venerdì 9 agosto 2013

CALURA ESTIVA

Inizialmente avevo scritto un altro articolo per il blog cordialiter riguardo il suo articolo poi invece a commento degli sfortunati due interventi di quell’articolista preferisco usare l’arma della Carità proponendo un passo tratto da questo breve Insegnamento.

Con la speranza di una correzione fraterna assicuro che il primo destinatario di ciò che sotto è riportato è il sottoscritto.
Sia sempre lode e Gloria a Nostro Signore Gesù!

Ditemi un poco, voi che giudicate così facilmente il vostro prossimo: che cognizioni avete delle sue azioni? I giudici e i magistrati, prima di condannare uno, accusato come reo, fanno ricerche sopra ricerche. Dopo aver sentita l'accusa, esaminano con diligenza le prove da una parte e dall'altra, pesano tutte le circostanze del fatto, interrogano i testimoni, concedono la difesa al reo e fanno tutto il possibile per trarre la verità dalla bocca stessa dell'imputato, per non incorrere nel pericolo di proferire sentenze ingiuste. Ma noi, quando giudichiamo il nostro prossimo, non osserviamo alcuna di queste formalità. Solo da ciò che esternamente si vede, si giudica delle condizioni interne del cuore. Si giudica di tutto e si prendono per evidenti, i più leggeri sospetti. E non crediamo che siano falsi i nostri giudizi? Nessuna legge ancora ordina di intromettersi nel santuario dei cuori e di giudicarne i pensieri, le intenzioni, le idee, perché Dio solo può conoscere l'interno dell'uomo. La stessa Chiesa Cattolica, sebbene fondata da Gesù Cristo e illuminata dallo Spirito Santo, affinché non erri, in materia di fede e di costumi, non giudica mai le interne disposizioni e i movimenti del cuore. E noi, che non siamo che tenebre ed ignoranza, saremo così temerari ed audaci da giudicare la condotta del prossimo, la quale proviene dal fondo del cuore, perché l'azione esterna per sé non è né buona né cattiva, se non viene informata dall'interno? Ma se non capiamo neppure noi stessi, come possiamo pretendere di conoscere l'intimo degli altri? Non è forse vero che tante volte, essendo sorpresi da tentazioni di odio, d'invidia, d'impurità, non sappiamo neppure decidere se abbiamo acconsentito o no, e per levarci ogni ansietà, siamo pronte ad accusarcene in confessione come ne fossimo rei davanti a Dio? Se non sappiamo tante volte cosa passa nel nostro cuore, nel nostro intimo, come possiamo giudicare ciò che passa nell'intimo del cuore altrui? Decidiamo delle altrui intenzioni, senza timore di ingannarci; e con facilità definiamo il prossimo reo di questo o di quel difetto. Può darsi temerarietà maggiore di questa? Ma noi, padre, dirà forse qualcuna, non giudichiamo dalle sole apparenze, giudichiamo da ciò che vediamo con i nostri occhi. E il giudicare da quel che si vede, non è giudicare dall'apparenza e perciò temerariamente? Giudicare dalle apparenze, ci si mette a rischio di cadere in inganno.





Le abominazioni di Sodoma e Gomorra erano divenute così pubbliche e pestifere, che avevano contaminato tutto il paese all'intorno e, secondo l'espressione della divina Scrittura, erano salite fino al trono di Dio. Che fa Iddio? Giudica forse quegli sciagurati sull'istante e dà loro il meritato castigo? « No, esaminerò meglio la loro causa », dice Egli. Vuole portarsi sul luogo e constatare di persona l'entità di quell'enorme delitto. Ma perché questo? Iddio non è presente in ogni luogo? Non conosce minutamente ogni cosa, senza aver bisogno di portarsi a vedere? Perché, dunque, venire sul luogo a vedere, se la cosa sia vera? Per ammaestrare noi, dice S. Gregorio, e farci intendere che quando si tratta di giudicare il nostro prossimo non dobbiamo farlo così a precipizio, per quanto i fatti sembrino manifesti e divulgati. Bisogna andare adagio, prendere informazione diretta, non starsene alle relazioni altrui, esaminare se i fatti siano così, o altrimenti, per evitare i giudizi temerari. E la causa di questi giudizi sapete qual è? E' perché si giudica secondo le proprie passioni. Sì le nostre cattive passioni sono quelle che ci spingono a giudicare il prossimo non solo senza carità, ma anche senza giustizia. L'invidia, l'amor proprio, la superbia non ci lasciano mai pensar bene del prossimo, ci fanno comparire colpevoli quegli stessi che sono innocenti. Davide agli occhi di Giònata sembrava innocente e tanto caro da essere amato da tutti; agli occhi di Saul, invece, lo stesso Davide pareva così malvagio, da giudicarlo degno di morte. Come mai un giudizio così diverso sulla stessa persona? Perché Giònata aveva un cuore ben fatto e questo lo faceva giudicare rettamente del suo amico; Saul invece aveva un cuore, maligno e lacerato dall'invidia che lo portava a fare sinistri giudizi. Gesù conduceva una vita irreprensibile, eppure scribi e farisei lo facevano passare per un peccatore. Sapete perché? Essi erano dominati da interessi e da amor proprio, e temevano che i suoi insegnamenti facessero loro perdere la stima del popolo. Così capita anche a noi, sorelle mie, giudicando il nostro prossimo con cuore accecato dalle passioni: tutto ciò che vediamo in esso ci pare vizioso e malvagio.



Stabiliamo dunque, come frutto di questa istruzione di non alzar mai più tribunali contro i nostri simili, né giudicare mai più alcuno dei nostri fratelli, perché non avendo noi autorità di farlo, mancandoci la sufficiente cognizione di poterlo fare rettamente ed essendo d'ordinario prevenuti dalle passioni, i nostri giudizi non possono essere che temerari e conseguente-mente peccaminosi. Cerchiamo di giudicare noi stessi e non gli altri, perché noi saremo giudicati da Dio non sopra le azioni altrui, ma sopra le nostre. S. Paolo ci avvisa che se giudicheremo e condanneremo noi stessi, non sentiremo più un giorno i rigori del giudizio di Dio.


Tratto da Don Agostino Roscelli- il giudizio temerario

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