Che sia un duo, ho meglio che siano due ad averci messo le
mani, lo dice esplicitamente papa Francesco, così che nessuno dica che ciò non
risponda al vero e questo già è una novità.
Con questo articolo vorrei evidenziare alcuni degli aspetti
di questa enciclica e della fede in essa contenuta che, seppur ad una
superficiale lettura, hanno catturato il mio interesse e stupore.
Senza nessuna pretesa riporto, commentandole alla luce del
Magistero perenne, solo alcune “stranezze”
che, per contro, sembrano essere sempre in continuità con quello
conciliare.
1)
ALCUNI NUMERI
La parola amore, scritta minuscola o maiuscola ricorre ben
142 più di 1/3 della parola fede che ricorre 383 volte, magari non sarebbe
molto indicativo se non fosse per il fatto che il termine amore è ambiguo
mentre, per indicare quello soprannaturale, come virtù teologale la Chiesa
cattolica scrive Carità termine che compare solo 5 volte.
Fede, Speranza e Carità le tre virtù teologali, il termine virtù compare solo 2 volte.
Il termine soprannaturale solo 3 volte.
Il termine cattolica solo 2 volte di cui una è una
citazione, considerando che dovrebbe trattarsi della fede cattolica mi sembra
un record.
Ma il record negativo spetta indovinate a chi?
Questo sconosciuto: il peccato.
Inferno e dannazione: mai (collegate al peccato).
Anima: 6 volte
Anche salvezza solo 9 volte
Tutto ciò in più di 80 pagine.
2)
DOPPIA NATURA DI FEDE
La fede nasce nell’incontro
con il Dio vivente, che ci chiama e ci svela il suo amore, un amore che ci
precede e su cui possiamo poggiare per essere saldi e costruire la vita.
Trasformati da questo amore riceviamo occhi nuovi, sperimentiamo che in esso
c’è una grande promessa di pienezza e si apre a noi lo sguardo del futuro. La
fede, che riceviamo da Dio come dono soprannaturale, appare come luce per la
strada, luce che orienta il nostro cammino nel tempo.
La fede è un ‘illuminazione
soprannaturale, un dono di Dio, la seconda parte è esatta, la prima è errata
perché non nasce, appunto, dall’incontro, in questo senso è come se la causa
agente della fede sia contemporaneamente l’uomo e Dio che dialogano (lo si
vedrà più avanti) nell’incontro e da questo incontro ne scaturirebbe la Fede.
Ciò è errato o quanto meno
ambiguo e contrario al concetto di dono, perché non essendo parte della nostra
natura, la fede, virtù soprannaturale, si aggiunge alla nostra facoltà
intellettiva (intelletto possibile) e ci dà la possibilità di conoscere ciò che
naturalmente non si può, cioè i misteri propri della nostra Fede, quindi di
Dio, che, in qualità di Ente, è estrinseco a noi.
Più avanti si vedrà che questo
concetto verrà totalmente negato: Dio non più oggetto di conoscenza.
3) FUORI DALLA CHIESA?
L’immagine del corpo non
vuole ridurre il credente a semplice parte di un tutto anonimo, a mero elemento
di un grande ingranaggio, ma sottolinea piuttosto l’unione vitale di Cristo con
i credenti e di tutti i credenti tra loro (cfr Rm 12,4-5). I cristiani sono
“uno” (cfr Gal 3,28), senza perdere la loro individualità, e nel servizio agli
altri ognuno guadagna fino in fondo il proprio essere. Si capisce allora
perché fuori da questo corpo, da questa unità della Chiesa in Cristo, da questa
Chiesa che — secondo le parole di Romano Guardini1 — « è la portatrice storica dello sguardo plenario di
Cristo sul mondo »,16
la fede perde la sua
“misura”, non trova più il suo equilibrio, lo spazio necessario.
Quindi fuori della
Chiesa non è che ci sono gli infedeli, gli eretici, gli scismatici, uomini
destinati alla dannazione eterna, se non vi entrano, no, solo uomini che hanno
perso la misura della fede, l’equilibrio, lo spazio necessario.
Non sono uomini
senza lo Spirito Santo, senza la Grazia, in stato di peccato mortale ma
individualità che hanno perso la misura della fede ecc.
Niente più Nulla
salus extra ecclesiam!
Ma Extra ecclesiam
nulla modum!
