venerdì 2 dicembre 2011

Per meglio capire la Fraternità San Pio X

Monsignor Lefebvre
Come tutto è cominciato - L'inizio della Fraternità San Pio X raccontato da Monsignor Lefebvre stesso:
Arriviamo alla fine ... Alla fine ed all'inizio ... All'inizio della fondazione della Fraternità, ed alla fine del mio periplo... dopo la Congregazione.
E stato lì che dei preti, come il reverendo Aulagnier, reverendo Cottard, i reverendi che erano al seminario francese a Roma e altri, erano cinque o sei, sono venuti a trovarmi ed a descrivermi la situazione al seminario francese dove tutto si aggravava: niente più disciplina, i seminaristi uscivano di notte, niente tonaca, la liturgia cambiava tutte le settimane. C'era una squadra liturgica che era incaricata ogni settimana di inventarne un'altra...
Era veramente un disordine inverosimile in questo seminario francese che avevo conosciuto così prospero e di cui conservavo un così bel ricordo.
Allora, questi giovani seminaristi insistevano perché facessi qualcosa per loro, sapendo che ero ormai libero. Personalmente non tenevo a riprendere un lavoro. Eravamo nel 1969, e stimavo - avevo quasi sessantacinque anni - che non era il momento per me di ricominciare ancora un'altra cosa. Molte persone si ritirano in pensione a sessantacinque anni; allora avevo forse il diritto di mettermici anch'io.
Di fronte alla loro insistenza, ho voluto occuparmi di loro, ma senza mai pensare di fondare una qualunque società, lungi da me quest'idea!
Friburgo

Quando ero Superiore Generale, avevo avuto dei contatti con la Svizzera e con la provincia in Svizzera, che aveva una casa per accogliere gli studenti e li mandava a seguire i corsi all'Università di Friburgo. Conoscevo bene monsignor Charrière, egli era venuto a Dakar quando ero Arcivescovo, lo conoscevo personalmente. Con lui, c'era modo di intendersi per mettere questi pochi seminaristi nel seminario dei Padri dello Spirito Santo a Friburgo, perche potessero proseguire i loro studi all’Università. Io vedevo in questa sistemazione la soluzione più semplice.
Allora, ne ho anche inviati alcuni subito per tirarli fuori da quell'ambiente nel quale si trovavano. Sono andato una o due volte a Friburgo, cosi, per vederli, per vedere un po' come andavano le cose. Ma anche lì, si faceva I'aggiornamento. Anche lì, si facevano i cambiamenti. I seminaristi non erano più contenti di stare nella comunità dei Padri dello Spirito Santo, perche si stava cambiando la liturgia, ci si metteva in civile e non c'era più disciplina. “Oh! dissero loro, non resteremo a lungo, non abbiamo formazione, non ci danno niente, niente conferenze spirituali, niente di niente. Non possiamo rimanere così”.

“Oh! Questo è preoccupante”, mi dissi.
Allora, sono andato a trovare monsignor Charrière e gli ho chiesto se non c'era comunque qualcosa a Friburgo che fosse migliore di questa casa dei Padri dello Spirito Santo, dove i pochi seminaristi di cui mi occupavo, potessero trovare posta ed una certa formazione. Egli mi rispose: “Vede, Monsignore, la situazione è molto brutta attualmente, essa va sempre peggiorando e sono molto pessimista per l'avvenire stesso della diocesi e della formazione sacerdotale. Sono pessimista; non so come le cose si svolgeranno. In ogni caso, sì, noi abbiamo un seminario interdiocesano che serve tutte le diocesi della Svizzera e che riceve anche degli studenti in civile. Di conseguenza, potrebbe ben ricevere anche i suoi studenti. Allora, forse, andate lì a vedere”.

Sono andato a vedere questo seminario interdiocesano.
Il Superiore ricevendomi amabilmente mi disse: “Monsignore, noi riceviamo degli studenti laici, siamo disposti a ricevere ancora qualche giovane seminarista in più che andrebbe all’Università. Non ci sono problemi, pero, tenete presente che qui, non c’è nessuna formazione speciale per i seminaristi. Qui sono in pensione, loro fanno ciò che vogliono, si organizzano come vogliono; noi, non ci occupiamo di loro. Però se vogliono, essi possono benissimo assicurarsi gli esercizi di pietà fra di loro, insieme, in cappella... non ci sono problemi. Ma da parte nostra, non aspettatevi niente. Noi li ospitiamo, li nutriamo ma non facciamo niente di più”.

