Oggi è quanto mai di moda il “non giudicare” e di
conseguenza a questo si associano una strana misericordia e lo slogan “si
condanna il peccato ma non il peccatore”.
In realtà quest’ultima frase è del tutto fraintesa dal vero
senso cattolico.
Che il peccato vada odiato sembra del tutto logico ma in che
senso si debba non giudicare, non odiare o condannare ma amare il peccatore, in
questi nostri giorni questo precetto non sembra molto chiaro.
Tutta la questione ruota intorno all’amore che, per chiarire
subito le cose, io esprimo con Carità.
La Carità infatti è una virtù sopranaturale con la quale
amiamo il prossimo per Grazia di Dio e per amore di Dio.
Nel libro della sapienza leggiamo: Perché sono ugualmente
in odio a Dio l'empio e la sua empietà.(14,9)
Con ciò è evidente che c’è una
forma di odio consentita ma che in realtà è vera Carità nei confronti del
peccatore, quindi l’odio non è preso per sé ma in rapporto al fine che è il
bene e la salvezza dell’anima cui si esercita la Carità.
Se le parole di Dio sono queste e
la Volontà di Dio è questa noi stessi ci
conformeremo a lui comportandoci allo stesso modo.
Allora cosa deve essere amato del
peccatore?
Odiare il peccato in sé stesso non
basta perché non esiste un peccato senza che vi sia un soggetto che lo commetta, alla stessa maniera che non
esiste nella realtà un uomo che non sia anche bianco, alto, con i capelli neri
o biondi, esiste l’uomo nella sua essenza come animale razionale ma in giro non
si è mai visto.
Non si può separare il peccato dal
peccatore senza rischiare di entrare in un assurdo, non si è mai visto nessun
peccato girare per la città, mentre purtroppo per le strade s’incontrano molti
peccatori e tanti scrivono anche.
Per le strade non si incontrano
concretamente l’omicidio e lo stupro, bensì l’omicida, lo stupratore e così
via.
Se separassimo il peccato dal
peccatore verrebbe meno il concetto del male e del peccato stesso; è come se un
assassino potesse dire:io sono il peccatore, mettete in galera il peccato non
me.
Quod repugnat!
Nella realtà invece il peccatore
può essere perdonato ma paga per la sua colpa.
Dunque si ama con amore di carità
la natura del peccatore ed il fatto che egli possa convertirsi e cambiar vita
anche attraverso la pena inflitta dalle leggi positive che, sulla scorta di
quelle divine, operano per il bene della persona ed ancor prima per quello
comune.
Ecco cosa dice il dottore angelico
riguardo a ciò: Nei peccatori si possono considerare
due cose: la natura e la colpa. Per la natura, che essi hanno
ricevuto da Dio, i peccatori sono capaci della beatitudine, sulla cui
partecipazione si fonda la carità.. Perciò per la loro natura essi
devono essere amati con amore di carità. Invece la loro colpa è
contraria a Dio, ed è un ostacolo alla beatitudine. Quindi per la colpa, con la
quale si oppongono a Dio, tutti i peccatori devono essere odiati, compresi
il padre, la madre e i parenti, come dice il Vangelo. Infatti nei peccatori
dobbiamo odiare che siano peccatori, e amare il fatto che sono uomini capaci
della beatitudine. E questo significa amarli veramente per Dio con amore di
carità. (ST pII-II q25 a7 r)
Nella ad 1 il Santo dice: odiare il male
di uno e amarne il bene hanno lo stesso movente. Perciò quest'odio perfetto
appartiene alla carità.
Ma che ciò sia un discorso pericoloso si evince anche dal fatto che in
questo modo si elimina la vera misericordia la quale, senza peccatore, non potrebbe
essere applicata e perderebbe la sua ragion d’essere.
Non si può avere misericordia
dell’omicidio o dell’idolatria, ma bensì dell’omicida e dell’idolatra, soggetti
su cui questi peccati ineriscono ed il movente della misericordia è proprio il
male come dimostra il grande dottore nella medesima pars q30 a1.
A questo punto dobbiamo anche comprendere quel “non giudicare” cui si è
astenuto il Santo Padre Francesco davanti all’omosessuale: «Se una
persona è gay e cerca il Signore e ha buona volontà, chi sono io per
giudicarla?».