4) ASSIST AGLI ERETICI
Se l’amore ha bisogno della
verità, anche la verità ha bisogno dell’amore. Amore e verità non si possono
separare. Senza amore, la verità diventa fredda, impersonale, oppressiva per
la vita concreta della persona. La verità che cerchiamo, quella che offre
significato ai nostri passi, ci illumina quando siamo toccati dall’amore. Chi ama
capisce che l’amore è esperienza di verità, che esso stesso apre i nostri occhi
per vedere tutta la realtà in modo nuovo, in unione con la persona amata.
La prima cosa da
notare è la mancanza di chiarezza nel termine amore, per cui non si capisce se
si riferisce alla Carità, che è una virtù teologale soprannaturale, che informa
la fede, oppure si parla di amore naturale.
L’errore è
evidente perché la Verità senza amore potrà essere pure “fredda” e
“impersonale” ma rimane sempre Verità.
Altra considerazione
è: cosa vuol dire impersonale?
La verità non è
personale, soggettiva se s’intende per personale che ogni persona ha una sua
verità, siamo in pieno soggettivismo, invece la Verità è oggettiva, (adaequatio
rei et intellectus) sembrerebbe quasi che l’amore determini cosa è la verità.
Poi oppressiva,
infatti, come vedremo in seguito, la Verità non è un insieme di articoli o
precetti.
L’Amore ha bisogno
della Verità, infatti la prima Carità è dire la Verità, non è vero il
contrario, infatti gli eretici pur amando, non con amore di Carità, professano
anche alcune Verità ma non la Verità tutta intera.
La carità si perde
con il peccato mortale, mentre non si perde la fede che è l’insieme delle
Verità rivelate, come nella professione, si può dunque avere Verità senza
carità, negli eretici, negli scismatici o negli infedeli è evidente, oltre al
fatto che possiedono solo alcune verità.
Ciò è ancor più
vero per un cattolico in stato di peccato mortale.
La verità quindi
non ha bisogno dell’amore, se parliamo di Dio è vero che la verità e l’amore
sono inseparabili nell’uomo invece purtroppo no!
Mentre non avremo
mai carità senza verità è possibile il contrario.
Certamente tutto
ciò è subordinato al significato assegnato al termine amore.
Questa frase è
stata usata dall’eretico Vito Mancuso il quale ha visto, come dargli torto, in
queste parole, una destituzione del freddo primato della dottrina e che esse sanno ritrasmettere al meglio il
senso evangelico della verità e che il senso della vita cristiana risieda
esattamente in queste parole. http://www.vitomancuso.it/2013/07/06/la-paura-della-modernita/
Stendo un velo
pietoso sul resto dell’articolo di questo pericolosissimo eretico!
5) IL PECCATO ORIGINALE
Ne parlare del
battesimo in un piccolo paragrafo leggiamo molte cose tra cui: L’acqua del Battesimo è fedele perché ad essa ci si
può affidare, perché la sua corrente immette nella dinamica di amore di Gesù,
fonte di sicurezza per il nostro cammino nella vita.
Ma in realtà l’acqua del
battesimo cancella anzitutto il peccato originale, ci conferisce la Grazia
Santificante e ci fa diventare cattolici, liberandoci così dalla schiavitù di
satana.
Sottigliezze.
6) 21 RIGHE
Tante sono quelle dedicate alla
natura sacramentale della fede che trova la sua espressione
massima nell’Eucaristia.
Non sarà forse che trattando approfonditamente dell’Eucaristia
l’aspetto ecumenico di questa enciclica possa offuscarsi?
Leggiamo: Nell’Eucaristia impariamo a vedere la profondità del
reale. Il
pane e il vino si trasformano nel corpo e sangue di Cristo, che si fa presente
nel suo cammino pasquale verso il Padre: questo movimento ci introduce, corpo
e anima, nel movimento di tutto il creato verso la sua pienezza in Dio.
Perché non usare
mai il termine corretto transustanziazione?
Perché non dire,
com’è di Fede, che si fa presente realmente nel sacrificio incruento
dell’altare, nella santa Messa ripresentazione dell’unico sacrificio cruento
avvenuto nella passione e morte di Gesù?
Troppo
difficile?
Non credo, che
significa cammino pasquale verso il Padre?
La frase è del
tutto sconnessa anche in senso reale perché il Figlio è sempre nel Padre
(circumsessio) quindi, non cammina verso il Padre nè lo fa con la sua ipostasi (Cristo).