Ho pensato: “Ritrovo dunque la stessa situazione dei Padri dello Spirito Santo. La liturgia ufficiale sarà ancora una nuova liturgia e poi tutto il resto sarà in cambiamento ... Allora, non vale la pena che ci vadano. Non c’è disciplina, possono uscire in qualsiasi momento, anche di notte. Non è possibile! Non posso prendere la responsabilità della formazione di seminaristi in condizioni simili”.

Cosa fare? Ci doveva essere comunque una soluzione. Sapendo che mi occupavo un po' di seminaristi, il padre Philippe, domenicano, il sig. Bernard Fay, un laico, tutti e due professori all'università, il padre reverendo d'Hauterive ed un altro laico, anche lui amico nostro, che si occupava dell'insegnamento a Friburgo, hanno chiesto di vedermi. Volevano parlare un po' con me di questa questione della formazione dei seminaristi. Essi si interessavano e si chiedevano se non c'era un modo per fare qualcosa.
Allora, mi hanno fatto venire a casa del sig. Bernard Fay e hanno insistito con me. Mi dissero: “Monsignore, bisogna che facciate qualcosa, non potete lasciare questi seminaristi così. Ci impegniamo di inviarvene altri, ciò non è difficile. Attualmente ne conosciamo alcuni che desiderano avere una seria formazione”.

Risposi: “Ho sessantacinque anni adesso e devo ricominciare tutto!... Bene, accetto volentieri di interessarmi di questi seminaristi, di trovare i soldi per la loro formazione per pagare la pensione, di orientarli un po' verso degli studi buoni, accetto di aiutarli. Che si trovino un prete, un cappellano che si occupi un po' di loro; qualcosa cosi, va bene! Ma io adesso, sono a Roma, e non ho intenzione di lasciare Roma. Non vorrei iniziare ancora qualcosa”.

Di fronte a questo progetto che non mi attirava per niente, una volta di più, ancora lì, è stata la Provvidenza che mi ha obbligato ad andare avanti. Ho detto: “Bene! Sentite, è semplice, voi insistete, dunque sarà monsignor Charrière che deciderà. Conosco monsignor Charrière, il Vescovo di Friburgo, andrò a trovarlo. Se egli mi incoraggia, bene, vedrò se posso organizzare qualcosa per questi seminaristi!! Ma non era assolutamente in questione creare una Fraternità: semplicemente occuparmi in modo più particolare di questi seminaristi. “E poi, se monsignor Charrière non fosse d'accordo, allora, non faro niente faro quel che mi dirà”.

Ho incontrato monsignor Charrière e gli ho esposto la questione. Egli mi disse: “Si, si, ma certo, sapete, la situazione è molto grave, vedrete, le cose peggioreranno. Fate, fate, vi supplico. Cercate qualcosa qui in città, affittate una casa, metteteci i vostri seminaristi ed occupatevi di loro. Se no, non avranno nessuna formazione. Bisogna fare qualcosa per loro. Non bisogna abbandonarli” E beh! Ho risposto: “Visto che siete la voce della Provvidenza, vedo cosa si può fare. Rifletterò, e poi cercherò di trovare un alloggio”.

Allora, con i nostri amici di Friburgo, ci siamo messi in cerca per vedere se potevamo trovare un locale da affittare in città per metterci i nostri seminaristi, affinché fossero in un quadro più conforme alla formazione che desideravamo dare loro; una vera formazione, una formazione da seminaristi con una cappella, con la Messa, con conferenze spirituali, con un regolamento, una disciplina, ecc... Un ambiente da seminario.
Via di Marly