Anzitutto giudicare è un atto della mente umana poi è un
atto di giustizia.
D’altra parte, se prevale questa norma (il non
giudicare), tutto andrà in rovina, nelle chiese, nelle città, nelle famiglie.
Difatti se il padrone non giudica il servo, il padre non giudica il figlio,
l’amico non giudica l’amico la malvagità crescerà. (S. G. Crisostomo Omelia
21,1)
Ora è evidente che il Signore non ci proibisce
assolutamente di non giudicare ma piuttosto che è difficile che non si sia facili
nel giudicare. (Cromazio d’Aquileia Trattato 33-1,2 Commento a Matteo)
Entrambi i Padri chiariscono che non si deve giudicare con
superficialità, in base a sospetti, soprattutto riguardo a cose di poco conto per
ingrandirle al fine ipocritamente di mascherare le proprie e ben più gravi
colpe.
Ma che il giudizio sia possibile e necessario è volontà di
Dio e coincide con la retta ragione per i motivi fin qui esposti sempre e
comunque con Carità.
Difatti chi perdona il prossimo, si libera, senza sforzo,
prima di lui dei capi d’accusa, e chi esamina le colpe altrui con moderazione e
indulgenza, si mette da parte, con il suo giudizio, una grande riserva di
indulgenza (o nel comportamento contrario una condanna peggiore).
E dunque?
Si potrebbe dire: se uno è un fornicatore, non dovrei
dire che la fornicazione è un male e non dovrei correggere quel dissoluto?
Correggilo certamente, ma non come un
nemico, né come avversario che reclama vendetta, ma come un medico che fornisce
medicine.
D’altra parte le parole del Signore si riferiscono non a
peccati grandi e a ciò che è proibito, ma a quelli che sembrano nemmeno essere
peccati. (Crisostomo ib.)
Sembra chiara e cattolica quale sia l’importanza, sotto ogni
aspetto, del giudizio sia da parte di chi lo emette si da quella di chi lo
riceve.
Eppure leggiamo:«Una volta una persona, in maniera
provocatoria, mi chiese se approvavo l’omosessualità. Io allora le risposi con
un’altra domanda: “Dimmi: Dio, quando guarda a una persona omosessuale, ne
approva l’esistenza con affetto o la respinge condannandola?”».(Papa Francesco)
Grave, gravissimo errore che porta ad una serie lunghissima
di altri errori.
Ecco cosa dice ancora San Giovanni Crisostomo.
Perché allora dette a loro le chiavi?
Se non debbono giudicare, non avranno autorità su nessuno
e invano hanno ricevuto il potere di legare e di sciogliere.(ib.)
Conseguenza
gravissima è la dissoluzione del sacramento della confessione che è un atto di
giustizia!
In questo
sacramento il ministro è costituito jus
dicens, cioè giudice.
Grave, gravissimo
errore, triste tristissimo dover correggere colui che dovrebbe confermare nella
fede me ed i fedeli, che Dio mi perdoni.
Il Signore quando
guarda l’esistenza ovvero, come sopra, alla natura di ogni uomo vede la Sua
Bontà in quanto buona per partecipazione a quella divina ma quella natura
partecipata possiede un supposito che è composto di esse ed agere e le due cose nella realtà non possono separarsi senza cadere nel nulla,
quindi il Signore non separerà la natura buona dell’uomo, nell’atto del
giudizio, da quella del composto che ha agito malvagiamente perché la natura
umana non sussiste nella realtà che in un ben determinato soggetto.
Separando ciò che
solo con la mente è separabile (Boezio De Ebdomadibus ) rischiamo di eliminare
la realtà del peccato, in questo modo l’uomo non pecca e la sua dignità non si
perde mai.
Ma non è così,
l’uomo possiede una natura buona sempre, una dignità naturale sempre e queste
non si perdono mai (o quasi), ma le sue azioni determinano nel soggetto una
colpa ed una certa distruzione nel primo caso del bene naturale che gli
appartiene, e nel secondo caso della sua dignità morale (o totale che
comprendere l’essere e l’agire).
Se Dio giudicasse
solo la natura saremmo sempre e solo salvi perché essa è sempre buona
per partecipazione al Bene per essenza per cui negando la qual cosa Dio negherebbe
se stesso e la Sua Bontà che coincide con il suo stesso Essere.
