Come sono solito fare ricevo dagli amici di UNAVOX e pubblicò in questa frenetica giornata di Luglio.
Non appena diffusa la Dichiarazione del Capitolo generale della Fraternità San Pio X, ecco che giunge tempestivo un Comunicato della Sala Stampa della Santa Sede.
Siamo esterrefatti!
Il Capitolo
Generale della Fraternità sacerdotale San Pio X, concluso nei giorni scorsi, ha
pubblicato una Dichiarazione a proposito della possibile normalizzazione
canonica della relazione fra la Fraternità e la Santa Sede. Pur essendo stata
resa pubblica, tale Dichiarazione rimane anzitutto un documento interno, per lo
studio e la discussione fra i membri della Fraternità.
La Santa Sede ha preso atto di questa Dichiarazione, ma resta in attesa della annunciata Comunicazione ufficiale da parte della Fraternità Sacerdotale, per la continuazione del dialogo fra la Fraternità e la Commissione "Ecclesia Dei".
La Santa Sede ha preso atto di questa Dichiarazione, ma resta in attesa della annunciata Comunicazione ufficiale da parte della Fraternità Sacerdotale, per la continuazione del dialogo fra la Fraternità e la Commissione "Ecclesia Dei".
Cerchiamo di capire che cosa dice questo comunicato, tenuto conto che si tratta di un documento ufficiale, per di più relativo ad una questione che travaglia la Chiesa da ben quarant’anni..
Innanzi tutto si capisce che in Vaticano non hanno le idee chiare. La “normalizzazione canonica della relazione fra la Fraternità e la Santa Sede” è davvero una cosa singolare, come se si trattasse della normalizzazione delle relazioni diplomatiche tra lo Stato di Israele e la Città del Vaticano. Senza contare il solito disprezzo per la lingua italiana con l’uso del “tra” al posto del corretto “fra”.
Esterrefatti, ci chiediamo: come fa il Vaticano a sapere che la Dichiarazione è solo un documento interno ad uso dei membri della Fraternità? Qualcuno gli ha detto così? Ha ricevuto precise assicurazioni in tal senso al momento della sua ricezione? Si tratta di una illazione vaticana? Si tratta di una speranza vaticana? O siamo di fronte al giuoco delle tre carte, dove non si capisce bene chi sia l’imbonitore e chi il compare?
Siamo esterrefatti!
Se veramente si trattasse di un documento interno, perché renderlo pubblico? C’è una sola spiegazione: esso servirebbe a calmare l’agitazione degli animi che si registra da qualche tempo nella Fraternità. Ma questo lo sanno i membri del Capitolo?
Ma se si trattasse di questo, e visto che il Vaticano ci tiene a sottolinearlo, ne deriva che quel documento non può essere preso sul serio. Soprattutto per quanto riguarda le reali intenzioni della Fraternità nei confronti delle proposte vaticane. E il Vaticano, che lo saprebbe, tiene a precisare proprio questo: non vale nulla in relazione a noi, ha solo un valore strumentale interno.
Ovviamente, se fosse così, sembrerebbe che nei rapporti col Vaticano, la Fraternità dica una cosa pubblicamente e un’altra privatamente, anche se, a onor del vero, questo non toglie nulla a quello che sta scritto nella Dichiarazione. D’altronde, questo Vaticano che si atterrebbe alle cose dette in camera caritatis dovrà comunque fare i conti con la “carta scritta” divulgata ai quattro venti. Tranne che la supponenza dei modernisti romani non giunga fino al punto di infischiarsene altamente di quello che pensano i fedeli. Cosa che poi non stupirebbe neanche un po’ dopo cinquant’anni di Concilio e di riforme conciliari.
Ma resta da capire, e forse non lo sapremo mai, se questa trovata del documento interno sia farina del sacco di Roma o sia il frutto di tutta una serie di strizzatine d’occhio tra i marpioni romani e i loro epigoni “econiani”.
Non vogliamo insinuare alcunché, ma la domanda resta: come fa il Vaticano a classificare con tanta certezza come “interno” un documento che più pubblico di così si muore?
Ovviamente, c’è un’altra spiegazione. Il documento non piace al Vaticano e quindi lo declassa, senza però avere il coraggio di dire che non gli piace. Ma questo non è più neanche un comportamento “diplomatico”, è semplicemente un comportamento furbo, e dal Vaticano ci si aspetterebbe un comportamento intellettualmente onesto.
Resta da capire a cosa miri un comunicato come questo, perché quando si dice che si aspetta una “comunicazione ufficiale” per la “continuazione del dialogo”, non si capisce di cosa si parli… tranne che il Vaticano non si aspetti un telegramma col giorno e l’ora in cui Mons. Fellay si recherà in Congregazione.
Ma sembrerebbe che il Vaticano si aspetti altro.
Se è così, come dice il comunicato, allora, ai fini della continuazione del dialogo, questa Dichiarazione non significa niente. La Fraternità avrebbe vissuto mesi di fibrillazione, avrebbe invitato i fedeli a pregare, avrebbe convocato il Capitolo generale, avrebbe affrontato una settimana di discussioni a porte chiuse… per niente.
Qui qualcuno ci prende in giro!
Ora, se questa Dichiarazione è la risposta della Fraternità all’ultima versione del famoso “preambolo dottrinale” proposto dal Vaticano e più volte rimaneggiato, e ancora misteriosamente segreto, cosa cincischia il Vaticano?
Questo comunicato vorrebbe significare che… sì, va be’, ma adesso sediamoci seriamente a parlare?
Non lo sappiamo, come non sappiamo che cosa veramente bolla in pentola. E dire che quello che bolle… alla fine siamo noi che ce lo dobbiamo pappare!
A questo punto, l’unica cosa seria che può accadere è che nel più breve tempo possibile la Fraternità metta a tacere le illazioni vaticane, smentendo le insinuazioni, se di questo si tratta, e dichiarando che questa Dichiarazione del Capitolo è l’ultima parola sul “preambolo dottrinale”: non la parola di Mons. Fellay, ma la parola dei vescovi, dei sacerdoti e dei fedeli della Fraternità.
Magari con la precisazione che la Fraternità non si presta al giuoco delle tre carte e, dopo questo comunicato vaticano, non è più disposta a dare credito ad una compagine romana che sembra più un accolita di furbetti, che un insieme di “sacre congregazioni”.
(torna
su)
19 luglio 2012
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