Abbiamo trovato qualcosa dai padri di don Bosco, in via di Marly. I Padri hanno accettato di affittarmi praticamente un piano della loro casa, dove c'era la possibilità di sistemare una cappella, con delle stanze dove si potevano alloggiare una decina di persone. Accettavano pure di darci un refettorio separato. Essi alloggiavano gli studenti sperando che uno o l'altro avrebbe potuto avere la vocazione da salesiano. Ma, di fatto, non c'erano molte vocazioni. Era, se volete, come una pensione per giovani che andavano a seguire i loro studi in città, ma la pensione non era piena; allora, il padre salesiano che se ne occupava da solo, era contento, in fin dei conti, di affittare una parte dell'edificio perche ciò gli portava dei soldi per equilibrare il suo bilancio. Egli ci ha ricevuto gentilmente; abbiamo sempre avuto dei buoni rapporti con lui durante l'anno che abbiamo passato lì.
Si è cominciato, aspettando di vedere chi venisse... Il reverendo Aulagnier, il reverendo Tissier de Mallerais (uno dei nostri Vescovi attuali), il reverendo Pellabeuf e poi sei altri, inviati dal padre Philippe e da altri amici di Friburgo, in modo che all'inizio, erano nove. Ho cercato di trovare un prete per aiutarmi, visto che ero ancora occupato a Roma con Propaganda. Non pensavo, d'altronde, di dedicarmi interamente a quest'opera. Questi seminaristi avrebbero fatto i loro studi di filosofia, di teologia all'università di Friburgo, non ci sarebbero stati dei corsi di seminario propriamente detti in questa casa di don Bosco. Essa sarebbe stata piuttosto un ambiente spirituale per aiutarli a seguire gli studi e anche a formarsi spiritualmente, sacerdotalmente. Allora, ho trovato il reverendo Clerc, che e venuto ad aiutarmi per qualche tempo. L'ottobre 1969 e stato dunque l'inizio di questo piccolo focolare ...
La Provvidenza, una volta di più, mi guidava per sentieri dove non volevo particolarmente incamminarmi. Ma ho camminato!
Una strana malattia

Poi, ecco che mi ammalo: ma veramente malato, a partire dall'8 dicembre. Ero a Roma, e avevo l'influenza, una brutta influenza; l'influenza di Hong Kong. E non so quale malattia mi stava prendendo, stavo male, mi faceva male il fegato, male ovunque, dormivo difficilmente. Ero obbligato a curarmi, non potevo fare altrimenti. Sono andato dai Padri dello Spirito Santo a riposare un po' per qualche settimana, contando sul reverendo Clerc per occuparsi di questi seminaristi; ma il mio stato di salute peggiorava.
Allora, finalmente sono entrato in clinica a Friburgo. Veramente, credevo di scomparire! Non potevo più mangiare, avevo la lingua disseccata, una lingua di legno, e il caso di dirlo. Non potevo inghiottire pili nulla. I medici... le analisi ... Sapete com'è: analisi sopra analisi. Si analizzava tutto: “Non c 'è  niente, non risulta niente, non avete niente!”. Non avete niente, ma nel frattempo, non potevo più mangiare, dimagrivo, me ne andavo!
Allora, una volta di più, ebbero l'idea di fare un sondaggio nello stomaco e nel fegato. Non so chi ha dato loro quest'idea, fortunatamente. È la Provvidenza, suppongo, ma in ogni caso, hanno scoperto che avevo dei parassiti. Dei parassiti che mi stavano rosicchiando il fegato: degli strongili! Hanno fatto analizzare i prelievi dall'Istituto tropicale di Bale; e la risposta è stata: “strongili, bisogna che prenda tale e tale medicina per sbarazzarsene e dopo una breve convalescenza andrà meglio”. Ma dove mi sono buscato questo? Non ne so niente! Dicevamo, bah! in Africa, sicuramente. Ma I'Africa, era da tempo che I'avevo lasciata, non era possibile. Allora, vi hanno avvelenato! Perché no! Non ne so niente io! Ma allora..., la risposta più divertente, era quella di mia sorella più giovane suor Maria Teresa della Colombia. Era una dispettosa! Era andata a cercare nel dizionario Medico Larousse, la definizione del termine «strongili»: parassita che si trova generalmente nei porci e che si scopre solo dopo l'autopsia! Oh! Eccomi aggiustato per le feste! Lei era contentissima di aver trovato la cosa nel Larousse Medico. Meno male che non hanno trovato ciò dopo l'autopsia, ma prima... Allora, mi sono curato e fortunatamente sono guarito.
Ho potuto dunque riprendere il lavoro con i seminaristi, ma, credevo veramente che il Buon Dio non voleva che facessi quest'opera, dato lo stato in cui ero... Ed ecco ancora delle nuove prove! Tre seminaristi vanno via, poi un quarto. Si arriva alla fine di maggio, non resta più che il reverendo Aulagnier, il reverendo Tissier de Mallerais e il reverendo Pellabeuf. “Miei cari amici, dissi loro, credo che l'anno prossimo vi sistemerete nel seminario interdiocesano che abbiamo visitato ultimamente. Cercherete di organizzare voi stessi per fare un po'gli esercizi di pietà e altro. Io non continuerò così. Non ne vale la pena, smetteremo l'esperienza”.