Con la sua
presenza reale nell’eucaristia si offre al padre come sacerdote e vittima
ancora una volta sugli altari per la nostra salvezza e come cibo della nostra
anima, questo “movimento”, che dovrebbe essere un sacramento, non ci introduce
nel movimento di tutto il creato!
Ma se “questo
movimento” (sic!) ci introduce vuol dire che prima ne eravamo fuori oppure
eravamo statici, il che potrebbe anche essere, ma com’è possibile che tutto il
creato sia in movimento verso la pienezza di Dio prima di noi, infatti se è
questo movimento che ci introduce è chiaro che il creato è già in questo
movimento.
Vien da
domandarsi però: o il movimento del creato verso la pienezza di Dio avviene in forza di un movimento proprio e senza
l’eucarestia, visto che fisicamente non ne può usufruire, e quindi il creato di per sè tende alla sua pienezza in Dio
(sembrerebbe quasi un pantesimo gnostico) oppure anch’esso usufruisce, anzi
usufruiva, dell’Eucarestia ancor prima dell’eucarestia stessa, visto che essa
ci introduce in un movimento presupposto.
Mah!
Forse che il mio
cucciolo di Breton, Oliver, che fa parte del creato, muove la sua pienezza
in Dio?
Forse anche lui
va verso la sua pienezza in Dio?
Non è che i due
papi hanno letto il catechismo alla bolzanese.(vedasi vecchio post)
Semmai, per la sua
natura, in quanto creatura e partecipante dell’essere vien mosso e mantenuto nell’essere
in quanto tale.
E’ da notare che
è posta in risalto la pienezza del creato, infatti dice “sua” in Dio
In realtà Egli
ci unisce fisicamente a Lui, per accidens, nella comunione, conferendoci
ulteriori grazie ed un aumento della Grazia santificante.
7)
NESSUN DEPOSITO MA MEMORIA FIDEI
Nella celebrazione dei
Sacramenti, la Chiesa trasmette la sua memoria, in particolare, con la
professione di fede. In essa, non si tratta tanto di prestare l’assenso a un
insieme di verità astratte. Al contrario, nella confessione di fede tutta la
vita entra in un cammino verso la comunione piena con il Dio vivente. Possiamo
dire che nel Credo il credente viene invitato a entrare nel mistero che
professa e a lasciarsi trasformare da ciò che professa.
La Chiesa quindi non trasmette
più il deposito della Fede, un ‘oggetto affidato da Dio Rivelante ad un
soggetto fisico con lo scopo di mantenerlo intatto, no, trasmette la sua
memoria, frase ambigua dall’evidente accenno antropologico.
Ma la cosa grave è la frase
successiva, contraria sempre a ciò che sempre è stato insegnato, la professione
di Fede è formata di nozioni, di concetti che si chiamano appunto articoli di
Fede e noi dobbiamo assenso d’intelletto e volontà a queste Verità rivelate.
Si propone la solita frase
ambigua che si fonda come le altre sul cammino, l’amore, l’incontro.
Nel credo il credente
aderisce con le sue facoltà, con le
potenze dell’anima a ciò che Dio per mezzo della Santa Chiesa ci propone a
credere.
Se qualcuno
pensasse che si trattasse solo di una frase estrapolata eccone una seconda: Altri due elementi sono essenziali nella trasmissione
fedele della memoria della Chiesa.
Ma il termine memoria,
memoriale è quello che, a proposito dei sacramenti, fa la differenza tra la Actio
del sacerdote in persona Christi e la celebrazione dei fedeli riuniti in
assemblea presieduta dal presidente ove si fa memoria, appunto, dell’ultima
cena, un simbolo più che un segno!
Lutero:“la
messa non è un sacrificio, o l’azione del sacrificatore... Chiamiamola benedizione,
eucarestia, mensa del Signore o memoriale del Signore. Le si dia qualunque
altro nome, purché non la si macchi col nome di sacrificio” .
Memoria della Chiesa, svilisce,
a mio parere, se non elimina, il concetto di Tradizione, la quale, nella memoria
della Chiesa può anche perdersi, mentre essa è una delle due fonti della
Rivelazione!
Tramandando più la memoria, che
è un fatto tipico umano, si da risalto oltre modo all’importanza del soggetto
Chiesa quale strumento di trasmissione dell’oggetto della Chiesa che è il
depositum fidei, il soggetto Chiesa è passibile e cangiante, l’oggetto
immutabile ed eterno: le verità rivelate.