Ricordo che anche
la natura del demonio è buona. (ea
quae sunt bona sunt diceva
Boezio))
Le azioni compiute da un soggetto determinato, sarebbero in
tal modo inutili e da questo scaturisce una serie di gravissimi errori: il male
ed il bene sullo stesso piano, mancanza di ogni peccato, totale assenza del
concetto cattolico di merito, revisione pressoché totale del mistero della
redenzione e dei sacramenti.
Ma in realtà se il peccatore non si convertirà certamente
perirà.
Leggiamo cosa dice a proposito Sant’Agostino dell’eunuco
della regina Candace: Non si deve dubitare che Filippo abbia istruito l'eunuco
sia relativamente alla fede, che ai costumi. (Sant’Agostino La Fede e le Opere 8.13). Per nessun motivo dobbiamo dubitare che questa istruzione non
contenesse anche le indicazioni relative alla condotta di vita di chi crede nel
Signore Gesù.
Questo è infatti annunziare
Cristo: dire non solo che cosa si deve credere intorno a Cristo, ma anche che
cosa deve osservare chi entra a far parte dell'organismo vivo del corpo di
Cristo (ib 9.14).
Che Dio abbi pietà di noi poveri
peccatori!
L'espressione è certamente ambigua, ma le parole del pontefice, prese di per sé, non fanno necessariamente alcun serio problema: nessuna persona esiste "in quanto gay" sebbene possa essere psichicamente ammalata, né l'essere gay come tale può essere equiparato automaticamente ad una perversione volontaria, quando invece si trova piuttosto a subirla. Una "persona omosessuale" non è una persona appartenente ad un inesistente "genere omosessuale": esiste la persona, cioè il "genere umano" in senso lato, non il genere "omosessuale"; una "persona omosessuale" è omosessuale solo per accidens non per essenza; il pontefice dice di fatto che Dio approva l'esistenza della prima non la sua omosessualità. La risposta che Bergoglio dà alla domada rivoltagli, potrebbe cioè tranquillamente essere presa per un "no". Qui il papa si riferisce difatti alla persona ch'è gay accidentalmente e non per sua colpa: niente toglie che Dio guardi con amore una persona malata approvandone la retta condotta, quando cioè intenda fare la Sua volontà nonostante le sue gravi affezioni (altrove, durante la medesima intervista, mi sembra si riferisse a qualcuno che intendesse essere "in rapporto" con Dio, e quindi - almeno spero - ad un battezzato...). L'essere gay può essere difatti equiparato ad una malattia cronica e non ad una cattiva abitudine: il papa non dice comunque in nessun caso di approvarla. A meno di non interpretare le sue parole: o nel senso dell'approvazione di una persona "naturaliter" gay, prendendo cioè per buona l'esistenza di un individuo appartenente ad un "genere gay", approvando il quale si approverebbe inevitabilmente anche il genere cui appartiene; o in quello di un vizio solo volontario (come il fumare), nel caso di una condotta inveterata già abitualmente pregiudicata da cattiva volontà, per cui basterebbe non voler più peccare, accostarsi ai Sacramenti, per perderne con l'aiuto della Grazia anche il desiderio, cioè l'affezione. E' il papa qui ad avere ragione in via di principio quando dice che le malattie non pregiudicano necessariamente nessuno a priori sul piano morale, né tanto meno pregiudicano il proprio rapporto con Dio; anzi, spesso lo rafforzano.
RispondiEliminaCi sarebbe da vedere poi quanto di buono vi sia ancora nell'esistenza umana in sé per il solo fatto di essere; se l'essere e l'agere non sono separabili nel supposito, dopo il peccato del Progenitore l'essere non è meno viziato dell'agire, ma anzi si corrispondono (trascendentalmente) nella medesima riprovazione e diminuzione ontologica: non si può quindi certo dire che l'uomo abbia "una natura buona sempre, una dignità naturale sempre" per il fatto di esistere, e che la corruzione intervenuta sia soltanto una "certa corruzione" dato che invece ha subito nel peccato del Progenitore la riprovazione divina rendendola indegna della Grazia per la quale ci si unisce a Dio! Di fatto essa ha chiuso all'uomo le porte del Cielo in maniera irreparabile stando alle capacità (e all'essere!) dell'umanità tutta, divenuta in se stessa incapace del Paradiso (i giusti potevano aspirare solo al limbo infero!). Lo Stesso N.S. dice 'essere' gli uomini "cattivi" - quindi in sé - sebbene capaci di opere alquanto limitatamente disinteressate (almeno egoisticamente nei confronti della propria prole diretta). Più verosimilmente Dio guardando la natura umana può provare solo compassione, in virtù del Mistero Trinitario e dell'Economia di Salvezza; è guardando invece alla Sua di Natura, e non a quella umana, che non sia cioè quella Stessa del Cristo, che riesce a vedere la Sua Bontà.