Allora, il reverendo Aulagnier e il reverendo Tissier de Mallerais soprattutto, hanno detto: “No! Ah no! Non si deve smettere, noi vogliamo essere formati cosi! No! No! Continuiamo, forse ci sarà qualcun altro che arriverà”.

E poi, durante il mese di giugno, ricevo undici richieste. Undici! Non e possibile! Allora bisogna continuare. Non c'e niente da fare!
Ad un tratto, i nostri amici il reverendo Aulagnier e il reverendo Tissier de Mallerais mi dicono:

“Monsignore, cosa diverremo dopo? Quando usciremo dal seminario, dove andremo?”.



“Ebbene, rientrate nelle vostre diocesi e poi ci lavorate”.



“Ma, mai i vescovi accetteranno di riceverci se conserviamo la Tradizione, se conserviamo la tonaca, se vogliamo mantenere tutto questo; non ci accetteranno mai! Saremo mandati via da ogni parte. E poi, non potremo mai lavorare nelle diocesi”.



“Ma allora, cosa fare?”.



“Bisognerebbe restare insieme, creare una società che ci riunisce, poi cercare di ottenere da un vescovo che ci accetti e ci permetta di continuare la Tradizione, lavorando insieme, non in altro modo”.

“Vero, dissi, forse avete ragione ... Proviamo a fondare una Società. Ma bisognerebbe lo stesso che venga riconosciuta. Occupiamoci prima degli statuti”.

Ho dunque redatto gli statuti della società e portandoli a monsignor Charrière, pensavo tra me: “Se monsignor Charrière accetta, va bene; ma ciò mi stupirebbe. Egli sa che siamo per la Tradizione; fra breve conclude il suo tempo e ha intenzione di dare le sue dimissioni per il mese di gennaio prossimo; egli non si impegnerà in un affare come questo. Infine, vedremo!”.

“Bene, Esaminerò questo, mi disse egli. Ritornate dopo le ferie, si vedrà”.

Nell'attesa, che faremo con gli undici giovani attesi ed i tre seminaristi che erano ancora lì? I Salesiani non volevano più tenerci. Essi avevano capito che eravamo per la Tradizione, visto che non volevamo adottare la nuova Messa. Il Padre lo aveva detto al suo Provinciale; “Sapete, sono dei Tradizionalisti; non vogliono la nuova Messa, dicono sempre la Messa antica, allora, non possiamo tenerli a casa nostra, ciò non è possibile”.
Ci hanno fatto sapere che alla fine dell'anno sarebbe finita. Bisognava cercare ancora un'altra casa.
La Vtgnettaz
E poi, il buon Dio ci ha dato, a Friburgo, questa magnifica casa della “Vignettaz”. Vi abbiamo dunque trasferito i nostri effetti personali alla fine di giugno e così i nostri seminaristi hanno potuto continuare lì, come avevano iniziato dai salesiani. Ma per gli undici nuovi bisognava prevedere, prima del seminario, un anno di preparazione, di spiritualità, una specie di noviziato. Dove alloggiarli? Si cercava nei dintorni di Friburgo, in ogni luogo. Era difficile da trovare.
Ed ecco che dalla Francia mi dicono: “Andate a trovare Maitre Lovey. Egli possiede nel Valais una casa che potrebbe forse mettere a vostra disposizione, una casa che apparteneva ai canonici del Gran San Bernardo”. Maitre Lovey abita a Fully... 1o non conoscevo Maitre Lovey. Ma Fully, mi diceva qualcosa. Conosco bene il curato Bonvin che e lì. È uno dei miei vecchi confratelli di seminario, eravamo insieme al seminario francese. Ci eravamo già incontrati diverse volte.
Allora, vado a Fully, a vedere il curato Bonvin e gli dico: “Conoscete voi Maitre Lovey?”.
“Certo, lo conosco. Perché?”.
“Beh! Sembra che abbia una casa che potrebbe mettere a nostra disposizione per una specie di noviziato, un anno di spiritualità. Vorrei sapere se vera mente la cosa  è possibile”.