Proprio dal fatto che lo
Spirito Santo “ricorderà quanto detto”
porre la questione in questi termini non esalta l’azione dello Spirito Santo ma
solo la capacità del soggetto chiesa di trasmettere se stessa.
L’obiezione quindi dell’assistenza
dello Spirito, semmai si sollevasse, è così risolta.
Si rafforza il concetto di
Tradizione vivente, ecco qua: La fede, infatti, ha bisogno di un
ambito in cui si possa testimoniare e comunicare, e che questo sia
corrispondente e proporzionato a ciò che si comunica. Per trasmettere un
contenuto meramente dottrinale, un’idea, forse basterebbe un libro, o la
ripetizione di un messaggio orale. Ma ciò che si comunica nella Chiesa, ciò che
si trasmette nella sua Tradizione vivente, è la luce nuova che nasce
dall’incontro con il Dio vivo, una luce che tocca la persona nel suo centro,
nel cuore, coinvolgendo la sua mente, il suo volere e la sua affettività,
aprendola a relazioni vive nella comunione con Dio e con gli altri.
Come sappiamo invece la Tradizione è viva perché
immutabile e crescente omogeneamente secondo quanto specificato da S. Vincenzo
di Lerino e nel concilio vaticano I2 (eodem senso eadem sententia)
mentre il magistero, quale organo trasmittente è vivente.
Ancora:
Il passato della fede, quell’atto di amore di Gesù che ha generato
nel mondo una nuova vita, ci arriva nella memoria di altri, dei testimoni,
conservato vivo in quel soggetto unico di memoria che è la Chiesa.
La Chiesa quindi non è più l’organo
trasmettitore deputato a mantenere intatte le Verità (oggetto) rivelate
contenute nelle Sacre Scritture e nella Tradizione ma soggetto unico di
memoria, tale memoria in un soggetto fisico può svanire, sbiadire, perdersi.
La Chiesa, come ogni famiglia, trasmette ai suoi figli il
contenuto della sua memoria.
Di fatto la parola deposito è usata solo 1 volta in tutto il testo
peraltro per citare una lettera di San paolo.
La Chiesa trasmette ai suoi figli il deposito della fede non la
sua memoria, che di fatto è una cosa assurda, quando dico a mio figlio
ricordati di dire il rosario non gli trasmetto mica la mia memoria!
8) IL DESERTO DELL’IO
Ovvero il decalogo.
Capolavoro in stile
ratzingeriano è la seguente frase: Il Decalogo non è un insieme di
precetti negativi, ma di indicazioni concrete per uscire dal deserto dell’ “io”
autoreferenziale, chiuso in se stesso, ed entrare in dialogo con Dio,
lasciandosi abbracciare dalla sua misericordia per portare la sua misericordia.
No proprio no, ciò non è vero, nessun dialogo, Dio
impone un ordine al tutto, liberamente noi possiamo aderire o meno, ma l’atto
disordinato viola quest’ordine è si materializza il peccato che nel caso del
decalogo merita la morte eterna, la dannazione per l’offesa arrecata.
Nessun accenno al pentimento, alla richiesta di perdono.
Come si concretizza la misericordia di Dio nei nostri confronti?
Sul piano dell’economia della salvezza in generale,il Dio-uomo, Gesù, paga il prezzo dell’offesa col
suo sacrificio rendendo giustizia e soddisfazione al Padre da noi infinitamente
offeso, sul piano individuale, grazie ai meriti di Cristo, con il battesimo, la
confessione e quel che ne consegue.
Per i due papi, come tutti ormai “normalmente” dicono, la
misericordia avviene così, in dialogo, sic et simpliciter.
9) DANNO
A CHI?
Proprio perché tutti gli
articoli di fede sono collegati in unità, negare uno di essi, anche di quelli
che sembrerebbero meno importanti, equivale a danneggiare il tutto.
La frase è totalmente
estranea al concetto di danno che subisce l’anima, infatti negando
pertinacemente uno o più articoli di fede si diventa eretici e quindi
separandosi dalla Chiesa ci si trova in stato di peccato mortale perdendo così
la Grazia santificante.
Il termine tutto se è
riferito alla Fede divinamente rivelata è completamente errato perché nessun
eretico o infedele o chicchessia negando la Verità potrà danneggiarla.
Infatti col peccato, come si
insegna, si offende Dio ma certamente non lo si danneggia o lo si diminuisce in qualche modo.