Saluti.
Il Papa si riferisce al catechismo della Chiesa Cattolica. Gli omosessuali ben accolti ma l'atto omosessuale in alcun modo va accettato.
EliminaIncomprensibile risposta, eppure il post era talemente chiaro.....
EliminaLa sua difesa è sterile ed oltre modo ridicola perchè anche se il Santo Padre si riferisse alla sola natura avrebbe formulato una tautologia come ho spiegato la natura umana è buona per partecipazione sempre, per la dignità vale la stessa cosa con alcuni distinguo, come ho fatto notare anche in un vecchio post, ma Dio non giudicherà la natura ma tutto il composto fatto di essere ed agire, se come lei dice il Santo padre ha Ragione ha comunque glissato la domanda e che l'omosessule non è condannato a priori io non l'ho detto, citando l'esempio dell'eunuco.
RispondiEliminaInvece lei sostiene che non vi è nulla di buono nella natura umana il che non è cattolico e Gesù nel dire "cattivi" non si riferisce alla natura umana, ciò che lei afferma è blasfemo, ma si riferisce alle azioni che provengono da una natura ferita non in quanto essenza ma nel corpo e nell'anima cioè del supposito non quindiessenzialmente malvagia. (concilio d'orange 529)
Infatti la natura riesce da sola a cogliere Dio (Concilio vaticano I)
Invece è lei ad errare perchè la natura è sempre buona sostenere il contrario significa sostenere che noi partecipiamo dall'essere anche il male che invece non appartiene a Dio ciò è blasfemo. (ea quae sunt bona sunt!)
Ma che lei è incappato in una sterile difesa si evince dal fatto che la domanda è:
"lei...... approva l'omossessualità?"
Come dice San Tommaso nel commento a Boezio, qui siamo ancora nelle "intenzioni" mentre poi il Santo Padre parla di persona omosessuale e siamo nel campo delle "cose".
Ora certamente "l'omosessualità in quanto peccato è certamente da riprovare" proprio anche come "intentiones" questo avrebbe dovuto spiegare il santo Padre.
mentre per la persona omosessuale la natura non cambia e accidentalmente, questo si, se commette peccato è condannata se si pente (eunuco) si salva, invece il Santo Padre poi torna ancora sul piano dell'esistenza ovvero della natura intentiones la quale non può essere condannata perchè la natura non pecca. (come dimostarto)
La riprovazione, ciò che dice è altrettanto perverso, Dio non l'ha avuta verso la natura, come detto anche la natura del demonio è buona, ma dal suo agire libero che ha determinato la sua condanna.
Lei continua ambiguamente a separare l'essere dall'agire, la natura dal supposito.
Ci sono degli errori gravi in ciò che dice.
Ora credo che lei abbia gli strumenti per correggerli.
La domanda è semplice un omosessuale attivo che continua la sua vita senza cambiamento senza pentimento è un peccatore o no?
Dio l'approva o no?
I suoi sono solo sofismi perlatro non convincenti.
Saluti a lei
Prima di dire che in quello che dico ci sono dei gravi errori dovrebbe essere capace di mostrarmeli e magari all'occorrenza giudicare dei propri (senza passare alle offese gratuite). Come mai invece non riesce a fare né l'una cosa né considera l'eventualità della seconda? Presumerà forse di se stesso?
