mercoledì 20 aprile 2011

IL CARABINIERE DELLA FEDE: OMAGGIO AL CARDINALE ALFREDO OTTAVIANI

Alfredo Ottaviani nacque a Roma nel quartiere di Trastevere il 29 Ottobre del 1890, a 18 anni anni entrò ne Pontificio Seminario Romano dell’Apollinare.
Nel 1916 venne ordinato sacerdote e fu nominato professore di filosofia scolastica presso il Pontificio Collegio Urbaniano “de Propaganda fide” e professore di diritto pubblico ecclesasiatico che sarà la sua specializzazione.
Nel 1935 passò alla suprema congregazione del Sant’Uffizio come assessore, nel 1947 ne divenne pro-prefetto.
Morì il 3 Agosto 1978 dopo aver visto ben 9 pontificati a partire da quello di Leone XIII.
Molte delle notizie qui riportate prevengono dal suo diario visionato da Emilio Ciavaterra
Sin da giovane seminarista Ottaviani aveva ben individuati i principali nemici della Chiesa. Infatti Scrive nel 1915: «la massoneria e l’ebraismo imperano per mezzo del Ministro Sidney Sonnino».
Nel 1935 Pio XI nomina Ottaviani assessore al S. Uffizio ed essendo il Papa già ammalato di tumore se ne serve per la stesura dell’enciclica sul comunismo ateo, materialista e “intrinsecamente perverso” Divini Redemptoris missio del 19 marzo 1937 (Ib., p. 27). In quegli stessi giorni Ottaviani deve subire la prima operazione al cristallino, che lascerà in lui una certa debolezza di vista e poi lo porterà alla cecità. Il 16 giugno del 1941 apprende la notizia «di un prossimo attacco tedesco all’Urss» e annota nel suo diario: «Finis Bolscevismi» (Ib., p. 41).
Il 4 marzo del 1948 Pio XII convoca Ottaviani in gran segreto per formare la ‘Commissione preparatoria’ di un futuro Concilio ecumenico per la «ridefinizione dei vari punti della dottrina cattolica minacciati da errori non soltanto teologici, ma anche morali e filosofici, e perfino da abbagli sociologici. Egli [Pio XII] è preoccupato per i gravi problemi che il comunismo pone alla Chiesa sia dell’Est sia dell’Ovest […] e per gli irenismi e i compromessi di alcune frange del mondo cattolico occidentale, che ha imboccato la via in discesa dell’opulenza» (Ib., p. 6). All’interno della Chiesa c’è infatti una reviviscenza del modernismo: la “nouvelle théologie” e papa Pacelli ordina a mons. Ottaviani di iniziare i lavori preliminari nel massimo riserbo. Ma «via via che si procede nell’elaborazione della fase preparatoria del futuro Concilio, le cose si complicano, le vedute divergono, i rapporti si incrinano in seno alla Commissione medesima» (Ib., p. 7) e Pio XII blocca tutto (Ivi).
Il 1° luglio del 1949 viene promulgato il Decreto di scomunica per coloro che professano la dottrina atea e materialistica del marxismo comunista, Decreto riconfermato il 4 aprile del 1959 e ritenuto da Ottaviani ancora in vigore in una intervista rilasciata nel 1975 (Ib., p. 59). Nel 1950 Ottaviani collabora alla stesura della Humani generis che condanna la “nouvelle théologie” di Teilhard de Chardin, di cui il Nostro scrive: «non è un teologo, ma un poeta che fa teologia e talvolta è un panteista che identifica Gesù con il cosmo, […] volendo naturalizzare il soprannaturale» (Ib., pp. 54 e 55).
Nel 1960 mons. Antonino Romeo pubblica su Divinitas (III, 1960, pp. 378-456) un articolo intitolato L’ enciclica “Divino Afflante Spiritu” e le “Opiniones novae” che mette sotto accusa il gesuita Alonso Schökel il quale vorrebbe far passare l’ enciclica di Pio XII per modernizzante. Alla critica implacabile di mons. Romeo si aggiunge quella di mons. Francesco Spadafora. Insieme essi dimostrano l’eterodossia dei gesuiti Lyonnet e Zerwick del ‘Pontificio Istituto Biblico’. La causa finisce davanti al S. Uffizio e il card. Ottaviani espelle del ‘Pontificio Istituto Biblico’ i due gesuiti incriminati (v. sì sì no no, 15 settembre 2009, pp. 1-3).(Sisi Nono  n°3 del 15/02/11)

