RICEVO E PUBBLICO DA UNA VOX QUESTA LETTERA ASSOCIANDOMI ALL'APPELLO DELL' ABBE' RIBADENDO CON FORZA CHE, ESSENDO UN "SOLDATO DI CRISTO", RIPONGO IL MIO OSSEQUIO ED OBBEDIENZA INCONDIZIONATA A CHI VUOL SERVIRE SENZA RISERVE, SENZA COMPROMESSI, SENZA RISPETTI UMANI IL MIO SIGNORE GESU' RE DEL CIELO E DELLA TERRA CUI SOLO DOBBIAMO TUTTO CIO' CHE ABBIAMO CONTRO LE FORZE DEL MALE CHE USURPANO I POSTI SPETTANTI AI SANTI DI DIO.
CORAGGIO MONS. WILLIAMSON IO SONO CON LEI!
Abbé Charles
Moulin
Prieuré de Nice
17, Place Ste Claire
06300 Nice
Lettera aperta a
Sua Eccellenza Monsignor
Richard Williamson
St George’s House
125, Arthur Road, Wimbleton Park
GB – London SW 19 7DR
Prieuré de Nice
17, Place Ste Claire
06300 Nice
Lettera aperta a
Sua Eccellenza Monsignor
Richard Williamson
St George’s House
125, Arthur Road, Wimbleton Park
GB – London SW 19 7DR
Lettera aperta a Mons. Williamson
Monsignore,
voglia perdonare il carattere pubblico di queste righe che mi permetto rispettosamente e amichevolmente di indirizzarLe, come seguito all’ultima lettera interna del Segretario Generale della Fraternità, che ci informa della sua esclusione dal prossimo Capitolo Generale a Ecône.
Così, è all’amico personale di Monsignor Lefebvre, al decano dei vescovi della Fraternità, all’antico Superiore, vice Direttore del Seminario di Ecône, al mio antico professore di filosofia e teologia, a un Fratello maggiore nel sacerdozio e infine all’amico di più di quarant’anni della mia famiglia, provvidenzialmente incontrato sotto l’egida di Nostra Signora del Monte Carmelo, che chiedo rispettosamente di non tenere conto di quella lettera, conseguenza di un probabile deplorevole malinteso nei suoi confronti, e di non rinunciare a recarsi come previsto a Ecône per questo Capitolo Generale del prossimo luglio. È vero che in questi momenti difficili che attraversa la Fraternità, secondo le caritatevoli parole del buon Re Luigi XVI, espresse nel suo mirabile testamento: «spesso nei momenti di difficoltà e turbolenze, non si è padroni di sé».
Di non tener conto del Canone 1331 §§ 1 e 2, maldestramente invocato contro di Lei, poiché esso condanna ugualmente la «ribellione e la disubbidienza» di Mons. Lefebvre e rimette in causa la legittimità della sua disobbedienza nei confronti della Roma modernista che dirige la Chiesa da dopo l’ultimo Concilio!
Malinteso reale, a giudicare dalla mia conoscenza personale del nostro Superiore Generale, con il quale sono entrato al seminario di Ecône orsono circa 35 anni fa, che mi permette di affermare che egli che da mesi dimostra una così reale benevolenza, comprensione e carità nei confronti dei nemici di ieri della Chiesa e della Fraternità, e accetta in uno spirito di apertura di dialogare con essi dal momento che essi sembrano sospendere la loro persecuzione contro di noi… che egli non possa oggi perdonare al suo «compagno d’armi» alcuni scatti di disobbedienza dopo tanti anni di battaglie comuni, fedeli ed eroiche al servizio di Cristo Re, della Sua Chiesa, della Fede, della Santa Messa e del sacerdozio, secondo la direttiva di lotta di Mons. Lefebvre.
Che per di più egli voglia sanzionare il fatto che un vero «Vescovo parla» e risponde modestamente ogni settimana agli interrogativi legittimi dei «cattolici perplessi» di fronte all’evoluzione giudicata lunga ma positiva della Chiesa conciliare. E in un momento molto delicato in cui questo Vescovo chiede loro di riprendere lo studio attento ed oggettivo dei testi del Vaticano II, e di «leggere tra le righe» dei testi, dei comunicati e delle decisioni delle autorità romane, per discernervi quei felici cambiamenti che spingono il Superiore, non segretamente ma discretamente, a rivedere favorevolmente, in nome di tutta la Tradizione, il suo giudizio sulle leali disposizioni delle autorità romane nei nostri confronti e sulla loro sincerità di voler operare una certa riforma della “loro Chiesa”. Come per esempio, essere attenti ai fatti, come quello accaduto recentemente in Corsica, dove il Vescovo del luogo si è generosamente offerto di venire a cresimare col rito tradizionale i fedeli della nostra cappella.