RispondiEliminaDi certo, come può ancora constatare, non ho detto che la natura umana sia intrinsecamente ed insanabilmente corrotta (come diceva Lutero, Baio e Giansenio), ma che quello che lei chiama “buono” (la “bontà” della natura che lei, contro quanto asserisce il Tridentino[*] e S. Luca[**], dice fare tutt’uno con l’ “essere” del supposito che esiste) non è costitutivamente sufficiente a procacciarsi l’amicizia di Dio (che è la Bontà per essenza) destinando dopo Adamo “connaturalmente” ogni uomo, e non il solo Adamo: “1) alla privazione dei doni soprannaturali (grazia e virtù infuse) e preternaturali (integrità); 2) allo stato di peccato con il reato e la macchia; 3) al debito di pena eterna; 4) alla [nota bene] vulnerazione della natura, per cui le passioni insorgono contro la ragione, intralciando il libero esercizio della volontà rendendo difficile il bene”. Ragion per cui “ci sarebbe da vedere” come ho già detto e ribadisco, il “buono” in che consista e per quale ragione, data materia per porne la questione.
La natura umana non è infatti “buona” (innocente e giusta) “sempre” – come del tutto letteralmente in linea con gli affondi del Vaticano II lei purtroppo ribadisce – ma solo accidentalmente (può trovarne agevolmente conferme, qui sopra accennate, già nei Dizionari teologici pre-conciliari alla voce “peccato originale” con relativi riferimenti e bibliografia). Tale “bontà” era nello stato edenico il vincolo che legava la specie umana a Dio : Adamo l’ha reciso, denudando di quella “bontà” accidentale la propria natura. Tale accidente non era quindi essenzialmente inerente l‘ “umanità” ma partecipato in via accidentale da Dio (il solo Bene per essenza) per grazia. Quello della natura umana trasmessa da Adamo ai posteri è cioè in tutto una “natura destituita” (“natura lapsa” : infetta di colpa), non quindi in via meramente accidentale solo nei suppositi, ma anche della natura dei e in tutti i suppositi, un vero e proprio “stato” peccaminoso trasmesso dal Progenitore e contaminate il genere umano (pecc. originale originato).
Il perché non sia totalmente corrotto, avendo Adamo e in lui con lui tutta l'umanità commesso una offesa infinita, non potendo quindi che disperare di per sé della salvezza prescindendo dalla Promessa del tutto gratuita di Dio, è semplicemente incomprensibile per la ragione, né giustificabile avanzando quale che sia merito della “natura buona”; come è incomprensibile perché il démone non possa costituzionalmente più redimersi data, come dice lei, parimenti la “bontà” della sua natura. Si tratta, del resto, nientemeno che del “mysterium iniquitatis”.
____________
[*] [...] “tutto l'Adamo per quel peccato di prevaricazione fu mutato in peggio sia nell'anima che nel corpo”. Non quindi il solo Adamo, ma l'Adamo, il genere umano nella sua natura, per ciò trasmessa a tutti coloro che la partecipano. Strano che le sue stesse citazioni le diano torto.
[**] Ib. 11, 13 : “Si ergo vos, cum sitis mali, nostis bona data dare fìlis vestris [...]”. E inequivocabile nel senso tradizonale, che ho sottoscritto, e sopra riportato, da sempre nella Chiesa, in uno con l'analisi del perido.
... Lei invece, nella smania di comprendere tutto e fare il castigamatti, confonde l’essere qualitativo meramente ideale della “natura” (“esse essentiae”) con l’essere del supposito in cui solo conformemente si realizza (riducendolo così al complementum possibilitatis della prima o “esse existentiae”) il cui essere è invece il solo reale e qualificante, rispetto cioè al quale la “bontà” della natura che lei astrattamente individua è mera virtualità : lei predica del supposito, mediante un “passaggio ad altro genere”, le note meramente universali ed ideali di una “natura” in se sussistente, scambiandole solo in seguito per la “bontà” intrinseca del supposito in quanto “esiste”; cosa che poteva andare bene per Aristotele (e per l'essenzialismo filosofico di Boezio), non per il pensiero cristiano propriamente detto.
RispondiEliminaInfine. Ovviamente il mio era un semplice e pacifico contributo che non trascinava con se giudizi di sorta sulla sua persona, lei invece ne prende maleducatamente e faziosamente l'occasione per offendermi, imbastendo una reprimenda che per il resto non smuove una foglia di fico. Dovrebbe prima di tutto darsi una calmata (se nel suo blog dà pubblicamente la possibilità di commentare, si presume gradisca degli interventi, che dovrebbe rispettare almeno in via di principio se intende colloquiare con qualcuno dandogliene facoltà). Riguardo il papa (a cui lei si attacca davvero per un nonnulla, rispetto i gravi e già condannati errori in fatto di Magistero che la “sua” FSSPX pretende impunemente di sostenere) ribadisco quanto detto, insieme, per quanto mi riguarda, alla sua enorme supponenza superficialità e faciloneria in materia.