IL “DECALOGO”
Già nel 1966 denunciò le importanti deviazioni che seguirono dall’ ermeneutica del Conilio Vaticano II, riportiamo integralmente il testo ripreso dal sito ufficiale del Vaticano


SACRA CONGREGAZIONE PER LA DOTTRINA DELLA FEDE

Lettera circolare ai Presidenti delle Conferenze Episcopali
circa alcune sentenze ed errori insorgenti
sull’interpretazione dei decreti
del Concilio Vaticano II
 

Giacché il Concilio Ecumenico Vaticano II, da poco felicemente concluso, ha promulgato sapientissimi Documenti, sia in materia dottrinale sia in materia disciplinare, allo scopo di promuovere efficacemente la vita della chiesa, a tutto il popolo di Dio incombe il grave dovere di impegnarsi con ogni sforzò alla attuazione di quanto, sotto l'influsso dello Spirito Santo, è stato solennemente proposto o decretato da quella universale assemblea di vescovi presieduta dal sommo pontefice.
Spetta alla Gerarchia il diritto e il dovere di vigilare, guidare e promuovere il movimento di rinnovamento iniziato dal Concilio, in maniera che i Documenti e i Decreti conciliari siano rettamente interpretati e vengano attuati con la più assoluta fedeltà al loro valore ed al loro spirito. Questa dottrina, infatti, deve essere difesa dai Vescovi, giacché essi, con a Capo Pietro, hanno il mandato di insegnare con autorità. Lodevolmente molti Pastori hanno già cominciato a spiegare come si conviene la dottrina del Concilio.
Tuttavia bisogna confessare con dolore che da varie parti son pervenute notizie infauste circa abusi che vanno prendendo piede nell'interpretare la dottrina conciliare, come pure di alcune opinioni peregrine ed audaci qua e là insorgenti, con non piccolo turbamento di molti fedeli. Sono degni di lode gli studi e gli sforzi per investigare più profondamente la verità, distinguendo onestamente tra ciò che è materia di fede e ciò che è opinabile; ma dai documenti esaminati da questa Sacra Congregazione risulta trattarsi di non poche affermazioni, le quali oltrepassando facilmente i limiti dell’ipotesi o della semplice opinione, sembrano toccare in certa misura lo stesso dogma ed i fondamenti della fede.
Conviene, a titolo di esempio, accennare ad alcune di tali opinioni ed errori, così come risultano dai rapporti di persone competenti e da scritti pubblicati.
1) In primo luogo circa la stessa Sacra Rivelazione: ci sono alcuni, infatti, che ricorrono alla Sacra Scrittura lasciando deliberatamene da parte la Tradizione, ma poi restringono l’ambito e la forza della ispirazione biblica e dell’inerranza, né hanno una giusta nozione del valore dei testi storici.
2) Per quanto riguarda la dottrina della fede, viene affermato che le formule dogmatiche sono soggette all’evoluzione storica al punto che anche lo stesso loro significato oggettivo è suscettibile di mutazione.
3) Il Magistero ordinario della Chiesa, particolarmente quello del Romano Pontefice, è talvolta così negletto e sminuito, fino a venir relegato quasi nella sfera delle libere opinioni.
4) Alcuni quasi non riconoscono una verità oggettiva assoluta, stabile ed immutabile, e tutto sottopongono ad un certo relativismo, col pretesto che ogni verità segue necessariamente il ritmo evolutivo della coscienza e della storia.