“E molto semplice, lo inviteremo; pranzeremo insieme e poi vedrete bene, parlerete”.

Maitre Lovey è arrivato. Era la prima volta che lo incontravo; ed egli mi disse: “Si, e vero!.Abbiamo una casa che cerca una destinazione. I canonici del Gran San Bernardo hanno vendutolfa loro casa di Econe che era la loro casa agricola e nello stesso tempo un noviziato. C'era l'allevamento dei loro cani lì! Allora, quando abbiamo appreso che volevano vendere, non abbiamo voluto che questa casa, che era stata per seicento anni una casa di religiosi del Gran San Bernardo, diventasse una casa destinata a qualsiasi cosa, forse anche una cattiva casa. Allora, ci siamo riuniti con cinque signori del Valais: sig. Genoud, sig. Rausis, sig. Marcello Pedroni, suo fratello Alfonso Pedroni ed io stesso, ed abbiamo deciso di formare un’associazione per comprare questa casa del Gran San Bernardo ... Andiamo! Vedremo se le troviamo una destinazione. L'abbiamo già proposta al Carmelo di Montélimar che voleva installarsi laggiù, ma il fabbricato non era andato loro. Adesso, ci sono degli handicappati che stanno lì dentro, ma non ho 1'impressione che ci resteranno... Comunque, si può vedere... parlare con loro ... Se vi va, sta bene. Se non vi va, andrete altrove”.

L'idea era buona. Allora, siamo andati a visitare la casa degli handicappati. E stata la prima volta che incontrai il Curato di Riddes. II sig. Curato di Riddes era contentissimo all 'idea che forse avrebbe avuto dei seminaristi che non sarebbero stati lontano da lui, dal suo villaggio.
Abbiamo visitato la casa ed abbiamo cantata un “Salve Regina” nella piccola cappella di Nostra Signora dei Campi. Era già quasi un rendimento di grazie. La cosa non era ancora conclusa, ma  comunque!
Veramente tutto precipitava ... è che la Provvidenza ci tirava avanti. Bisognava camminare, camminare e trovare dei preti pure, per occuparsi dei giovani che sarebbero venuti lì. In effetti, gli handicappati non sono rimasti, e Maitre Lovey mi disse: “Bene, ecco, è a vostra disposizione. Quando vorrete, potrete sistemarvi. E poi vedrete!”.

E ciò che abbiamo fatto. Nel mese di ottobre siamo venuti a sistemarci. Erano già due tappe importanti, vedete: una casa a Friburgo e la casa ad Econe.
Tre seminaristi da un lato, non era un gran che; ma dopo, un altro e venuto ad aggiungersi, il reverendo Waltz, facevano quattro, poi il reverendo Cottard, facevano cinque. Cinque alla Vignettaz ed undici ad Econe. Era già un buon inizio.
L 'approvazione
Tuttavia, bisognava sapere se monsignor Charrière era d'accordo per questa famosa società. Si o no!
Ci andavo con molti dubbi e temendo fortemente che non accettasse. Era il primo novembre ed egli mi disse: «Si, si, sono d'accordo; sono perfettamente d'accordo. SI. SI. Faccio venire il segretario”. Egli disse al segretario: “Preparate un foglio, ecc ... Battete a macchina la mia approvazione canonica degli statuti della Fraternità San Pio X, fondata da monsignor Lefebvre, ecc ... “.
Mi dicevo: “Non é possibile!!! Sto sognando! Non è possibile!”. Mi vedo ancora ritornare con gli Statuti, la firma di monsignor Charrière e la mia, in mezzo ai seminaristi alla Vignettaz e dire loro: «Bene. Eccoci, gli statuti della Fraternità sono approvati”. Oh! non mi credevano, neanche loro! Ah! Questo e un segno della Provvidenza! Approvati dal vescovo del luogo... è formidabile!
Perché tre mesi dopo, era monsignor Mamie che gli succedeva. Egli era già contro di noi. Non avrebbe voluto che monsignor Charrière, di cui egli era il vicario generale, desse la sua firma per questa Fraternità. Egli non era d'accordo, ma la cosa era già stata fatta!

Fonte: Monsignor Lefebvre, La Piccola Storia della mia Lunga Storia, Supplemento a "La Tradizione Cattolica", Anno XIX, n. 3 (68) - 2008

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