Cordialmente.
In realtà le ho già dimostrato tutto ma se lei non cuol capire, però lo ripeto.
RispondiEliminaSe lei afferma che la natura dell'uomo non è sempre buono significa che Dio crea cose non buone e ciò è blasfemo e contro la nostra Fede e ciò vale per la dignitò natuarale distinta da quella tottale o morale.
Quando lei afferma che la natura dell'uomo dopo il peccato non può far del bene è un errore perchè è di Fede che l'uomo può anche naturlamente fare del bene e conoscere Dio, se lei ancora sotiene che non le ho dimostrato.
Invece lei continua pervicacemnte a sostenere che la natura umana non è buona ciò che rende il male è l'azione ma non c'è peggior sordo di chi non vuol sentire.
Non è abile neanche a rigirare la frittata io non ho detto nulla contro il Tridentino , oltre tutto è un falso perchè cito dalla risposta:Gesù nel dire "cattivi" non si riferisce alla natura umana, ciò che lei afferma è blasfemo, ma si riferisce alle azioni che provengono da una natura ferita non in quanto essenza ma nel corpo e nell'anima cioè del supposito non quindie ssenzialmente malvagia citando il concilio di Orange ed io riporto quanto sostenuto dal Tridentino sono state le potenze dell'anima e del corpo ad essere ferite, non la natura in quanto tale ( e si parla dell'uomo concreto).
Se è supponenza la mia la misurerò con la sua e sarà umilta!
Lei sfoggia tante parolone vuote mentre è semplicemente quando dice innocente e giusta si parla delle nostre azioni ma queste vengono compiute dalle persone.
"Lei invece, nella smania di comprendere tutto e fare il castigamatti, confonde l’essere qualitativo meramente ideale della “natura” (“esse essentiae”) con l’essere del supposito in cui solo conformemente si realizza (riducendolo così al complementum possibilitatis della prima o “esse existentiae”) il cui essere è invece il solo reale e qualificante, rispetto cioè al quale la “bontà” della natura che lei astrattamente individua è mera virtualità : lei predica del supposito, mediante un “passaggio ad altro genere”, le note meramente universali ed ideali di una “natura” in se sussistente, scambiandole solo in seguito per la “bontà” intrinseca del supposito in quanto “esiste”; cosa che poteva andare bene per Aristotele (e per l'essenzialismo filosofico di Boezio), non per il pensiero cristiano propriamente detto."
Almeno io mi faccio comprendere...........
Spero che pochi leggano queste sue rsiposte atte solo a confondere.
Inoltre io non pretendo di comprendere tutto anzi semmai è lei, infatti comprendere peccato e peccatore mi sembra doveroso e molto facile a comprendersi espresso nei termini con cui l'ho fatto.
Ma che il suoi discorso è fallace lo dimostra il Santo Padre, se lei come sostiene la natura umana non è sempre buona (sebbene la natura rimane sempre natura e se parliamo dell'essenza siamo sempre nelle intentiones vedasi anche ST p. I q6 a4 r) perchè mai allora Dio dovrebbe approvarne l'esistenza con affetto?
" Dimmi: Dio, quando guarda a una persona omosessuale, ne approva l’esistenza con affetto o la respinge condannandola?"
Allora il santo Padre ha sbagliato, dovrebbe informarlo!
De ore tue te judico........
Ah noto con piacere che dall'articolo non ha tratto proprio nulla (io un castiga matti eppure è lei che non ha potuto dismostrare che è sbagliato ciò che è scritto al contario di me) e tutto un suo magistero come quello che ormai vi fate per conto vostro.
Riformulo la domanda ed attendo risposta:
Un omosessuale attivo che continua la sua vita senza cambiamento senza pentimento è un peccatore o no?
Dio l'approva o no?
Saluti a lei
Mi scuso dei tanti errori ortografici ma la mattina dovrei lavorare...
RispondiEliminaGrazie