5) La stessa Persona adorabile di Nostro Signore Gesù Cristo è chiamata in causa, quando, nell’elaborazione della dottrina cristologia, si adoperano, circa la natura e la persona, concetti difficilmente conciliabili con le definizioni dogmatiche. Serpeggia un certo umanesimo cristologico che riduce Cristo alla condizione di un semplice uomo, il quale un po’ per volta acquistò la consapevolezza della sua filiazione divina. Il suo concepimento verginale, i miracoli, la stessa Risurrezione vengono ammessi solo a parale, ma vengono ridotti al puro ordine naturale.
6) Similmente nella teologia sacramentaria alcuni elementi o vengono ignorati o non sono tenuti nel debito conto, specialmente per quanto riguarda l’Eucaristia. Circa la presenza reale di Cristo sotto le specie del pane e del vino non mancano alcuni che ne parlano inclinando ad un esagerato simbolismo, quasi che, in forza della transustanziazione, il pane e il vino non si mutassero in Corpo e Sangue di N.S. Gesù Cristo, ma fossero semplicemente trasferiti ad una determinata significazione. Ci sono alcuni che, a proposito della Messa, insistono troppo sul concetto di agape a scapito del concetto di Sacrificio.
7) Alcuni vorrebbero spiegare il Sacramento della Penitenza come un mezzo di riconciliazione con la Chiesa, non esprimendo sufficientemente il concetto di riconciliazione con Dio offeso. Affermano pure che nella celebrazione di questo Sacramento non è necessaria l'accusa personale dei peccati, sforzandosi di esprimere unicamente la funzione sociale della riconciliazione con la Chiesa.
8) Né mancano alcuni che o non tengono in debito conto la dottrina del Concilio Tridentino circa il peccato originale, o la spiegano in modo che la colpa originale di Adamo e la trasmissione del suo peccato ne restano perlomeno offuscate.
9) Né minori sono gli errori che si vanno propagando nel campo della teologia morale. Non pochi, infatti, osano rigettare il criterio oggettivo di moralità; altri non ammettono la legge naturale, affermando invece la legittimità della cosiddetta etica della situazione. Opinioni deleterie vanno propagandosi circa la moralità e la responsabilità in materia sessuale e matrimoniale.
10) A quanto s'è detto bisogna aggiungere alcune parole circa l'ecumenismo. La Sede Apostolica loda, indubbiamente, coloro che nello spirito del Decreto conciliare sull'ecumenismo promuovono iniziative destinate a favorire la carità verso i fratelli separati e ad attirarli all'unità della Chiesa; ma si duole del fatto che non mancano alcuni i quali, interpretando a modo proprio il Decreto conciliare, propugnano un'azione ecumenica tale da offendere la verità circa l'unità della fede e della Chiesa, favorendo un pernicioso irenismo e un indifferentismo del tutto alieno dalla mente del Concilio.
Questi pericolosi errori, diffusi quale in un luogo quale in un altro, sono stati sommariamente raccolti in sintesi in questa Lettera agli Ordinari di luogo, affinché ciascuno, secondo la sua funzione ed il suo ufficio, si sforzi di sradicarli o di prevenirli.
Questo Sacro Dicastero prega vivamente i medesimi Ordinari, riuniti in Conferenze Episcopali, di farne oggetto di trattazione e di riferirne opportunamente alla Santa Sede inviando i propri pareri prima del Natale dell'anno in corso.
Gli Ordinari e quanti altri ai quali per giusta causa essi riterranno opportuno mostrare questa Lettera, la custodiscano sotto stretto segreto, giacché una evidente ragione di prudenza ne sconsiglia la pubblicazione.
Roma, 24 luglio 1966.
A. Card. Ottaviani

                                                                                                                     Stefano Gavazzi

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