Definizione e divisione
La nostra fede pone le fondamenta sulla roccia sicura che è Cristo il quale magnificamente portò a compimento il sacrificio offerto al Padre per la nostra salvezza lasciando a Pietro ed ai suoi apostoli il compito di tramandare la sua Divina Rivelazione non senza continuare l’opera nella Persona dello Spirito Santo.
Questo tesoro incommensurabile, il deposito della fede, (depositum fidei) viene tramandato di generazione in generazione per mezzo del magistero della santa Chiesa cattolica che il Redentore volle fondata Santa ed unica su Pietro.
Essa, sempre eterna e feconda trasmette, (dal latino tradere appunto trasmettere) con l’assistenza sicura dello Spirito Santo la Verità rivelata da Nostro Signore Gesù.
La tradizione, nella nostra fede, rappresenta una delle due fonti della rivelazione, la Chiesa è l’organo deputato proprio alla sua trasmissione e da queste prime parole già si evince l’importanza e la sacralità del compito affidato alla Chiesa ed al suo magistero nella persona di Pietro e di tutti gli apostoli chiamati a non cambiare neanche una virgola della parola rivelata.
Gli strumenti atti alla trasmissione del deposito sono il simbolo della fede, gli scritti dei Padri, la pratica della Chiesa, gli atti dei martiri e i monumenti archeologici.
L’altra fonte della rivelazione è naturalmente la Sacra Scrittura.
Della Tradizione dobbiamo tenere in considerazione due aspetti non disgiungibili tra loro, pena cadere in errori modernisti, uno formale riguardante l’organo vivo quali le persone e l’istituzione ecclesiastica, l’altro materiale riguardante l’oggetto della trasmissione cioè la dottrina ed i costumi.
Separando o dando un primato all’aspetto soggettivo si incorrere nel pericolo di scambiare la Tradizione “vivente” con il magistero vivente (del papa regnante) considerandola “cangiante”.
Il magistero della Chiesa è vivente e cangiante ma non lo è di certo il contenuto della Tradizione che appartiene tutto al suo Rivelatore e che vive in eterno secondo le stesse parole di Cristo che dice: Il cielo e la terra passeranno, ma le mie parole non passeranno. Matteo 24:35
La Tradizione si divide in:
a) Tradizione divina
b) Tradizione divino-apostolica
La tradizione divina è l’insieme degli insegnamenti e precetti direttamente rivelati a oralmente da Nostro Signore Gesù agli Apostoli, mentre quella divina-apostolica è quella che gli Apostoli ricevettero dallo Spirito Santo.
Noi, pertanto, riceviamo per mezzo del magistero della chiesa cum Petro e sub Petro ciò che gli Apostoli trasmisero ai primi discepoli, compito del magistero è quello di tramandare questi insegnamenti divini nel tempo ai fedeli mantenendoli inalterati.
Lo Spirito Santo e la Tradizione vivente
Fondamentale nella trasmissione del deposito è l’assistenza dello Spirito Santo il quale “v'insegnerà ogni cosa e vi ricorderà tutto ciò che io vi ho detto” (Gv 14,26) dice il Signore, infatti lo Spirito ricorderà ogni cosa detta dal Signore poiché prende dal Signore e lo testimonia per mezzo della Chiesa.
Ma la tradizione si esaurisce con la morte dell’ultimo Apostolo pertanto lo Spirito Santo non aggiungerà nulla di quanto già detto da Gesù, è ovvio, è necessario dunque che questa tradizione si trasmetta in modo omogeneo ed intatto tenendo conto di confrontare eventuali “novità” secondo quanto insegna il Concilio Vaticano I: Dei sacri dogmi, quindi è da ritenersi sempre quel significato che ha determinato una volta la santa madre chiesa e non bisogna mai allontanarsi da esso, a causa e in nome di una conoscenza più alta.
Cresca pure, quindi, e progredisca abbondantissimamente, per le età della storia, l’intelligenza, la scienza, la sapienza, sia dei singoli che di tutti, di ogni uomo e di tutta la chiesa, ma solo nel suo ordine, nello stesso dogma, nello stesso senso e nello stesso modo di intendere, come disse San Vincenzo di Lerino (Commonitorio 28- eodem sensu et in eadem sententia).
Lo stesso padre diede una definizione del modo di intendere le novità la quale prevedeva di preoccuparsi che esse siano state credute sempre, ovunque e da tutti.(Commonitorio II)
Nella lettera Apostolica Munificentissimus Deus, meravigliosamente Papa Pio XII scrisse: Il magistero della chiesa, non certo per industria puramente umana, ma per l'assistenza dello Spirito di verità (cf. Gv 14,26), e perciò infallibilmente, adempie il suo mandato di conservare perennemente pure e integre le verità rivelate, e le trasmette senza contaminazione, senza aggiunte, senza diminuzioni. "Infatti, come insegna il concilio Vaticano, (il primo naturalmente) ai successori di Pietro non fu promesso lo Spirito Santo, perché, per sua rivelazione, manifestassero una nuova dottrina, ma perché, per la sua assistenza, custodissero inviolabilmente ed esponessero con fedeltà la rivelazione trasmessa dagli apostoli, ossia il deposito della fede"
Solo mantenendo questa continuità di insegnamento la Tradizione risulta viva, questa vitalità va intesa solamente nella continuità con la dottrina ricevuta dagli Apostoli tenendola sempre distinta dal magistero vivente come sopra specificato.