Tanto più, Monsignore, che visto che provvidenzialmente Lei non è stato impegnato nei colloqui dottrinali con le autorità romane, mi sembra che il nostro Superiore, preoccupato della nostra futura indipendenza di parola, d’apostolato e di azione «intra muros», non possa che rallegrarsi della sua libertà di parola, autentico e tradizionale privilegio di ogni vescovo cattolico, ad un tempo pastore, guardiano e difensore del suo piccolo gregge contro tutti i nemici della Chiesa, sia esterni che interni. La Chiesa, non ci mostra San Paolo che predica la buona dottrina «in tempo opportuno e inopportuno», fino a riprendere severamente e perfino con forza lo stesso grande San Pietro? «Ma quando Cefa venne ad Antiochia, mi opposi a lui a viso aperto perché evidentemente aveva torto… dissi a Cefa in presenza di tutti… (Gal. 2, 11-12 e 14).
Ugualmente, mi è difficile immaginare che il nostro Superiore Generale, che fu uno degli allievi più attenti del suo corso magistrale al seminario di Ecône, e Le deve, come a Mons. Tissier de Mallerais, l’essenziale della sua solida formazione filosofica e teologica… possa, in questo periodo particolarmente delicato per l’avvenire della nostra Fraternità, fare a meno del suo sapere e dei suoi lumi in occasione del prossimo Capitolo Generale che indubbiamente farà storia.
E soprattutto, mi è difficile supporre che il nostro Superiore, oggi preoccupato per l’unità nella Fraternità, possa legittimamente escludere uno dei quattro vescovi scelti dallo stesso Mons. Lefebvre, senza rompere la stretta e indissolubile unione da lui voluta e senza distruggere la loro armoniosa complementarità.
Poiché questo suo servitore è personalmente convinto che Lei sia stato scelto provvidenzialmente dal nostro Fondatore, allo scopo di impedire efficacemente, col suo carisma personale e meritorio di convertito dall’anglicanesimo, una sempre possibile “protestantizzazione” della nostra modesta Fraternità, dopo avere assistito, impotente, a quella operatasi da cinquant’anni in tutta la Chiesa.
E mi è anche difficile comprendere che egli voglia privarsi delle sue preziose conoscenze in materia di tattiche sovversive, moderniste, liberali e rivoluzionarie dei nemici della Chiesa. Formazione largamente arricchitasi nel tempo per i suoi contatti stretti e alcuni amichevoli con quegli uomini che sono stati provvidenzialmente suscitati per i nostri tempi (anche se, ahimé, un certo numero di essi sono diventati passabilmente impopolari nei nostri ambienti tradizionali in seguito all’opera di un certo «Gentleman cambrioleur » [ladro gentiluomo]!). Penso in particolare a Pierre Virion e a A. M. Bonnet de Viller e ad altri come Jean Vaquier, che sono autori essenziali da conoscere per formarsi una buona comprensione della terribile crisi religiosa, sociale e politica che noi attraversiamo, e dei quali il nostro Superiore non può ignorare gli scritti, secondo la raccomandazione di Nostro Signore che invita gli Apostoli a essere “semplici come colombe e prudenti come i serpenti».
Infine, mi è difficile immaginare questo Capitolo Generale senza la sua eminente presenza, per la quale esso rischierebbe, forse per solidarietà, di essere privato anche della presenza dei suoi due altri confratelli nell’episcopato, ma soprattutto rischierebbe di privare il nostro Superiore Generale dei suoi preziosi consigli nella redazione finale delle ragioni profonde che egli dovrà necessariamente presentare alle autorità romane per giustificare il rifiuto della Fraternità ad accettare i termini dell’ultima proposta del Card. Levada, dal Superiore stesso giudicata inaccettabile.
Dio voglia che, dissipato felicemente e prontamente questo malinteso, il Capitolo Generale al completo, possa trovare tutta la sua legittimità e permettere, nella pace e nell’unità, a tutti i capitolanti di accordarsi, e al tempo stesso di meditare con frutto questa verità meravigliosamente formulata da San Giovanni Crisostomo che diceva: «c’è da fidarsi più delle ferite di un amico che dei baci dati da un nemico», e infine di lavorare per chiedere alle autorità romane, con la remissione della scomunica dei due grandi Dimenticati, la piena ed intera riabilitazione del nostro venerato e compianto fondatore Monsignor Marcel Lefebvre, a cui noi dobbiamo tanto!
Sperando con tutto cuore che Lei prenda in considerazione la mia supplica, voglia credere, Monsignore, all’espressione della mia rispettosa e sacerdotale amicizia in Christo Rege et Maria.
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