Se invece fosse riferito
all’uomo, al quale dovrebbe essere diretto e più propriamente appartiene il
danno, la frase è ugualmente errata o almeno non spiega quale sia il danno.
E’ vero che col peccato
originale anche il corpo dell’uomo fu ferito, ma il danno maggiore lo subisce
l’anima e non il tutto.
Se commetto un peccato
mortale la mia parte fisica rimane inalterata mentre l’anima perde la sua
amicizia con Dio e viene danneggiata e meritevole di morte.
Se invece col termine “tutto”
si vuol significare la dignità morale o totale, ma dubito che questo concetto
appartenga ai due papi, allora potrei anche accettarlo.
D'altronde i gravi errori del
concilio si basano proprio sulla mancata distinzione di dignità naturale e
totale.
Domanda: perché specificare
con la frase anche quelli che sembrerebbero meno importanti?
Vi sono forse per Ratzinger o
Benedetto XVI, dogmi più o meno importanti, fondamentali e non fondamentali?
Se lui non la pensa così è
evidente che quella esposta è una tautologia.
Oppure siamo di fronte
all’ennesimo errore ermeneutico del concilio Vaticano II?
In UR 11 infatti ricordiamo
che si parla di gerarchia delle Verità in senso ambiguo e soprattutto, per fini
ecumenici, è stato interpretato nel modo per cui ci sono delle Verità più
importanti ed altre meno (i dogmi mariani, per esempio, che ci separano,
giustamente, dagli eretici).
10)REGALITA’ SOCIALE DELL’UOMO
Se foste del mondo, il mondo amerebbe ciò che è suo; poiché
invece non siete del mondo, ma io vi ho scelti dal mondo, per questo il mondo
vi odia. (Giovanni 15:19)
Invece abbiamo nell’enciclica: La
fede non allontana dal mondo e non risulta estranea all’impegno concreto dei
nostri contemporanei.
Ma come, è un imperativo del
cattolico fuggire il mondo, è una delle tre concupiscenza con cui combatte
giornalmente per tutta la sua vita, il mondo è stato giudicato dice Gesù, come
il principe di questo mondo.
La seconda parte della frase
potrebbe ancora essere in linea con la fede cattolica se fosse più chiara cioè se
i nostri contemporanei fossero cattolici e tutti tesi ad instaurare sulla terra
il regno di Dio, la sua Chiesa, per mezzo della Regalità sociale di Nostro
Signore Gesù Cristo, ma non vi sarebbe posto, in questo caso, per il mondo che
verrebbe allontanato, anzi distrutto e schiacciato dalla Città di Dio anche su
questa terra.
Di che fede si tratta?
Forse la fede dei nostri
contemporanei buddisti o musulmani o giudei potrebbe contribuire ad edificare
la città di Dio?
Ad edificare il regno di Dio su
questa terra, la Chiesa Cattolica?
Quam fidem?
11) ANTROPOCENTRISMO
Celso rimproverava ai
cristiani quello che a lui pareva un’illusione e un inganno: pensare che Dio
avesse creato il mondo per l’uomo, ponendolo al vertice di tutto il cosmo. Si
chiedeva allora: « Perché pretendere che [l’erba] cresca per gli uomini, e non
meglio per i più selvatici degli animali senza ragione? »,46 « Se guardiamo la terra dall’alto del cielo, che
differenza offrirebbero le nostre attività e quelle delle formiche e delle api?
Questa frase ci fa
comprendere come totalmente sia ribaltata la fede cattolica, se Celso
rimproverava ai cristiani di porre l’uomo al centro di tutto faceva bene,
evidentemente si trovava davanti a degli antesignani del concilio e della
Gaudium et Spes dove si trova la famosa frase equivoca: hominem, qui in terris
sola creatura est quam Deus propter seipsam voluerit” (GS 24.4)
In essa si afferma che l’uomo è “il centro e il vertice di
tutto quanto esiste sulla terra (omnia quae in terra sunt ad hominem
tamquam ad centrum suum et culmen ordinanda sunt)” (GS, 12.1). Che
l’intero mondo e persino l’universo siano ordinati all’uomo, contrasta con quanto affermato dalla Bibbia e
sempre ritenuto dalla teologia ortodossa: “Universa propter semetipsum
operatus est Dominus” (Prov. 16, 4)
La
dottrina corretta, sempre insegnata dalla Chiesa a proposito della creazione, è
che Dio ha voluto tutte le cose per la Sua gloria: nella creazione Egli
celebra se stesso, non l’uomo. S. Tommaso: “Dio vuole le cose finite in quanto
vuole sé stesso creante le cose finite: ‘Sic igitur Deus vult se et alia: sed
se ut finem, alia ad finem’ (ST, I, q. 19. a. 2). Quindi le
cose finite che vuole le vuole per sé stesso, non per sé stesse,
non potendo il finito essere il fine dell’infinito né potendo la divina volontà
essere attratta e passiva rispetto al finito”. Nella religione, “che ordina
tutto a Dio e non all’uomo”, la “centralità finalistica” dell’uomo, così cara
allo spirito dell’uomo contemporaneo, “non ha fondamento alcuno”.