La Tradizione è immutabile, sempre vera ed unica come immutabile, sempre vero ed unico colui che la Rivelò, interrompere questa continuità significa uccidere la Tradizione, essa rimane viva solo se conserva la sua natura.
Il magistero pertanto ha il compito di trasmettere ciò che ha ricevuto mantenendo inalterato il contenuto della rivelazione, i modernisti confondendo la Tradizione con il Magistero vivente la intendono come evolutiva, cangiante, eterogenea nella sostanza.
Il magistero vivente
E’ evidente che il magistero vivente è tale per il susseguirsi dei Papi fino alla fine del mondo, esso, come abbiamo detto è il custode del deposito e si esplica attraverso diversi strumenti tra i quali il dogma è il più importante.
Il dogma è una verità rivelata da Dio contenuta nelle due fonti della Rivelazione che ne rappresentano il contenuto materiale (dogma materiale) e proposta a credere ai fedeli come necessaria per la salvezza dal Magistero della Chiesa che ne costituisce il dogma formale.
Chiunque neghi l’assenso a ciò che è definito dalla Chiesa come dogma formale è ritenuto eretico ed è ipso facto scomunicato.
La definizione dogmatica è appunto la dichiarazione con cui la Chiesa obbliga i fedeli a credere una verità rivelata.
Tale definizione può avvenire attraverso il magistero ordinario del Papa in maniera non solenne quanto al modo, ma evidentemente obbligante nella sostanza essendo o una verità rivelata da Dio o insegnata universalmente e costantemente da tutta la Chiesa, oppure attraverso il magistero straordinario o solenne quanto al modo ad esempio con un concilio ecumenico od una dichiarazione ex cathedra.
Altresì Pio IX nella sua lettera, Tuas libenter, indirizzata al vescovo di Monaco spiega che “quella obbedienza che concretamente si deve alla fede divina, ….. non si dovrebbe limitare alle verità espressamente definite da decreti dei Concili ecumenici o dei Romani Pontefici e di questa Sede Apostolica, ma deve estendersi anche alle verità che dal magistero ordinario della Chiesa, diffusa in tutto il mondo, vengono trasmesse come divinamente rivelate, e perciò dal comune e universale consenso dei Teologi cattolici sono ritenute materia di fede”.
Ricapitolando possiamo dire che il magistero è al suo più alto livello quando è straordinario o solenne mentre è ad un livello ordinario se è del Papa e dell’episcopato sparso su tutta la terra (magistero ordinario universale).
Pio IX racchiude il magistero ordinario infallibile entro il consenso teologico universale e costante in materia di fede. Universalità e costanza (oltre il proporre a credere come rivelato) sono la legge del magistero ordinario infallibile come pure della Tradizione (“semper, ubique, ab omnibus” Commonitorio II). Condizione indispensabile del magistero ordinario infallibile è che il Papa o il Papa e i vescovi sparsi fisicamente ciascuno nella propria diocesi, ma uniti dottrinalmente al Papa, espongano e trasmettano ai fedeli un medesimo ininterrotto insegnamento come dottrina rivelata o strettamente derivata dalla Rivelazione e quindi universalmente e costantemente ritenuta dalla Chiesa.
Da questo non si può però dedurre che il magistero ordinario sia sempre infallibile, se non ricorrono le condizioni suddette esso è infallibile solo se il Papa vuole proporre una verità come rivelata e costantemente ritenuta nella Chiesa cattolica.
L’infallibilità ,di cui ormai si vuol insignire ogni insegnamento papale, tranne quelli antecedente al CVII evidentemente, al fine di stravolgere le menti di coloro che troppo docilmente seguono la creatura piuttosto che il Creatore, presuppone la volontà di definire, obbligando a credere come dogma una verità contenuta nel Deposito della Rivelazione scritta o orale. Per cui il magistero è la regola prossima della fede, mentre Scrittura e Tradizione ne sono la regola remota.
Infatti, è il magistero della Chiesa che interpreta la Rivelazione e propone a credere con obbligatorietà ciò che è contenuto in essa come oggetto di fede, per la salvezza eterna.
Conclusioni
Il magistero quindi custodisce, spiega ed interpreta la Parola di Dio scritta ed orale, e il concetto di vera Tradizione è sempre collegato all’assistenza di Dio ed al magistero a patto che esse vengano considerate in maniera distinta.
Il vero senso della Tradizione lo si avrà tenendo uniti i suoi due aspetti, quello soggettivo/formale con quello oggettivo/materiale come sopra detto, facendo prevalere il primo si corre il rischio di incorrere nell’evoluzione eterogenea del dogma, assolutizzare il secondo potrebbe condurre al rischio di non discernere tra vera e falsa tradizione come nell’evidente caso della comunione sulla mano.
Tra magistero e Tradizione vi è distinzione ma non separazione perché la Chiesa possiede e trasmette la Scrittura e la Tradizione.
Da tutto ciò risulta la parte essenziale che svolge il magistero nel dare, “tutti i giorni sino alla fine del mondo”, la retta interpretazione soggettivo/formale del contenuto dommatico morale della Tradizione, avendone garantito ieri la veridicità del contenuto passivo o oggettivo/materiale.
Stefano Gavazzi
Fonte: SiSiNoNo 31/05/2010 n°10
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