all'affievolimento della fede, dela pietà e della pratica religiosa, come d'altronde dimostra l' esperienza di ogni giorno. A questo titolo questo messale non è né onesto né giusto, né utile per il bene della comunità. Perciò non ha il carattere di una vera legge e non può essere obbligatorio.
Si può usare con tranquillità di coscienza il messale riveduto da san Pio V
Il messale riveduto da san Pio V non è stato né abrogato nè “obrogato” dal legislatore; perciò se ne può. usare con ogni tranquillità di coscienza come di una legge liturgica sempre In vigore.
Il messale riveduto da san Pio V si inscrive nel quadro di una consuetudine, protetta per di più da un indulto specifico e perpetuo: a questo titolo, se ne può usare perciò con tutta tranquillità di coscienza.
Il messale di Paolo VI, a motivo dei suoi gravi difetti teologici non a e non può avere il carattere di una legge vera e obbligatoria:attendendo che il legislatore renda pubbliche le chiarificazioni teologiche, liturgiche e canoniche necessarie, si può perciò usare con tutta tranquillità di coscienza il messale riveduto da san Pio V.
NOTE:
1 Il problema della riforma liturgica. La messa del Vaticano II e di Paolo VI. Studio teologico e liturgico. Editrice Ichtys
2
Caro Stefano, grazie milla per questo testo! Farò la traduzione e dopo la pubblicazione nei blog che partecipo qui in Brasile.
RispondiEliminaHo trovato alcuni testi antichi della rivista "La Civiltà Cattolica", te invito in e-mail un elenco di quelli che penso essere più importante.
Un salutone dal Brasile!
Spero di averti aiutato sempre a tua disposizione.
RispondiEliminaSaluti in Cristo
CVCRCI
Sig. Stefano questa argomentazione credo non è sufficiente. Il MP così come è, insieme alla posizione della FSSPX, canonicamente traballa.
RispondiEliminaCaro Don Camillo non so a cosa si riferisca e francamente a me non interessa, un caro amico ha fatto una domanda ed io ho risposto: spero di averti aiutato.
RispondiEliminaQueste sono le informazioni che ho riprese da un libro della FSSPX se non vanno bene:
1) Farò presente alla FSSPX che la loro posizione canonicamente traballa (sebbene non si sappia in merito a cosa)
2) Anche la sua mi sembra alquanto insufficiente
3) Ci faccia comprendere di cosa sta parlando
4) Ci dia la risposta alla domanda di Gederson
Grazie
CVCRCI
Ovviamente non è una critica a lei, ma una riflessione che mi è sorta dopo il MP. Se ha piacere nel leggermi le manderò una email privata.
RispondiEliminaMa don Camillo la Verità e Verità se si riesce a meglio comprenderla ben venga, mi scriva pure con piacere leggerò è per questo che le ho risposto.
RispondiEliminaCVCRCI
Questo commento è stato eliminato dall'autore.
RispondiElimina