Celso
dunque aveva più fede e buon senso dei cristiani di oggi.
Si persevera nell’errore di GS.3
Qualcuno obietterà
ancora che invento tutto, allora riporterò quest’altra frase: Al centro della fede biblica, c’è l’amore di Dio,
la sua cura concreta per ogni persona, il suo disegno di salvezza che abbraccia
tutta l’umanità e l’intera creazione e che raggiunge il vertice
nell’Incarnazione, Morte e Risurrezione di Gesù Cristo. Quando questa realtà
viene oscurata, viene a mancare il criterio per distinguere ciò che rende
preziosa e unica la vita dell’uomo. Egli perde il suo posto nell’universo,
si smarrisce nella natura, rinunciando alla propria responsabilità morale,
oppure pretende di essere arbitro assoluto, attribuendosi un potere di
manipolazione senza limiti.
Tutto ciò non
corrisponde esattamente alla realtà perché non mette in risalto che:
1) La fede esplicita è
necessaria alla salvezza mentre qui si parla di realtà oscurata, tutto è visto
dal punto di vista dell’uomo
2) Non avere la Fede significa
essere in peccato mortale, negare il primo comandamento
3) In questo stato non si perde il …
posto nell’universo, non ci si smarrisce nella natura ma si perde
l’anima e si va all’inferno.
Ancora una volta si mette
l’accento sul posto dell’uomo nell’universo.
NOTE:
1) Tutto un programma, ecco chi è tal Guardini: Romano Guardini è definito
"Padre della Chiesa del XX secolo" dalla sua biografa Hanna-Barbara
Gerl-Falkovitz. I suoi studi ebbero per oggetto temi tradizionali
riesaminati alla luce delle sfide della modernità e reciprocamente l'analisi di
problemi attuali affrontati dal punto di vista cristiano
e in specie cattolico. Egli è teologo
di riferimento anche per papa Benedetto XVI, il quale volentieri lo ha
citato nelle proprie numerose pubblicazioni teologiche. Riferendosi allo
sviluppo del pensiero di Guardini, Joseph
Ratzinger evidenzia, tra l'altro, l'originaria posizione più vicina
alle tesi liberali e successivamente il progressivo avvicinarsi dell'autore a
posizioni più tradizionali. Guardini è considerato peraltro uno dei più
significativi rappresentanti della filosofia
e teologia
cattolica del XX secolo,
in specie per quanto riguarda la liturgia, la filosofia della religione, la pedagogia,
l'ecumenismo
e in generale la storia della spiritualità. Nella sua prima grande opera: Lo
spirito della liturgia
(1917) Guardini pose le pietre miliari del cosiddetto “Movimento liturgico” e del rinnovamento della
liturgia. Con tale contributo egli influenzerà fortemente la riforma
liturgica poi avviata dal Concilio Vaticano II. (fonte : wikipedia) HAI CAPITO!
2) Si deve notare che l’errore sembrerebbe essere derivato da un ‘errore
di traduzione, poco importa perché poi questa frase fa parte del nuovo
catechismo della chiesa cattolica.
3) Sessione III cap. IV.
La sua critica non vale nulla. L'impostazione data dal Sommo Pontefice rappresenta il vero, autentico modo di esporre verità di Fede, di morale e di visione del mondo, del creato in cui l'uomo fu posto da Dio. Ridicoli sono anche i suoi calcoli e le sue personali conclusioni su quante volte ricorre la parola "amore" e quante la parola "fede". L'impostazione data dai Papi sembrerà strana solo a chi è arroccato su certe posizioni. Lei non è nessuno, proprio nessuno rispetto agli Autori del testo.
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